Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13285 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13285 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Codogno il 05/06/1974
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME con cui ha chiesto avverso l’ordinanza del 24/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Lodi Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2024, il tribunale del riesame di Lodi rigettava l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro probatorio disposto dal PM in data 30 settembre 2024, sequestro disposto per i reati di cui agli artt. 110, cod. pen. e 256, comma 3, D.lgs. n. 152 del 2006, ed avente ad oggetto i terreni meglio catastalmente indicati in atti -fatta eccezione per il fabbricato ad uso abitativo ed una rimessa di mezzi agricoli ad uso personale non attinti dalla misura -nonché tutte le trattrici ed attrezzi agricoli presenti in loco , furgoni ed altri beni non meglio identificati, mediante la delimitazione per mezzo di nastri, reato ascritto a NOME COGNOME in concorso con altri due indagati in questa sede non ricorrenti, in qualità di esercente di una ditta individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di autoveicoli, cui è stato
contestato nell’imputazione preliminare di aver gestito una discarica abusiva di rifiuti costituiti da veicoli privi di parti meccaniche essenziali e con segni di evidente usura, nonché da serbatoi, fusti metallici sulle predette aree.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione l’indagato a mezzo dei propri difensori di fiducia, articolando due distinti motivi, di seguito sommariamente enunciati ex art. 173, disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 125, cod. proc. pen. sotto il profilo della motivazione omessa o apparente in ordine alla indicazione delle ragioni per cui i beni in sequestro possono considerarsi come corpo del reato o cose ad esso pertinenti ed alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale.
In sintesi, premessa l’indicazione della giurisprudenza applicabile in ordine all’obbligo di motivazione che deve sorreggere il decreto di sequestro probatorio circa la finalità probatoria perseguita in funzione dell’accertamento dei fatti, sostiene la difesa che è pacificamente esclusa in giurisprudenza la legittimità di un sequestro con finalità meramente esplorativa. Nel caso di specie, si osserva, oggetto del sequestro risultano una quantità indeterminata di beni eterogenei, ossia oltre a beni immobili anche di beni mobili e mezzi, senza la specifica individuazione del numero, della loro natura e dello stato in cui si trovavano. Sul punto, si registra una mancanza di motivazione sia del decreto di convalida che dell’ordinanza del riesame in ordine alle ragioni per i quali i beni sequestrati possono considerarsi corpo del reato o cose ad esso pertinenti, nonché in relazione alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, alla relazione che le cose presentano con il reato, nonché alla natura del bene che si intende sequestrare. In altri termini, non si riuscirebbe a comprendere perché il pubblico ministero abbia proceduto al sequestro di tutta una serie di mezzi, agricoli e non, perfettamente funzionanti, correntemente utilizzati per espletare attività economiche distinte da quelle del ricorrente, e quali finalità probatorie si intendono perseguire col mantenimento del vincolo reale su tali beni. Ci si chiede, in particolare, quale sia l’esigenza probatoria in ordine alla finalità del sequestro dei terreni e dei fabbricati, atteso che se la fattispecie di reato è quella di discarica abusiva, si è già proceduto alla rilevazione fotografica dello stato dei luoghi e dei rifiuti. In realtà, si osserva, nel decreto di convalida e nella successiva ordinanza non vi sarebbe alcuna traccia della concreta finalità probatoria perseguita con il sequestro, non essendo sufficiente quanto motivato nel decreto di convalida secondo cui ‘il mantenimento del sequestro sarebbe necessario al fine di consentire lo svolgimento delle necessarie attività di classificazione da parte di Arpa Lombardia, anche al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti della ulteriore
fattispecie di inquinamento ambientale’. Si tratterebbe di una motivazione generica, che non individuerebbe la relazione tra il bene sequestrato e il reato ipotizzato, ma nemmeno la natura di essi in quanto indeterminati e facenti parte di una moltitudine di beni non precisamente identificati oggetto di sequestro, con conseguente carattere palesemente esplorativo del sequestro che non indica in cosa consisterebbe questo ipotetico inquinamento ambientale, per mezzo di quale azione sarebbe perpetrato, quale dei beni sequestrati andrebbe a danneggiare o quale dei beni sequestrati sarebbe di per sé causa di inquinamento. Da qui, stante la natura esplorativa del sequestro e la mancanza di motivazione sulle ragioni dello stesso, si insiste sulla nullità del decreto e della ordinanza emessa dal tribunale del riesame.
