Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9485 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9485 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da a carico di
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova nel procedimento NOME, nato a Venezia il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 29/9/2023 del Tribunale del riesame di Padova; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 29/9/2023, il Tribunale del riesame di Padova annullav il decreto di sequestro probatorio emesso dal locale Pubblico Ministero nei confro di NOME COGNOME, indagato per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 256, 3, d. Igs. 3 aprile 2006, n. 152, 349, commi 1 e 2, cod. pen.
Propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Padova, deducendo i seguenti motivi:
apparenza della motivazione. Il Tribunale avrebbe annullato il sequestro probatorio per assenza del fumus commissi delicti, aderendo apoditticamente agli argomenti della difesa e non spiegando per quali ragioni gli accertamenti dell’Arpav e del consulente tecnico del Pubblico Ministero non avessero valore. In particolare, l’ordinanza avrebbe valorizzato le sommarie informazioni rese da NOME COGNOME (che avrebbe riferito di una procedura del tutto corretta), senza valutare che lo stesso sarebbe direttamente coinvolto nell’iter amministrativo oggetto dell’indagine, la cui irregolarità emergerebbe anche solo leggendo l’art. 23 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 in relazione all’intervento in oggetto. La motivazione, pertanto, risulterebbe di fatto assente, con riguardo sia alla stessa procedura, sia alla condotta fraudolenta contestata, con sdoppiamento delle pratiche amministrative e presentazione di due differenti relazioni al Comune di Correzzola (con indicazione di materie prime secondarie) e alla Provincia di Padova (con indicazione solo di materie prime);
con riguardo, poi, alle esigenze probatorie, l’ordinanza avrebbe omesso di indicare le ragioni per le quali non risulterebbero corrette le considerazioni di cui al decreto di sequestro, dando conto soltanto di finalità preventive. Il provvedimento genetico (che il ricorso riporta) indicherebbe, invece, specifiche esigenze probatorie legate alla necessità di disporre ulteriori analisi ed accertamenti nell’intero sito a seguito della riscontrata violazione dei sigilli e d contestuali conferimenti, esigenza che tuttavia il Tribunale avrebbe del tutto trascurato di rilevare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta parzialmente fondato.
Con riguardo al primo motivo, che contesta l’esclusione del fumus boni iuris del reato di cui all’art. 256, d. Igs. n. 152 del 2006 in forza delle sole dichiarazio dei tecnici comunali e provinciali, il Collegio rileva che la censura è infondata, non ravvisandosi quella radicale mancanza – o mera apparenza – di motivazione che legittima l’annullamento del sequestro in questa sede, nei termini della violazione di legge ex art. 325 cod. proc. pen.
4.1. Il Tribunale, in particolare, ha evidenziato che la “RAGIONE_SOCIALE“, di cui l’indagato è legale rappresentante, aveva avviato i procedimento amministrativo in esame (finalizzato ad un’attività di recupero ambientale) in pieno accordo e in costante comunicazione con gli enti preposti, e che lo stesso iter doveva ritenersi corretto, quanto alla presentazione della SCIA,
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per come riferito dai tecnici COGNOME (Provincia di Padova) e COGNOME (Comune di Correzzola). Ancora, l’ordinanza ha sottolineato che la stessa SCIA era stata presentata ai sensi dell’art. 23, d.P.R. n. 380 del 2001, quindi in alternativa al permesso di costruire, mentre il consulente del Pubblico Ministero aveva preso in esame la diversa ipotesi di una Segnalazione certificata proposta a norma dell’art. 22 dello stesso decreto; da questa considerazione, dunque, deriva l’infondatezza della censura secondo cui il Tribunale non avrebbe tenuto in alcun conto le considerazioni svolte dal tecnico nominato dalla Procura della Repubblica.
4.2. Il motivo di ricorso, ancora, non può essere ammesso laddove contesta all’ordinanza di aver valorizzato le dichiarazioni dei tecnici di due enti – Provinci e Comune – direttamente coinvolti nell’iter amministrativo oggetto di indagini; la censura, infatti, appartiene al merito della motivazione, non alla sua reale esistenza, e peraltro non considera che – da quanto emerge dallo stesso ricorso gli unici soggetti attualmente indagati sono il COGNOME ed un suo dipendente, senza alcun coinvolgimento degli enti locali interessati dalla pratica.
Il ricorso, per contro, risulta fondato sul secondo punto relativo al reato di cui all’art. 256, d. Igs. n. 152 del 2006, con riferimento al contestato sdoppiamento della pratica amministrativa e presentazione – quanto al medesimo intervento – di due differenti relazioni, l’una indirizzata al Comune e l’altra alla Provincia.
5.1. Il Tribunale si è limitato ad affermare che le due pratiche sarebbero state intestate ad entrambi gli enti ed inoltrate al Comune di Correzzola tramite SUAP; quest’ultimo avrebbe poi inviato la seconda comunicazione alla Provincia. Con tale argomento, tuttavia, l’ordinanza omette del tutto la verifica della condotta contestata, ossia la presentazione di due relazioni tecniche – distintamente indirizzate ai due enti – con differente contenuto sulla natura delle materie trattate, pur riguardando entrambe il medesimo intervento. Aver valorizzato la comune presentazione presso il SUAP, pertanto, non costituisce effettivo argomento in punto di fumus commissi delicti, in quanto una delle due relazioni era evidentemente destinata alla sola Provincia di Padova, alla quale, infatti, il Comune l’ha poi inoltrata.
Il ricorso, ancora, risulta fondato con riguardo al delitto di cui all’art. 3 cod. pen., per il quale il Tribunale ha riconosciuto il fumus, negando tuttavia esigenze probatorie.
6.1. Come correttamente affermato dal Procuratore ricorrente, e come verificato da questa Corte, il decreto di sequestro dell’area era stato giustificato, quanto al reato in oggetto, non per finalità preventive, ma per esigenze strettamente probatorie, legate alla necessità di “disporre ulteriori analisi ed accertamenti nell’intero sito”; quel che nasceva dalla accertata violazione dei sigilli, riconosciuta anche dal Tribunale, e dal fatto che nell’occasione era stata
“rilevata movimentazione e stesa di tutti i cumuli di materiali vari posti al di sott dei paletti di segnalazione. Non è noto se oltre alla movimentazione dei suddetti cumuli sia stato aggiunto altro materiale”. Il decreto di sequestro, pertanto, aveva specificato la finalità probatoria sottesa al vincolo, ma di questa il Tribunale non ha compiuto alcuna valutazione, limitandosi ad affermare che “nel corso del sopralluogo (…), l’RAGIONE_SOCIALE ha proceduto a rilievi fotografici a comprova della rottura dei nastri e dello spianamento dei cumuli”: nessuna verifica, pertanto nessuna motivazione, è stata quindi compiuta in ordine alle ulteriori finalità probatorie, sopra indicate, contenute nel decreto di sequestro.
L’ordinanza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio nei termini sopra descritti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Padova competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2024
sìgliere estensore