Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30787 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30787 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
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sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 27/12/1977
avverso l’ordinanza del 17/1/2025 emessa dal Tribunale di Milano visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; l udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette lé conclusioni del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza con la quale il g.i.p. del Tribunale di Milano rigettava l’opposizione proposta avverso l’omessa restituzione di due snnartphone e di una casella di posta elettronica, sottoposti a ‘sequestro probatorio nell’ambito di un complesso procedimento penale nel quale COGNOME risulta indicato per i reati di cui agli artt. 326 e 615-ter cod. pen.
Nell’interesse del ricorrente sono stati forulati due motivi di ricorso che, stante la sostanziale sovrapponibilità delle é, questioni, possono essere congiuntamente sintetizzati.
2.1. Il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’applicazione del principio di proporzionalità, in base al quale il mantenimento del vincolo probatorio deve trovare un adeguato contemperamento con i diritti dell’indagato ad ottenere la restituzione dei dispositivi elettronici e contenuto delle memorie informatiche.
Il ricorrente, dopo aver richiamato l’elabor’azione giurisprudenziale che ha recentemente individuato i limiti e le modalità di esecuzione dei sequestri massivi eseguiti su dispositivi informatici, ha sottolineato l’insussistenza di ragioni idonee a mantenere il sequestro nel caso di specie.
Il g.i.p. avrebbe erroneamente valorizzato la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro, trattandosi di elementi afferenti al provvedimento genetico e non censurati in sede di richiesta di restituzione.
Risulterebbe erronea la motivazione basata isulla complessità dell’indagine e sulla difficoltà nell’individuazione del materiale rilvante, posto che il principio proporzionalità impone al pubblico ministero di dotarsi di adeguata struttura e organizzazione per provvedere, in tempi ragionali, alla selezione del materiale (da riversare sulla cosiddetta copia-mezzo), per poi restituire i dispositivi informatici.
Il provvedimento impugnato, invero, ha introdotto elementi (le dimensioni dell’indagine e il numero complessivo di strumenti da esaminare) rispetto ai quali il pubblico ministero nulla aveva dedotto, in tal modo sopperendo alle ragioni che avevano indotto il pubblico ministero a rigettare l’i,stanza.
Il sequestro probatorio disposto nei confronti del ricorrente difetta l’indicazione di un termine finale, il che si traduce in una compressione sine die del diritto ad ottenere la restituzione di quanto sequestrato.
Il ricorso è stato trattato ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
1: Il ricorso è infondato.
Occorre premettere che il difensore del ricorrente aveva chiesto la trattazione orale che, tuttavia, nel procedimento in questione non è contemplata.
Deve ribadirsi, infatti, che il ricorso per cassazione contro l’ordinanza emessa dal G.i.p. a norma dell’art. 263, comma quinto, cod. proc. pen., è deciso in camera
di consiglio con le forme del rito non partecipato di cui all’art. 611 cod. proc. pen. (Sez.U, n. 9857 del 30/10/2008, dep.2009, COGNOME, Rv. 242291). Tale principio, pur affermato con riguardo alla previsione dell’art. 611 cod. proc. pen. vigente ratione temporis, risulta valido anche a seguito della recente riformulazione della norma in esame, che ha previsto la possibilità i delle parti di optare, anche per determinati procedimenti da celebrarsi in canner%di consiglio, per la trattazione orale,. piuttosto che per quella scritta, che pur rappresenta il modulo procedimentale predefinito.
In base all’art. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., i procedimenti camerali per i quali è possibile chiedere la trattazione orale sono solo quelli relativi a sentenze rese in abbreviato, nonché ai ricorsi in cassazióne per la cui definizione è espressamente contenuto il richiamo alle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. (ad esempio, si pensi ai ricorsi avverso le decisioni in materia cautelare).
In relazione all’impugnazione avverso la decisione resa ex art. 263 cod. proc. pen. non vi è un’espressa previsione circa la possibilità di proporre ricorso per cassazione e, conseguentemente, difetta anche l’indicazione specifica delle modalità di trattazione.
Quanto detto comporta che il rito applicabile sarà necessariamente quello “non partecipato”, previsto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., nel quale il contraddittorio tra le parti è ugualmente garantiro dalla possibilità dello scambio di memorie e repliche.
Né a diverse conclusioni può giungersi valorizzando il fatto che l’art. 263 cod. proc. pen., nel prevedere la trattazione dell’opposizione in camera di consiglio, rinvia all’art. 127 cod. proc. pen., da che se ne dovrebbe far conseguire l’estensione della regola della partecipazione anche. nella diversa fase del ricorso per cassazione.
Come condivisibilmente osservato nella citata sentenza delle Sezioni unite, se il richiamo all’art. 127 cod. proc. pen., riferito al procedimento incidentale dinanzi al g.i.p., può valere a definire l’ambito di ricorribilità del provvedimento del giudice di merito, non può essere esteso anche alla procedura da seguire nella successiva fase di legittimità che, se non è diversamente stabilito, si attua secondo il modello processuale di cui all’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.
2.2. Ulteriore questione preliminare da esaminare è quella relativa alla possibilità o meno di impugnare l’ordinanza, con la quale il g.i.p. rigetta l’opposizione avverso il diniego della restitUzione, anche per vizio della motivazione.
