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Sequestro probatorio: la legittimità della copia forense

Un pubblico funzionario ricorre contro un decreto di sequestro probatorio che autorizzava la copia forense dei suoi cellulari, sostenendo fosse una duplicazione di un precedente sequestro. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il decreto per l’analisi dei dati è un atto distinto e non una duplicazione. La Corte ha inoltre confermato che la motivazione sul ‘fumus commissi delicti’ può validamente richiamare altri atti del procedimento, chiarendo i requisiti di legittimità del sequestro probatorio in ambito digitale.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio: Quando è Legittimo il Decreto per la Copia Forense?

Nell’era digitale, il sequestro probatorio di dispositivi elettronici come smartphone e computer è diventato uno strumento investigativo cruciale. Ma quali sono i limiti e le procedure corrette per garantire sia le esigenze di indagine che i diritti dei cittadini? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 28122 del 2025, offre chiarimenti fondamentali sulla distinzione tra il sequestro fisico di un dispositivo e il successivo decreto che ne autorizza l’analisi tramite copia forense.

I Fatti del Caso in Esame

Il caso riguarda un pubblico funzionario, responsabile dell’area lavori pubblici di un Comune, indagato per presunti illeciti legati a gare d’appalto. Le indagini avevano portato a un primo decreto di sequestro, datato 11.10.2024, con cui venivano materialmente appresi due telefoni cellulari. Successivamente, in data 30.10.2024, il Pubblico Ministero emetteva un secondo decreto, oggetto del ricorso, che disponeva l’estrazione di una copia forense e l’esame del contenuto dei medesimi cellulari.

Il funzionario ha impugnato quest’ultimo provvedimento dinanzi al Tribunale del Riesame, che ha rigettato la sua richiesta. Di qui il ricorso in Cassazione, basato sull’idea che il secondo decreto fosse una illegittima duplicazione del primo e che mancasse un’adeguata motivazione sul fumus commissi delicti (ovvero, i sufficienti indizi di reato).

Le Doglianze e la Difesa sul Sequestro Probatorio

La difesa del ricorrente si articolava su due punti principali:

1. Duplicazione del provvedimento: Si sosteneva che i telefoni, essendo già stati sequestrati, non potessero essere oggetto di un nuovo vincolo. Il secondo decreto sarebbe stato, quindi, un atto superfluo e illegittimo.
2. Carenza di motivazione: Secondo il ricorrente, il decreto non specificava adeguatamente i fatti, i comportamenti contestati e le ragioni concrete che giustificavano il sequestro probatorio, limitandosi a indicare gli articoli di legge violati. Le intercettazioni richiamate, a suo dire, non sarebbero state sufficienti a fondare il provvedimento.

L’Analisi della Corte sul Sequestro Probatorio e la Copia Forense

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, fornendo una lettura chiara e pragmatica della procedura. I giudici hanno spiegato che l’atto di sequestro del bene fisico (il contenitore) e l’atto che autorizza l’analisi del suo contenuto digitale sono due momenti procedurali distinti e non sovrapponibili.

Il primo decreto ha lo scopo di sottrarre il bene alla disponibilità dell’interessato per evitare la dispersione della prova. Il secondo, invece, autorizza un’attività di indagine specifica – la copia forense e l’esame dei dati – che richiede una valutazione autonoma della sua necessità e proporzionalità. Pertanto, non vi è alcuna duplicazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente punto per punto. In primo luogo, ha evidenziato come la motivazione del sequestro probatorio non debba necessariamente contenere una narrazione minuziosa di tutti gli elementi di indagine. È infatti considerata legittima la motivazione per relationem, ovvero quella che fa riferimento ad altri atti del procedimento (come informative di polizia giudiziaria o precedenti decreti), a condizione che questi siano espressamente indicati e accessibili alla difesa. Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente rilevato che il fumus commissi delicti emergeva chiaramente dalla serie di atti investigativi richiamati dal PM.

In secondo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il sequestro probatorio può essere disposto anche su beni nella disponibilità di un soggetto terzo, non indagato. Ciò che conta è la pertinenza della cosa rispetto al reato per cui si procede, non lo status giuridico di chi la possiede. Le argomentazioni del ricorrente, volte a dimostrare la sua estraneità ad altri procedimenti o a giustificare le sue conversazioni, sono state ritenute irrilevanti rispetto alla legittimità del sequestro stesso.

Conclusioni

La sentenza in esame consolida un importante principio in materia di indagini digitali. La distinzione tra il sequestro del ‘contenitore’ (il dispositivo) e l’autorizzazione all’analisi del ‘contenuto’ (i dati) è essenziale per un corretto svolgimento procedurale. Questa decisione conferma che un secondo decreto, finalizzato all’estrazione di una copia forense, non è un’inutile duplicazione, ma un passaggio logico e giuridicamente necessario per accedere alla prova digitale. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’impugnazione di tali atti deve concentrarsi non sulla presunta duplicazione, ma sulla specifica motivazione che giustifica l’accesso ai dati, verificando che il riferimento ad altri atti sia chiaro e che il quadro indiziario complessivo (il fumus) sia sufficientemente solido.

È possibile disporre un secondo decreto di sequestro per esaminare un bene già sequestrato in precedenza?
Sì. La Corte ha chiarito che un decreto che autorizza l’estrazione di una copia forense e l’esame del contenuto di un dispositivo (es. un cellulare) non è una duplicazione illegittima di un precedente sequestro del dispositivo stesso, ma un atto procedurale distinto e necessario per le indagini.

La motivazione di un decreto di sequestro probatorio deve contenere tutti i dettagli dei fatti?
Non necessariamente. La motivazione può essere considerata sufficiente anche quando fa riferimento ad altri atti del procedimento, indicati espressamente, dai quali emergono le ragioni e il ‘fumus commissi delicti’ che giustificano il provvedimento.

Il sequestro probatorio può essere eseguito solo nei confronti di una persona indagata?
No. Il sequestro probatorio non richiede che il soggetto a cui le cose sono sequestrate debba essere necessariamente l’indagato. È sufficiente che la cosa sia pertinente al reato, e può trovarsi anche nella disponibilità di un terzo estraneo ai fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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