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Sequestro probatorio: legittimo con il solo sospetto

Un’imprenditrice ha impugnato un sequestro probatorio di oltre 13.000 articoli in pelle, sospettati di contraffazione. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che in fase di indagine è sufficiente un semplice sospetto (fumus) per giustificare il sequestro, finalizzato a consentire gli accertamenti del Pubblico Ministero e a impedire la dispersione della prova.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio: basta il sospetto per bloccare la merce?

Il sequestro probatorio è uno strumento cruciale nelle mani del Pubblico Ministero durante le indagini preliminari. Ma quali sono i limiti del suo utilizzo, specialmente in casi di presunta contraffazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 23953/2025) offre un’importante delucidazione, confermando che per procedere non è necessaria una prova schiacciante, ma è sufficiente un fondato sospetto, il cosiddetto fumus boni iuris.

I fatti del caso

Il caso ha origine da un decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero presso la Procura di Firenze. Oggetto del provvedimento erano oltre 13.000 articoli in pelle, sequestrati tra Sesto Fiorentino e Firenze, che riportavano una dicitura riconducibile a un noto modello di borsa di un celebre marchio di moda.

L’indagata, titolare della merce, ha impugnato il provvedimento dinanzi al Tribunale, che ha però confermato la legittimità del sequestro. Non soddisfatta, la difesa ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale. Secondo la tesi difensiva, non vi erano elementi sufficienti a provare la contraffazione, al di là del primo giudizio espresso dalla Guardia di Finanza, né era stata dimostrata l’esistenza di una ‘privativa valida’ che attestasse l’esclusività dei modelli.

La decisione della Corte di Cassazione e il sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio cardine della procedura penale: la funzione del sequestro probatorio non è quella di accertare definitivamente la colpevolezza, ma di consentire al Pubblico Ministero di svolgere le indagini necessarie per verificare la sussistenza di un reato.

L’obiettivo primario è cristallizzare la situazione ed evitare che le prove (in questo caso, la merce sospetta) possano essere disperse o alterate mentre gli accertamenti sono in corso. Pertanto, la valutazione richiesta in questa fase è preliminare e si concentra sulla sussistenza delle condizioni formali per il sequestro, ovvero il fumus del reato e il periculum (il rischio di dispersione della prova).

Le motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni della difesa, chiarendo diversi punti fondamentali.

In primo luogo, il Tribunale aveva adeguatamente motivato la sussistenza del fumus del reato. Gli elementi indicativi della possibile falsificazione erano concreti: la presenza della dicitura specifica sugli articoli, documentata da materiale fotografico, e le considerazioni della Polizia Giudiziaria, che avevano permesso di identificare l’origine del marchio presumibilmente falsificato. Questi elementi sono stati ritenuti più che sufficienti per giustificare un provvedimento con finalità investigative.

In secondo luogo, la Cassazione ha respinto la tesi secondo cui la mancata giustificazione della provenienza lecita della merce da parte dell’indagata avrebbe comportato un’inversione dell’onere probatorio. Citando precedenti giurisprudenziali conformi, la Corte ha sottolineato come tale circostanza, sebbene non costituisca una prova di colpevolezza, è un elemento che il giudice può considerare nel quadro complessivo per valutare la fondatezza del sospetto iniziale.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio fondamentale per l’efficacia delle indagini penali: il sequestro probatorio è uno strumento agile, che si fonda su un giudizio di probabilità e non di certezza. Per la sua adozione, non è richiesta la prova piena della contraffazione, ma è sufficiente che emergano elementi idonei a configurare un’ipotesi investigativa seria.

Questa pronuncia chiarisce che il focus, in questa fase procedurale, è interamente rivolto a garantire l’acquisizione della prova, rimandando ogni valutazione definitiva sul merito della colpevolezza alle fasi successive del procedimento. Per gli operatori del settore, ciò significa che la presenza di ingenti quantitativi di merce con marchi o diciture sospette, unita a una relazione della Polizia Giudiziaria, costituisce una base solida per legittimare un sequestro, anche in assenza di perizie tecniche definitive.

Qual è la funzione principale del sequestro probatorio?
La sua funzione è consentire al Pubblico Ministero di compiere gli accertamenti necessari per verificare gli elementi di un’ipotesi di reato, evitando il rischio che le prove vengano disperse o alterate durante le indagini.

Per convalidare un sequestro probatorio è necessaria la prova certa della contraffazione?
No, non è necessaria una prova certa. La valutazione in questa fase è preliminare e si basa sulla sussistenza del fumus (la parvenza di reato) e del periculum (il pericolo di dispersione della prova), non sull’accertamento definitivo del reato stesso.

La mancata giustificazione della provenienza lecita della merce da parte dell’indagato inverte l’onere della prova?
No, secondo la Corte la mancata giustificazione non comporta un’inversione dell’onere probatorio, ma è un elemento che, unitamente ad altri, può essere considerato dal giudice per valutare la fondatezza del sospetto che ha dato origine al sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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