In linea generale, è noto che i provvedimenti afferenti al sequestro probatorio e preventivo sono suscettibili di impugnazione in cassazione solo per violazione di
legge.
Tale regola, tuttavia, non è stata ritenuta estensibile anche alla fattispecie in esame, essendosi ritenuto che l’ordinanza del G.i.p., che a norma dell’art. 263, comma quinto, cod. proc. pen., provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle “cose” in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606, comma primo, cod. proc. pen. (Sez.U, n. 9857 del 30/10/2008, dep.2009, COGNOME, Rv.242290; Sez., n. 10987 del 14/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278881).
Tale soluzione, invero, non determina una ingiustificata disparità di trattamento rispetto al regime applicabile per il ricorso in cassazione avverso i decreti che dispongono il sequestro (probatorio o preventivo), in quanto rispetto a tali atti è prevista la possibilità di interporre riesame e, quindi, l’ambito del impugnazioni esperibili è più ampio.
Nel caso disciplinato dall’art. 263 cod. proc., pen., proprio in considerazione della mancanza di una forma di controllo nel merli°, ulteriore e successiva rispetto all’ordinanza del g.i.p., si è ritenuto giustificato l’estensione del vaglio di legitti a tutti i vizi deducibili ex art. 606 cod. proc. pen., valorizzando il fatto che il rico per cassazione è fondato sull’ampia previsione di cui all’art. 127, comma 7, cod. proc. pen.
Fatte tale premesse, si ritiene che il ricorso non sia fondato.
Occorre dare atto che la tesi difensiva, lì bove afferma che il principio di proporzionalità contempla necessariamente che la durata del vincolo sia predeterminata e suscettibile di verifica in ordine alla sua adeguatezza, è pienamente in linea con i consolidati principi giurisprudenziali formatisi in materia.
È innegabile, pertanto, che non può consentirsi il sequestro probatorio di dispositivi elettronici e memorie informatiche se nUn per il tempo strettamente necessario ad estrapolare i dati ritenuti utili.
Sulla base della più recente giurisprudenza di legittimità formatasi sul tema del sequestro probatorio di dispositivi informatii, , si è stilato un vero e proprio percorso motivazionale e delle regole di acquisizione dei dati rilevanti cui il pubblico ministero deve attenersi nel motivare e nell’eseguire il decreto di sequestro probatorio.
La motivazione, in particolare, deve specificare:
le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo o, in alternativa le specifiche informazioni oggetto di ricerca;
i criteri che devono presiedere alla selezione del materiale informatico
archiviato nel dispositivo, giustificando, altresì, l’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi dal perimetro temporale dell’imputazione provvisoria;
i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez.6, n. 6, n. 17312 del 15/2/2024, Corsico, Rv. 28635803).
Una volta individuati i requisiti della motivazione del sequestro probatorio, nell’ottica di garantire il principio di proporzionalità ed escludere il sequestr indiscriminato di interi archivi informatici, si pone anche la necessità di individuare i limiti relativi alla fase di selezione del materiale acquisito mediante la creazione della copia informatica.
Si è affermato che il pubblico ministero:
non può trattenere la c.d. copia integrate dei dati appresi se non per il o, tempo. strettamente necessario alla loro selezione; *
è tenuto a predisporre una adeguata organizzazione per compiere la selezione in questione nel tempo più breve possibile, soprattutto nel caso in cui i dati siano stati sequestrati a persone estranee al reato per cui si procede;
compiute le operazioni di selezione, la c.d. ‘copia – integrale deve essere restituita agli aventi diritto (Sez.6, n. 34265 del 22/9/2020, COGNOME, Rv. 27994902).
3.1. Pur nella sostanziale correttezza dei recitiiiti richiamati dalla difesa, deve rilevarsi come, nel caso di specie, alla data della pronuncia sulla richiesta di restituzione, è stata correttamente esclusa la sussistenza della violazione del principio di proporzionalità.
Deve sottolinearsi, infatti, che il sequestro è intervenuto il 24 ottobre 2024 e la richiesta di restituzione è datata 3 dicembre 2024, mentre il diniego della restituzione e del giorno successivo (4 dicembre 024).
Quanto detto consente di affermare che la mottivazione resa dal g.i.p., lì dove sottolinea l’avvenuto decorso di poco più di un mese tra il sequestro e la richiesta di restituzione, è de! tutto logica e coerente con i tempi ordinariamente necessari per le attività di selezione e copia del materiale informatico.
Peraltro, l’assoluta brevità del lasso temporale intercorso tra il sequestro e l’istanza di restituzione consente di ritenere che la motivazione (del p.m. e poi del g.i.p.) ben poteva limitarsi ad una generica affermazione di “compatibilità” tra i tempi delle indagini e l’interesse alla restituzione;dei beni.
A fronte di un lasso temporale più ampio . , invece, sarebbe stato onere del pubblico ministero specificare il tempo residuo ritenuto necessario per la selezione e copia, occorrendo l’individuazione di un termine specifico entro il quale
l’interessato possa confidare nella restituzione e che consenta anche al g.i.p. di operare una valutazione di congruità basata su up dato puntuale.
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4: Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorreríte al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il
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