2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 125, cod. proc. pen. sotto il profilo dell’omessa motivazione in ordine al principio di proporzionalità.
In sintesi, si sostiene che, nonostante in sede di riesame fosse stato rilevato che si era proceduto all’acquisizione di una moltitudine di beni eterogenei di proprietà dell’indagato principale e di terzi, non sarebbe rinvenibile alcuna motivazione in punto di proporzionalità del provvedimento adottato rispetto alle esigenze probatorie. In altri termini, non sarebbe comprensibile il motivo per cui sono stati sottoposti a sequestro macchinari agricoli e non, perfettamente funzionanti, necessari allo svolgimento di attività economiche parallele, con conseguente limitazione dello svolgimento di tali attività, e quale relazione possono avere questi beni con le esigenze di classificazione e di caratterizzazione da parte di Arpa Lombardia, anche al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti dell’ulteriore fattispecie di inquinamento ambientale, come sostenuto dalla Procura. Quand’anche fossero state rilevate in concreto delle ipotesi di sversamento di lubrificanti nel terreno o di dispersione di altri materiali inquinanti, sproporzionato sarebbe il sequestro ch e avrebbe attinto ‘sconfinate aree’ e una moltitudine di macchinari perfettamente funzionanti in uso ad attività di coltivazione agricole e di lavorazioni conto terzi. Nella specie, dunque, si sarebbe proceduto a un sequestro onnicomprensivo, con grave limitazione della proprietà privata e con grave danno alle attività economiche a cui fanno riferimento i beni sequestrati, senza che vi sia una proporzionalità tra il sequestro attuato e le esigenze probatorie, peraltro esplicitate in modo del tutto generico, con riferimento a fattispecie di reato nemmeno contestate, del tutto ipotetiche e non individuate in concreto.
In data 28 febbraio 2025 sono state trasmesse le conclusioni scritte del Procuratore generale presso questa Corte, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Sostiene il Procuratore Generale che il vizio motivazionale lamentato è inammissibile in questa sede di legittimità atteso che si tratta di ricorso per Cassazione avverso provvedimento del Tribunale del riesame in materia di provvedimenti cautelari
reali (art.325 cod. proc. pen.). Le questioni sollevate dalla difesa sono state, inoltre, già trattate e risolte con dovizia di richiami alla giurisprudenza di legittimità i cui principi sono stati pedissequamente seguiti dal Tribunale del riesame. Giova per il PG ricordare che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608-01).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di richieste delle parti di discussione orale, è inammissibile.
È anzitutto inammissibile per manifesta infondatezza il primo motivo.
2.1. Sul punto è sufficiente rilevare come l’attuale ricorrente, NOME COGNOME risponde di quattro distinte ipotesi di reato di discarica abusiva allo stesso ascritte in qualità di titolare di una ditta individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di autoveicoli. Al medesimo, dunque, è contestata, in concorso con altri soggetti quali proprietari o comproprietari delle aree, la gestione di una discarica abusiva di rifiuti costituiti da veicoli privi di parti meccaniche essenziali e con segni di evidente usura.
2.2. Tale preliminare osservazione, anzitutto, rende evidente la carenza di legittimazione dello COGNOME con riferimento alle aree asseritamente destinate a discarica abusiva, non essendo infatti egli il proprietario di alcuna delle aree meglio catastalmente individuate nei quattro distinti capi di imputazione preliminare oggetto di contestazione. Pacifico infatti è nella giurisprudenza di questa Corte che la persona che avrebbe diritto alla restituzione, legittimata ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. a proporre ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di riesame contro i provvedimenti di sequestro, deve individuarsi non in ogni persona che abbia una qualunque forma di interesse alla restituzione, ma solo in quella che abbia una posizione giuridica autonomamente tutelabile e coincidente quindi con un diritto soggettivo (reale o anche solo personale) o anche con una situazione di mero rapporto di fatto tuttavia tutelato (ad esempio il possesso): ciò emerge dalla lettera della suddetta norma che espressamente parla di diritto alla restituzione nonché dalla riserva al giudice civile prevista dall’art. 324, comma ottavo, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 3775 del 04/10/1994, COGNOME, Rv. 199929 – 01).
2.3. Tanto premesso, dunque, l’attuale ricorrente può dunque ritenersi legittimato esclusivamente in relazione ai beni oggetto di sequestro probatorio riferibili alla sua
posizione giuridica di titolare di ditta individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di autoveicoli.
Orbene, contrariamente a quanto sostenuto da parte dell’indagato ricorrente, il provvedimento di sequestro e la successiva ordinanza del tribunale del riesame, specificano, sebbene sinteticamente ma in maniera adeguata, le esigenze probatorie legate all’approfondimento del quadro probatorio che rendono necessario il mantenimento del vincolo sui beni, qualificati come corpo del reato al fine del compimento degli accertamenti tecnici sugli stessi al fine di pervenire alla conferma dell’ipotesi investigativa tratteggiata a seguito dei primi esiti di indagine.
Richiamata a tal proposito la giurisprudenza di questa Corte secondo cui in tema di sequestro probatorio del corpo di reato, la motivazione del provvedimento impositivo del vincolo reale deve essere modulata in relazione al caso concreto e dovrà, in particolare, essere rafforzata ogni qual volta il nesso tra il bene e il reato per cui si procede sia indiretto, mentre potrà farsi ricorso ad una formula sintetica nei casi in cui la funzione probatoria del sequestro sia di immediata evidenza (Sez. 2, n. 11325 del 11/02/2015, COGNOME, Rv. 263130 – 01), il tribunale del riesame osserva come la ragione del mantenimento del sequestro fosse funzionale a consentire lo svolgimento delle necessarie attività di classificazione, e soprattutto di caratterizzazione, da parte di Arpa Lombardia, anche al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti della ulteriore fattispecie di inquinamento ambientale. Pertanto, si legge nel provvedimento impugnato, solo dopo aver operato la classificazione dei rifiuti de quibus cesseranno le esigenze probatorie censurate, che eventualmente potranno mutarsi in esigenze di carattere preventivo.
2.4. Trattasi di motivazione che, pur concisa, giustifica il vincolo reale apposto sui beni in sequestro (segnatamente, avuto riguardo all’interesse vantato dal ricorrente e di cui esso è unicamente portatore, ossia quale titolare della ditta individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di autoveicoli, non potendo egli sostituirsi ai proprietari delle aree per far valere una posizione giuridica distinta), in ciò conformandosi dunque al principio, più volte affermato, anche dal NOME Consesso nomofilattico di questa Corte, secondo cui il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548 -01).
Proprio il riferimento alla necessità di svolgere accertamenti tecnici (ossia le attività di classificazione e caratterizzazione da parte di Arpa Lombardia) funzionali alla v erifica dell’ipotesi accusatoria contestata in concorso all’attuale ricorrente (e che, per come sembrerebbe dalla quadruplice imputazione mossa, sarebbe frutto dell’attività di
illecita gestione di discarica abusiva operata dall’indagato con i mezzi ad ess o riferibili), giustifica(va) e giustifica l’adozione ed il mantenimento del sequestro probatorio.
