Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9391 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9391 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
TERZA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Pakistan il 01/02/1998, avverso l’ordinanza del Tribunale della libertà di Udine del 23/07/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr.
NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23/07/2024, il Tribunale del riesame di Udine rigettava l’istanza di riesame presentata da NOME avverso il decreto di convalida da parte del pubblico ministero presso il Tribunale di Udine del sequestro operato dalla polizia giudiziaria in data 6 luglio 2024 in danno dell’odierno ricorrente in ordine al reato di cui all’articolo 73 d.P.R. 309/1990.
Avverso tale ordinanza ricorre, tramite il proprio difensore di fiducia, il Khan.
Con un unico motivo di doglianza, lamenta violazione degli articoli 253 e 355 cod. proc. pen. e correlato vizio di motivazione (per motivazione apparente e illogica).
Il ricorso, in realtà, sviluppa due distinte censure.
In primo luogo, si sostiene che non sussiste alcun vincolo di pertinenzialità tra la somma sequestrata al Khan e il reato al medesmo ascritto, in quanto le argomentazioni del provvedimento impugnato, quanto al fumus , non risultano ancorate al caso concreto, non avendo il Tribunale fornito alcuna prova della derivazione causale della somma sequestrata dall’attività di spaccio, ma avendo esposto mere supposizioni, a carattere esplorativo.
Inoltre, la motivazione Ł meramente apparente in riferimento alle esigenze probatorie che devono sorreggere il provvedimento ablativo, facendo riferimento a possibili sequestri da operare ai sensi
dell’articolo 321 cod. proc. pen., ma allo stato insussistenti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł fondato nei limiti che seguono.
La deduzione concernente la mancanza del vincolo di pertinenzialità tra la somma di danaro sequestrata Ł in parte inammissibile e in parte infondata.
Il Collegio evidenzia che, come ribadito anche dalla pronuncia citata dal ricorrente (Sez. 4, n. 12470 12/03/2024, Roggio, n.m.), il sequestro probatorio Ł un «mezzo di ricerca della prova» e può essere eseguito quando sussiste il fumus della commissione di un reato, inteso nella sua accezione materiale, senza che sia necessaria la sussistenza di gravi indizi della responsabilità dell’indagato. Tale mezzo di ricerca della prova Ł ritualmente disposto, purchØ sia ragionevolmente presumibile o probabile (anche sulla base di argomenti di carattere logico), la commissione di un reato (Sez. 3, n.6465 del 14/12/2007, dep.2008, COGNOME, Rv. 239159; Sez. 2, n. 84 del 16/01/1997, COGNOME, Rv. 203468).
In sede di riesame, il tribunale Ł chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli elementi su cui si fonda la notizia di reato a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278542; Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007). In altri termini: per ritenere la legittimità di un sequestro probatorio Ł sufficiente la sussistenza del fumus del reato unita alla «possibilità» che le cose oggetto del vincolo siano state utilizzate per commetterlo o ne costituiscano il prodotto, il profitto o il prezzo.
Qualora tale fumus emerga dalle indagini svolte, il sequestro Ł legittimo perchØ volto a stabilire (in sØ stesso o per le indagini che l’apprensione del bene rende possibile) se il collegamento pertinenziale tra la res e l’illecito, oltre che possibile, sia concretamente esistente (Sez. 6, n. 1683 del 27/11/2013, dep.2014, COGNOME, Rv. 258416; Sez. 2, n. 31950 del 03/07/2013, COGNOME, Rv. 255556; Sez. 3, n.13641 del 12/02/2002, COGNOME, Rv. 221275).
Muovendo da queste premesse, si Ł condivisibilmente affermato che «la motivazione dell’ordinanza confermativa del decreto di sequestro probatorio Ł meramente apparente – quindi censurabile con il ricorso per cassazione per violazione di legge – quando le argomentazioni in ordine al fumus del carattere di pertinenza ovvero di corpo del reato dei beni sottoposti a vincolo non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto» (Sez. 4, n. 43480 del 30/09/2014, COGNOME, Rv. 260314).
Il Tribunale, nel caso in esame, ha fornito congrua motivazione in ordine alla sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sia con riferimento alla detenzione a fini di spaccio che con riferimento ad una attività di spaccio pregressa.
Il Khan era infatti stato sorpreso a cedere una esigua quantità di cocaina e hashish e la successiva perquisizione del luogo di residenza consentiva il rinvenimento di ulteriori 42,3 gr. di hashish e della somma di euro 41.190,00.
