Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9909 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9909 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 del TRIB. LIBERTA’ di FOGGIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto PG, NOME COGNOME, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Foggia, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il decreto di sequestro probatorio di documenti e materiale informatico, rinvenuti anche all’interno di PC e telefonini, oltre che di apparecchi cellulari, con riferimento al reato di cui agli artt. 110 603-bis cod. pen. in relazione allo sfruttamento del lavoro, presso società riconducibili a RAGIONE_SOCIALE, eseguito mediante reclutamento operato da diversi soggetti, tra cui COGNOME COGNOME.
Avverso l’ordinanza l’indagato NOME COGNOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso fondato su due motivi, di seguito enunciati ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce il difetto assoluto di motivazione circa le finalità probatorie della sottoposizione dei beni al vincolo e in ordine alle ragioni che avrebbero reso necessario il sequestro del cellulare del ricorrente in luogo della mera estrazione di copia forense dei dati in esso contenuti (in ossequio al principio di proporzionalità).
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, complessivamente considerato, è infondato.
Deve innanzi tutto essere ricordato che in tema di provvedimenti cautelari reali il ricorso per cassazione è consentito solo per violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen. e che tale vizio ricomprende, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte, sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da render ‘e l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692, nonché, ex plurimis, Sez. 4, n. 28812 del 17/05/2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 32895 del 06/07/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893).
2.1. In quanto di particolare rilievo ai fini di cui al presente giudizio, occorr evidenziare che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ribadito il principio secondo cui il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (si vedano: Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, Rv. 273548, e Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Ferazzi, Rv. 226711).
2.2. Trattasi di principio ulteriormente ribadito dalla successiva elaborazione giurisprudenziale, con la precisazione per cui l’obbligo di motivazione che deve sorreggere, a pena di nullità, il decreto di sequestro probatorio in ordine alla ragione per cui i beni possono considerarsi il corpo del reato ovvero cose a esso pertinenti e alla concreta finalità probatoria perseguita con l’apposizione del vincolo reale deve essere modulato da parte del Pubblico Ministero in relazione al fatto ipotizzato, al tipo di illecito cui in concreto il fatto è ricondotto, relazione che le cose presentano con il reato nonché alla natura del bene che si intende sequestrare (Sez. 6, n. 56733 del 12/09/2018, COGNOME, Rv. 274781; si vedano altresì, ex plurimis: Sez. 3, n. 215 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione, e Sez. 6, n. 43990 del 30/09/2022, COGNOME, in motivazione).
Orbene, il giudice del riesame, oltre a chiarire, in risposta alle doglianze difensive, che trattasi di cose pertinenti al reato (pagina 9, terzo capoverso, dell’ordinanza impugnata), ha esplicitato l’iter logico-giuridico sotteso alle ritenute finalità probatorie perseguite con l’apposizione del vincolo nei termini già emergenti dal provvedimento genetico, sostanzialmente fatto proprio dall’ordinanza impugnata, che già si presenta completo di tutti gli elementi necessari per la sua legittimità.
3.1. Si identifica difatti: (a) il reato oggetto dell’indagine in quello di all’art. 603-bis cod. pen.; (b) il nesso tra quanto sequestrato, anche in termini di supporti informatici e di relativo materiale, e tale reato, dato che si trattava d materiale nella disponibilità delle società riconducibili a RAGIONE_SOCIALE, presso cui, secondo l’ipotesi d’indagine, sarebbe stato effettuato lo sfruttamento dei lavoratori, reso possibile mediante l’intermediazione del ricorrente; (c) la finalità probatoria del vincolo, ovvero quella di identificare ogni elemento utile per valutare la fondatezza dell’ipotesi di reato in indagine e per verificare le relazioni lavorative tra lavoratori e società riconducibili a COGNOME oltre che tra quest’ultimo, i lavoratori sfruttati e gli intermediari (tra cui l’att ricorrente).
3.2. Quanto poi all’assunta sproporzione del sequestro del cellulare, in luogo della mera estrazione di copia dei dati ivi contenuti nei limiti di quelli ritenuti rilievo probatorio, il ricorrente non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato, venendo così meno, in radice, l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49411 del 26/10/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584). In essa difatti si evidenzia che la ricerca degli elementi di prova ha richiesto l’esame di una massa amplissima di dati, tutti potenzialmente rilevanti
a priori, non potendo l’accertamento essere ragionevolmente eseguito nel luogo in cui si trovavano la cose contenenti i dati.
In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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