2.5. Si noti, peraltro, che il riferimento, contenuto nel provvedimento impugnato, secondo cui il sequestro si giustificava anche al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti dell’ulteriore fattispecie di inquinamento ambientale, lungi dall’assumere valenza esplorativa, trova la sua legittimazione giuridica nel semplice rilievo per cui sia l’art. 354 che l’art. 355 cod. proc. pen. non richiedono, per l’esecuzione ed il permanere del sequestro, che la corretta e definitiva qualificazione giuridica del fatto addebitabile all’indagato sia precedente o contestuale alla misura e ciò per la funzione del sequestro che, come si desume dall’art. 354 primo e secondo comma, sussistendo il ” fumus ” dell’esistenza di uno o più illeciti penali e ricorrendo le condizioni ivi previste, deve essere eseguito dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria, i quali devono curare che le tracce e le cose pertinenti a reati siano conservate e che, se del caso, siano sequestrati il corpo del reato e le cose a questo pertinenti, indipendentemente da una circostanziata qualificazione giuridica dei fatti, alla quale si può addivenire successivamente e proprio sulla base di ulteriori acquisizioni probatorie consentite (Sez. 5, n. 559 del 12/02/1993, Castella, Rv. 194493 – 01). È infatti stato ritenuto legittimo il sequestro probatorio, emesso sulla base di una ” notitia criminis ” precedentemente acquisita, per accertare gli esatti termini della condotta denunciata o ipotizzata, al fine non solo di valutarne l’antigiuridicità ma anche la sua esatta qualificazione giuridica (Nella fattispecie la Corte ha escluso la finalità meramente esplorativa del decreto di sequestro probatorio in cui il P.M. aveva indicato le norme che si assumevano violate dagli indagati e le circostanze di fatto oggetto di indagine attraverso il richiamo ai precedenti accertamenti di polizia giudiziaria: Sez. 3, n. 24846 del 28/04/2016, P.g. d.d.a. in proc. COGNOME e altro, Rv. 267195 – 01).
Inammissibile è anche il secondo motivo per un duplice ordine di ragioni.
3.1. Il ricorrente, al fine di sostenere la violazione del principio di proporzionalità, da un lato, opera un riferimento alla estensione del sequestro probatorio alle aree (di cui, come detto, egli non è proprietario) per le quali non vanta alcun interesse quale titolare di una posizione giuridica ben definita quale titolare della ditta individuale avente ad oggetto il commercio al dettaglio e all’ingrosso di autoveicoli. Dall’altro, la prospettazione difensiva, secondo cui tale difetto di proporzionalità sarebbe evidente per aver il Pubblico Ministero disposto il sequestro attingendo anche macchinari, agricoli e non, perfettamente funzionanti e necessari allo svolgimento di attività economiche parallele, chiede in sostanza a questa Corte di sostituirsi alla valutazione del giudice di merito, pronunciandosi su una circostanza, del tutto fattuale (e, in quanto tale, che fuoriesce dal perimetro cognitivo di questa Corte), ossia che i mezzi sequestrati non fossero in realtà -non è chiaro, nell’ottica difensiva, nem meno quali -privi di parti meccaniche essenziali
e con segni di evidente usura, dunque, in ultima analisi, non fossero da considerare rifiuti. Con ciò, evidentemente, dimenticando che in tema di gestione di rifiuti, l’accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto ai sensi dell’art. 183 d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 costituisce una ” quaestio facti “, come tale demandata al giudice di merito e insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esente da vizi logici o giuridici (Sez. 3, n. 25548 del 26/03/2019, Schepis, Rv. 276009 – 02).
3.2. In ogni caso, osserva il Collegio, la dedotta violazione del principio di proporzionalità non risulta sia stata dedotta né con l’istanza di riesame (in cui veniva unicamente contestata la ricorrenza delle esigenze probatorie del sequestro disposto e la mancanza della relativa motivazione) né al tribunale nel corso dell’udienza camerale di cui all’art. 324 cod. proc. pen. (non potendo certo considerarsi implicita tale deduzione nella circostanza di aver fatto rilevare ai giudici del riesame che si fosse proceduto all’acquisizione di una moltitudine di beni eterogenei). Ed allora , trova applicazione il principio, già affermato da questa Corte in materia di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ma estensibile per identità di ratio anche al sequestro probatorio, secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione con cui venga dedotta per la prima volta in sede di legittimità la violazione del principio di proporzionalità tra il sequestro attuato e le res assoggettate a vincolo cautelare (tra le tante: Sez. 3, n. 33347 del 06/06/2012, Riza, Rv. 253160 -01).
Il ricorso deve conclusivamente essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 20/03/2025.