Sotto il primo profilo, il provvedimento sottolinea che il rinvenimento di una somma in contanti così cospicua, occultata nel comodino e costituita da banconote di vario taglio, non può essere ricondotta ad attività lecita, stante l’assenza di stabile occupazione del Khan (così anche Sez. 2, n. 33943 del 15/03/2017, COGNOME, Rv. 270520 – 01).
Con riferimento al secondo profilo, il provvedimento aggiunge che l’esistenza di precedenti specifici e l’essere stato colto nell’atto di cedere a terzi due diverse sostanze, costituiscono circostanze che
consentono di ritenere che il ricorrente sia stabilmente dedito alla attività di spaccio.
Da ultimo, il provvedimento impugnato evidenzia che la deduzione secondo cui la somma sequestrata sarebbe in realtà appartenente ad altro soggetto, non era stata che labialmente dedotta e doveva quindi ritenersi generica.
D’altro canto, non può esservi dubbio sul fatto che la motivazione fornita dal Tribunale friulano non sia meramente apparente, ciò che determina l’inammissibilità della censura relativa al vizio di motivazione a norma dell’art. 325 c.p.p. (giusto il richiamo, che l’articolo 357 effettua, in materia di sequestro probatorio, all’articolo 324 cod. proc. pen.), a mente del quale il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali Ł ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mera apparenza della stessa (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
In tale categoria rientrano, in particolare, la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità manifesta o la contraddittorietà, le quali possono essere denunciate nel giudizio di legittimità soltanto tramite il motivo di ricorso ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen. (v., ex plurimis, sez. 5, 11 gennaio 2007, n. 8434, rv. 236255; sez. 6, 21 gennaio 2009, n. 7472, rv. 242916; sez. un., 28 gennaio 2004, n. 5876, rv. 226710).
Il motivo di ricorso Ł, pertanto, inammissibile quanto alla mancanza di motivazione e infondato quanto alla violazione di legge.
Il secondo profilo di doglianza, concernente la mancanza di motivazione in ordine alle esigenze probatorie sottese al sequestro, Ł invece fondato.
Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, «il denaro costituente corpo del reato può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che sia data idonea motivazione, non solo della sussistenza del nesso di derivazione o di pertinenza fra la somma sottoposta a sequestro ed il reato, ma anche delle specifiche esigenze probatorie in relazione alle quali Ł necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto» (Sez. 6, n. 21122 del 29/03/2017, COGNOME, Rv. 270785; Sez. 6, n. 23046 del 04/04/2017, Veizi, Rv. 270487; sull’argomento anche: Sez. 3, n. 11935 del 10/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 270698).
Sotto tale profilo, la motivazione del provvedimento impugnato Ł mancante.
Coglie infatti nel segno il ricorrente laddove sottolinea che la motivazione fornita dal Tribunale del riesame (pag. 2), secondo cui l’asserita esistenza di dubbi sulla necessità di persistenza del vincolo a fini probatori si scontrerebbe con «la patente sproporzione tra somme detenute e redditi ufficiali (pari a zero) che renderebbe ipotizzabili ulteriori vincoli a fini di confisca quanto meno ai sensi dell’articolo 85bis d.P.R. 309/1990, se del caso cautelati con provvedimenti ulteriori ex art. 321 cod. proc. pen.» Ł meramente apparente, in quanto non costituisce spiegazione plausibile della sussistenza di specifiche esigenze probatorie, bensì mera indicazione di possibili, futuri (e allo stato incerti) sviluppi ablatori sul bene in sequestro.
Ed infatti, se Ł vero che, ai sensi dell’articolo 262, comma 3, cod. proc. pen., «non si fa luogo alla restituzione e il sequestro Ł mantenuto ai fini preventivi quando il giudice provvede a norma dell’articolo 321», Ł altresì vero, per un verso, che tale provvedimento di conversione del sequestro deve sussistere e non essere meramente ipotizzato o auspicato; per altro verso, in tal caso il thema decidendum non sarebbe piø costituito dalla contestazione dell’esigenza probatoria, bensì di quella cautelare preventiva sottesa ai due commi di cui all’articolo 321 del codice di rito, ossia elemento del tutto estraneo al perimetro della presente vicenda.
Si impone pertanto, in accoglimento del profilo di censura in parola, l’annullamento senza rinvio del
provvedimento impugnato, nonchØ del decreto di convalida del decreto di sequestro probatorio operato il 6/7/2024, con restituzione della somma in sequestro all’avente diritto.
P.Q.M
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata nonchØ il decreto di convalida del sequestro probatorio del 6/7/2024 e ordina il dissequestro e la restituzione all’avente diritto della somma di denaro in sequestro.
Manda alla cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art.626 cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 21/01/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente COGNOME NOME
NOME COGNOME