LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro probatorio: legittimo su interi dispositivi

Un consulente fiscale, indagato per reati fallimentari e falso, ha impugnato un’ordinanza di sequestro probatorio dei suoi dispositivi informatici, ritenendola sproporzionata. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il sequestro di un intero dispositivo, anziché la sola estrazione di dati, è legittimo quando sussistono difficoltà tecniche che impediscono un’analisi immediata. La Corte ha chiarito che la creazione di una copia forense integrale (definita “copia-mezzo”) è permessa se il decreto è adeguatamente motivato, specificando le esigenze investigative e la finalità della prova, evitando così di configurarsi come una ricerca meramente esplorativa.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio di Dispositivi Elettronici: Quando è Legittimo?

Il sequestro probatorio di dispositivi informatici come smartphone e computer è una prassi sempre più comune nelle indagini penali. Tuttavia, quando è legittimo sequestrare l’intero dispositivo anziché limitarsi a estrarre i dati pertinenti? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri di proporzionalità e necessità che devono guidare tale misura, bilanciando le esigenze investigative con i diritti dell’indagato. Il caso analizzato riguarda un consulente fiscale che si era opposto al sequestro dei suoi device, ritenendolo una ricerca indiscriminata.

I Fatti del Caso

Le indagini preliminari riguardavano un consulente fiscale accusato, in concorso con gli amministratori di fatto di una società, di gravi reati. Le imputazioni provvisorie includevano la bancarotta fraudolenta documentale, per aver sottratto o falsificato i libri contabili della società al fine di recare pregiudizio ai creditori, e il delitto di falso.

Nello specifico, il professionista era accusato di aver indotto in errore un pubblico ufficiale della Camera di Commercio depositando telematicamente documentazione societaria falsa. Tra gli atti contestati figuravano un verbale di assemblea che nominava come legale rappresentante una cittadina extracomunitaria irreperibile e fittizia, e atti di cessione di quote volti a mascherare la reale proprietà della società, ormai prossima alla liquidazione giudiziale.

In questo contesto, il Pubblico Ministero aveva emesso un decreto di perquisizione e sequestro finalizzato a rinvenire il corpo dei reati (i documenti falsificati) e ogni altro elemento utile a provare le attività delittuose, sia in formato cartaceo che digitale.

La Contestazione e i Principi sul Sequestro Probatorio

Il consulente fiscale, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso contro l’ordinanza del Tribunale del Riesame che confermava il sequestro, lamentando la violazione dei principi di pertinenza, proporzionalità e adeguatezza. Secondo la difesa, il sequestro era stato eseguito in modo indiscriminato, una sorta di “pesca a strascico” senza che il decreto specificasse i dati da ricercare, le applicazioni da perquisire o un perimetro temporale definito. Si sosteneva che l’onere motivazionale non potesse essere assolto dalla semplice enunciazione dei capi di imputazione.

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire e consolidare i principi che governano il sequestro probatorio informatico, specialmente alla luce delle indicazioni delle Sezioni Unite.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che ogni decreto di sequestro probatorio deve contenere una motivazione che, seppur concisa, spieghi la finalità dell’atto in relazione all’accertamento dei fatti. L’acquisizione indiscriminata di un’intera categoria di beni è consentita solo a due condizioni:

1. Il sequestro non deve avere una valenza meramente esplorativa.
2. La motivazione deve esplicitare le ragioni per cui si rende necessario un sequestro così ampio, tenendo conto del tipo di reato, del ruolo dell’indagato e della difficoltà di individuare ex ante gli specifici elementi di prova.

Nel caso di specie, il decreto del PM era stato ritenuto adeguatamente motivato. Esso non solo indicava la necessità di ricercare il corpo del reato (certificati alterati, verbali, bilanci), ma anche ogni documento, digitale o fisico, idoneo a comprovare le modalità delle condotte e a ricostruire i flussi finanziari.

Il punto cruciale della decisione riguarda la legittimità del sequestro di interi dispositivi fisici (un hard disk e un cellulare) anziché procedere all’estrazione immediata dei soli dati rilevanti. La Corte ha affermato che tale prassi è legittima e giustificata quando l’analisi immediata non è possibile. La creazione di una copia forense integrale, definita dalla giurisprudenza una “copia-mezzo”, rappresenta un passaggio intermedio. Da questa copia verranno poi estratti, in un secondo momento, solo i dati pertinenti.

Questo approccio è consentito per ragioni tecniche, come la presenza di sistemi di crittografia, complesse misure di sicurezza, o l’eccessiva mole di dati che non permetterebbero un’analisi sicura e completa sul posto. Il decreto impugnato prevedeva esplicitamente questa possibilità, dimostrando un corretto bilanciamento tra l’esigenza investigativa e il principio di proporzionalità. La Corte ha inoltre sottolineato che la durata del vincolo deve essere limitata al tempo strettamente necessario per completare le operazioni tecniche.

Conclusioni

La sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: il sequestro probatorio di un intero dispositivo elettronico non è di per sé sproporzionato. È una misura legittima se il decreto del Pubblico Ministero motiva adeguatamente l’impossibilità o la difficoltà di un’estrazione selettiva e immediata dei dati. La decisione offre una guida chiara agli operatori del diritto, stabilendo che la creazione di una “copia-mezzo” è una procedura corretta per garantire l’integrità della prova digitale, a patto che la successiva fase di analisi sia finalizzata a isolare solo ciò che è strettamente pertinente alle indagini, nel rispetto dei diritti della difesa e in un tempo ragionevole.

È legittimo sequestrare un intero computer o smartphone invece di estrarre solo i file pertinenti?
Sì, è legittimo se l’analisi immediata e l’estrazione mirata dei dati non sono possibili a causa di caratteristiche tecniche del dispositivo, misure di sicurezza complesse (come la crittografia), o la grande mole di dati. In questi casi, la creazione di una copia forense integrale (“copia-mezzo”) è permessa, a condizione che la selezione dei dati pertinenti avvenga in un secondo momento.

Cosa deve contenere il decreto di sequestro probatorio per essere considerato valido?
Il decreto deve contenere una motivazione, anche se concisa, che specifichi la finalità perseguita per l’accertamento dei fatti. Deve esplicitare le ragioni per cui è necessario un sequestro esteso, in relazione al tipo di reato, alla condotta dell’indagato e alla difficoltà di individuare “ex ante” l’oggetto esatto della prova, evitando così una valenza meramente esplorativa.

La durata del sequestro di un dispositivo informatico ha dei limiti?
Sì, la protrazione del vincolo sul dispositivo deve essere limitata al tempo strettamente necessario per l’espletamento delle operazioni tecniche di analisi ed estrazione dei file. La durata, pur dovendo essere ragionevole, va rapportata alle difficoltà tecniche di apprensione dei dati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati