Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37373 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37373 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, naato il DATA_NASCITA a Trento avverso l’ordinanza del 08/07/2025 del Tribunale di Trento
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO Procurator generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza dell’ 8 luglio 2025 il Tribunale di Trento ha confermato in sede di riesame il decreto in data 17 giugno 2025, con cui il Pubblico ministo presso il Tribunale di Trento ha disposto nei confronti di NOME COGNOME il sequest probatorio di una borsa ventiquattrore, di scarpe Louis Vitton, di 4 buste format lettera contenenti coupon validi come ingressi presso la SPA dell”RAGIONE_SOCIALE Hotel di Trento, di un progetto e planimetrie relativi a lavori di ristrutturazione efficientamento energetico, quali corpi di reato e cose pertinenti ai reati di cui
ì
artt. 353-bis, 318, 314 cod. pen., reati oggetto di contestazione a COGNOME con il provvedimento del 7 maggio 2025, con cui è stata applicata al predetto la misura cautelare degli arresti domiciliari, confermata in sede di riesame.
Ha proposto ricorso COGNOME tramite i suoi difensori.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 127 e 253 cod. proc. pen. per difetto di motivazione circa il profilo del fumus commissi delicti.
Il Tribunale aveva solo genericamente richiamato il provvedimento cautelare, ma aveva del tutto omesso di dar conto del fumus commissi delicti, in relazione alla configurabilità del reato e alla descrizione della condotta ipotizzata, anche a fronte dell’obbligo di motivare circa la sussistenza della finalità probatoria sottesa al sequestro.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen. per difetto delle finalità probatorie sottese al decreto di sequestro.
La borsa, le scarpe e gli ingressi omaggio erano stati considerati corpo del reato di corruzione, ma si trattava di beni privi di per sé di vocazione probatoria, rispetto ai quali non erano state specificate le traiettorie di indagine.
Inoltre, se si trattava di beni cui si faceva cenno in conversazioni intercettate, la prova avrebbe potuto discendere dalla constatazione della presenza di quei beni, documentalmente provata, senza necessità del sequestro, che era stato in tal modo disposto e confermato senza dar conto delle esigenze probatorie.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 253 cod. proc. pen. per difetto di pertinenzialità rispetto ai reati ipotizzati dei progetti e planimetrie relative alla ristrutturazione dell’appartamento dell’indagato.
Il sequestro era stato disposto in base al tenore di alcune intercettazioni che facevano sospettare che la ristrutturazione fosse avvenuta godendo di agevolazioni, su cui era necessario eseguire approfondimenti.
Ma in tal modo era stato prospettato il carattere esplorativo del mezzo di ricerca della prova che il Tribunale non aveva colto, essendosi limitato ad assecondare la prospettiva del P.m. procedente.
Il Procuratore generale ha inviato la requisitoria concludendo per il rigetto del ricorso.
Il procedimento si è svolto con trattazione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel suo complesso inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto il tema del fumus commissi delicti deve ritenersi assorbito dall’esplicito richiamo del provvedimento con cui per i medesimi reati è stata applicata al ricorrente la misura cautelare degli arresti domiciliari in epoca anteriore al decreto di sequestro, provvedimento dunque già conosciuto dall’interessato: deve a tale stregua ritenersi che il Tribunale abbia motivato legittimamente per relationem, sulla base di un diverso atto, certamente ostensibile e ben noto al ricorrente.
Il secondo motivo è in pari misura manifestamente infondato.
Va infatti rilevato che borse, scarpe e ingressi omaggio costituiscono – in relazione alle contestazioni mosse al ricorrente – corpo di reato.
Orbene, COGNOME pur COGNOME dovendosi COGNOME richiamare COGNOME il COGNOME consolidato COGNOME orientamento giurisprudenziale in forza del quale il sequestro di quanto costituisca corpo di reato deve comunque correlarsi ad una finalità probatoria (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 – 01; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME contro COGNOME, Rv. 226711 – 01), si rileva come nel caso di specie sia stato dato conto di tale specifica finalità, ciò non tanto in funzione della constatazione del possesso di quel tipo di beni, quanto più specificamente in relazione all’esigenza di verificare che gli oggetti sequestrati corrispondessero effettivamente a quelli di cui si faceva menzione nelle conversazioni intercettate, in modo da corroborare l’ipotesi accusatoria.
Si tratta di rilievo idoneo a sorreggere il disposto sequestro, senza che i rilievi difensivi vulnerino gli argomenti alla base della motivazione del provvedimento impugnato.
Il terzo motivo, riguardante il sequestro di progetto e planimetrie, è ancora una volta inammissibile, in quanto da un lato risulta del tutto infondato e dall’altro finisce per risolversi in una censura della motivazione, non consentita in questa sede, essendo deducibile solo la violazione di leggt /pur derivante da mancanza o mera apparenza della motivazione (Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino, Rv. 224611 – 01).
Deve al riguardo osservarsi che il sequestro della documentazione è stato disposto in relazione a reati che risultano suffragati sul piano indiziario e non ha dunque sul punto valenza meramente esplorativa, essendo stato invece rilevato che al fine di verificare il quadro di illiceità delle relazioni facenti capo al ricorrente I , era necessario sottoporre a più attento esame progetto e planimetrie al fine di dar
più preciso riscontro ad alcune conversazioni intercettate, sulla base delle quali si sarebbe potuto ipotizzare che anche i lavori di ristrutturazione fossero stati dedotti nel patto illecito intercorso con il ricorrente.
Si tratta di argomentazione idonea a dar conto del vincolo di pertinenzialità tra la documentazione e i reati e tale da costituire valida giustificazione del vincolo in chiave probatoria, mentre le deduzioni difensive si risolvono nella contestazione di una motivazione che non può considerarsi apparente e si muovono in una prospettiva che non tiene conto del quadro indiziario complessivo e del fatto che la finalità probatoria può essere ravvisata anche in funzione dello sviluppo delle indagini, ove sia rappresentata la concreta direzione delle stesse, come deve ritenersi avvenuto nel caso di specie.
All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa dell’inammissibilità, a quello della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 09/10/2025