Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 24671 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 24671 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Rovereto il 08/08/1979
avverso l’ordinanza emessa in data 24/12/2024 dal Tribunale di Trento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME e l’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso il decreto di perquisizione
personale, locale e informatica e del contestuale sequestro disposto dal Pubblico Ministero del Tribunale di Trento in data 26 novembre 2024.
NOME COGNOME nel presente procedimento è sottoposto a indagine per i reati di cui agli artt. 416; 416-bis, 319-quater, 326, 346-bis, 353 e 479 cod. pen., e di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74 del 2000.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso questa ordinanza e ne chiedono l’annullamento, deducendo quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, i difensori censurano l’inosservanza dell’art. 253 cod. proc. pen., in quanto il sequestro disposto avrebbe un’evidente vocazione esplorativa, come sarebbe dimostrato tanto dall’indiscriminata apprensione di interi dispositivi rinvenuti nella disponibilità dell’indagato, quanto dall propensione a «ricercare indizi di reati teleologicamente connessi a quelli interessati dalla misura», come indicato a pag. 39 del decreto di sequestro.
2.2. Con il secondo motivo i difensori deducono la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., in quanto il Pubblico Ministero e il Tribunale non hanno eseguito il vaglio preventivo volto ad assicurare che il vincolo cautelare reale fosse rispettoso dei principi di adeguatezza e proporzionalità e stretta necessarietà.
Il sequestro disposto ha, infatti, attinto indiscriminatamente tutto il materiale informatico e telematico rinvenuto nei dispositivi (smartphone, pc, tablet, USB, Ipad, account di posta elettronica) in uso all’indagato, senza indicazione di alcun criterio di selezione o altra modalità operativa. Il compendio dei beni sequestrati anche al ricorrente sarebbe vastissimo e, dunque, non commisurato alle finalità probatorie.
L’ammontare della memoria sequestrata sul Dropbox in uso alla società RAGIONE_SOCIALE, di circa 8 tetrabyte, è di circa 52 milioni di pagine di documenti, cui si aggiungono i contenuti di tutti i devices sequestrati.
Il sequestro disposto, dunque, sarebbe sproporzionato, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, rispetto alla specifica finalità probatoria perseguita.
Il Pubblico Ministero, indipendentemente da un generico riferimento alla giurisprudenza in tema di proporzionalità, non avrebbe chiarito le ragioni per le quali sia stato necessario disporre un sequestro esteso e “onnivoro”, senza indicare le parole-chiave e i criteri che avrebbero dovuto presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nei dispositivi.
Il Pubblico Ministero, inoltre, avrebbe omesso di indicare il timing delle operazioni di sequestro e di selezione, con restituzione anche della copia dei dati informatici non rilevanti (la c.d. copia mezzo).
2.3. Con il terzo motivo i difensori eccepiscono l’inosservanza degli artt. 234 e 253 cod. proc. pen., interpretati in conformità alla direttiva 2002/58/CE, come
modificata dalla direttiva – 2009/136/CE del 25-novembre 2009 e interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 2 marzo 2021, C-746/18, Hk. RAGIONE_SOCIALE
·I principi di garanzia affermati dalla Corte·di giustizia per i dati·esterni delle comunicazioni, infatti, non possono che valere anche per il contenuto delle stesse, ove acquisito tramite sequestro di telefoni cellulari e di chat, e questi principi sono di applicazione immediata e diretta.
Questi dati, dunque, non possono essere acquisiti dal pubblico ministero in assenza di una previa autorizzazione di un giudice terzo.
La Corte costituzionale, peraltro, nella sentenza n. 1780 del 2023 ha riconosciuto la natura di corrispondenza e non di mero documento, liberamente acquisibile, delle comunicazioni non più in itinere, ma acquisite dopo la loro ricezione da parte del destinatario.
In subordine, i difensori chiedono di sollevare rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, affinché chiarisca se l’art. 15, par. 1, della direttiva 2002/58/CE, come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del 25 novembre 2009, osti a una normativa nazionale che consente all’organo della pubblica accusa di accedere, senza preventiva autorizzazione di un’autorità giudiziaria terza, imparziale e indipendente, alle comunicazioni elettroniche (telefoniche e telematiche).
2.4. Con il quarto motivo i difensori deducono la violazione dell’art. 254, comma 2, cod. proc. pen., in quanto il decreto di sequestro non recherebbe l’autorizzazione alla polizia giudiziaria ad esaminare la corrispondenza degli indagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere accolto.
2. Con il primo motivo, i difensori censurano l’inosservanza dell’art. 253 cod. proc. pen., in quanto il sequestro disposto avrebbe un’evidente vocazione esplorativa.
3. Il motivo è fondato.
Secondo le Sezioni unite di questa Corte, il decreto di sequestro probatorio – così come il decreto di convalida – anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti (Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548 – 01).
Il Tribunale del riesame, tuttavia, non ha fatto corretta applicazione di questi consolidati principio di diritto, in quanto ha motivato in modo solo apparente in ordine alle specifiche finalità probatorie del sequestro disposto, riferendosi alle generalità dei reati contestati nel presente procedimento penale e alla totalità degli imputati.
4. Con il secondo motivo i difensori deducono la violazione dell’art. 275 cod. proc. pen., in quanto il Pubblico Ministero e il Tribunale non hanno eseguito il vaglio preventivo volto ad assicurare che il vincolo cautelare reale fosse rispettoso dei principi di adeguatezza e proporzionalità e stretta necessarietà.
5. Il motivo è fondato.
Il Tribunale del riesame ha, infatti, motivato in termini puramente apparenti anche sulla censura relativa alla proporzionalità del sequestro.
Il giudice, in tema di impugnazione delle misure cautelari, sia pure con motivazione sintetica, deve, dunque, dare ad ogni deduzione difensiva puntuale risposta, incorrendo in caso contrario, nel vizio, rilevabile in sede di legittimità, d violazione di legge per carenza di motivazione (Sez. 6, n. 31362 del 08/07/2015, COGNOME, Rv. 264938 – 01; Sez. 5, n. 45520 del 15/07/2014, COGNOME, Rv. 260765 – 01, in applicazione del principio, in entrambe le pronunce la Corte ha annullato l’ordinanza che aveva confermato il provvedimento cautelare senza preoccuparsi di confutare le specifiche deduzioni formulate in una memoria depositata dal difensore all’udienza camerale fissata per il giudizio di riesame).
Il Tribunale ha rilevato che «isulta del tutto infondato il secondo motivo, potendo l’eseguito sequestro, essere considerato adeguato e proporzionato, quantitativamente e qualitativamente, rispetto alle predette finalità probatorie. Infatti, il numero di reati contestati all’indagato, in uno al fatto che egli risu ricoprire cariche in ben 28 imprese e che le intercettazioni hanno dato conto del suo coinvolgimento in un rilevantissimo numero di episodi, a loro volta coinvolgenti esponenti politici, giornalisti, professionisti, imprenditori, soggetti appartenenti alla pubblica amministrazione e rappresentanti del mondo bancario e finanziario, rende del tutto proporzionato il sequestro di una quantità ingente di materiale, anche custodito su de vice e supporti informatici, come opportunamente specificato nel provvedimento gravato».
Questa motivazione, tuttavia, elude integralmente il necessario vaglio preventivo di proporzionalità del sequestro.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, i decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della
proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato ·nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perinnetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358 – 03).
È illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione (Sez. 6, n. 6623 del 09/12/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280838 – 01, fattispecie relativa a sequestro di un telefono cellulare e di un tablet).
Il Pubblico Ministero, inoltre, indipendentemente da un generico riferimento alla giurisprudenza in tema di proporzionalità, non ha chiarito le ragioni per le quali sia stato necessario disporre un sequestro esteso e “onnivoro”, senza indicare le parole-chiave e i criteri che avrebbero dovuto presiedere alla selezione del materiale informatico archiviato nei dispositivi.
L’accoglimento di questi motivi di ricorso, in ragione della loro valenza pregiudiziale, esime dal delibare le ulteriori censure proposte dal ricorrente.
6. Alla stregua di tali rilievi, l’ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio, unitamente al decreto di sequestro emesso dal P.M. presso il Tribunale di Trento in data 26 novembre 2024, in ragione delle proprie carenze genetiche.
All’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nonché del decreto di sequestro probatorio, consegue la restituzione al ricorrente dei beni acquisiti, ivi compresa la copia integrale del contenuto dei supporti informatici.
Le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di sequestro di materiale informatico, hanno, infatti, affermato che la mera reintegrazione nella disponibilità del titolare del bene fisico oggetto di un sequestro probatorio non elimina il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla «disponibilità esclusiva del “patrimonio informativo”» (Sez. U, n. 40963 del 20/07/2017, COGNOME, Rv. 270497 – 01), tutelati anche dall’art. 8 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea e dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La restituzione conseguente all’annullamento del sequestro probatorio deve, pertanto, avere ad oggetto non solo i supporti materiali sequestrati; ma anche i
dati estrapolati dagli stessi.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e il decreto del 26 novembre 2024 del
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento e ordina la restituzione all’avente diritto di quanto in sequestro. Manda alla cancelleria per l’immediata
comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 17/04/2025.