LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro probatorio: i requisiti di motivazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un sequestro probatorio di magliette sportive contraffatte. La Corte ha stabilito che la motivazione del decreto di sequestro, anche se minima, è sufficiente se indica la condotta ipotizzata, la norma violata e il legame tra i beni sequestrati e le necessità investigative. Il ‘fumus commissi delicti’ può basarsi su indizi fattuali come la somiglianza di colori e loghi, senza necessità di una prova certa della contraffazione in fase cautelare.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio e Contraffazione: Quando è Legittimo?

Il sequestro probatorio è uno strumento investigativo cruciale, ma la sua legittimità dipende da una motivazione adeguata che ne giustifichi la necessità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15985 del 2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti minimi di motivazione, specialmente nei casi di presunta contraffazione di prodotti. Analizziamo come la Corte ha bilanciato le esigenze investigative con i diritti dell’indagato.

Il Caso: Sequestro di Magliette Sportive Contraffatte

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Napoli, che confermava un decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero. L’oggetto del sequestro erano venticinque magliette che riportavano loghi e colori di una nota società sportiva. Secondo l’accusa, tali beni costituivano il corpo dei reati di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.).

L’indagato, ritenendo il provvedimento illegittimo, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. A suo dire, il decreto era generico e non spiegava le concrete esigenze probatorie che giustificavano il mantenimento del vincolo sui beni.

I Motivi del Ricorso e la Tesi Difensiva

La difesa dell’indagato ha sostenuto che il provvedimento di sequestro fosse radicalmente viziato. In particolare, si contestava:

1. Mancanza di motivazione: Il decreto si sarebbe limitato a indicare le norme di legge violate (art. 474 e 648 c.p.) senza descrivere in modo specifico la condotta illecita, le coordinate spazio-temporali del reato e, soprattutto, le finalità investigative perseguite.
2. Valutazione astratta del fumus commissi delicti: Il Tribunale avrebbe confermato il sequestro basandosi su una valutazione astratta della somiglianza dei prodotti, senza avere elementi concreti (come fotografie o documenti) per accertare l’effettiva capacità ingannatoria delle magliette.
3. Natura dei prodotti: La difesa ha argomentato che le magliette non erano una replica o un’imitazione, ma “qualcosa di nuovo”, solo concettualmente legato alla squadra di calcio, e che l’uso di immagini di un calciatore iconico o di simboli della città rientrasse nell’uso comune, non tutelabile da marchio.

La Decisione della Cassazione sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un’attenta analisi dei limiti del sindacato di legittimità in materia di misure cautelari reali e dei requisiti necessari per un valido sequestro probatorio.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: nel ricorso per cassazione avverso un’ordinanza di riesame di un sequestro, è possibile denunciare solo la “violazione di legge”, che include la mancanza assoluta di motivazione o una motivazione puramente apparente. Non è invece ammissibile contestare la logicità o la coerenza delle argomentazioni del giudice di merito.

Le Motivazioni della Corte Suprema

Nel dettaglio, i giudici hanno spiegato perché il provvedimento impugnato non presentava vizi di legittimità:

* Sufficiente individuazione della fattispecie: Il provvedimento aveva correttamente individuato i reati ipotizzati (artt. 474 e 648 c.p.) e i connotati fattuali della condotta, ovvero la detenzione per la vendita di magliette con logo contraffatto. Questo, secondo la Corte, era sufficiente a delineare il quadro investigativo.
Presenza del fumus commissi delicti: Il Tribunale aveva correttamente ritenuto sussistente il fumus* (la parvenza di reato) sulla base di elementi fattuali concreti. Le magliette presentavano colori analoghi a quelli sociali della squadra e effigi o scritte solo minimamente differenti dai marchi ufficiali. Questi indizi, sebbene non costituissero una prova piena, erano sufficienti a rivelare profili di contraffazione e a giustificare il sequestro per approfondimenti.
* Finalità probatoria implicita: La Corte ha chiarito che, trattandosi di beni costituenti il corpo del reato, la finalità del sequestro probatorio è intrinseca alla necessità di accertare le modalità della contraffazione e la loro confondibilità con i prodotti originali. Non è richiesta una motivazione prolissa quando l’esigenza investigativa è evidente.
* Competenza del giudice del merito: Stabilire il livello di capacità imitativa di un marchio o l’esistenza di un falso grossolano sono valutazioni che spettano al giudice della cognizione (il processo), non al giudice del riesame in fase cautelare.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale pragmatico e attento alle esigenze investigative. Le conclusioni principali che se ne possono trarre sono:

1. Motivazione minima ma sufficiente: Per la validità di un sequestro probatorio, non è necessaria una motivazione complessa. È sufficiente che il decreto indichi, anche in modo embrionale, la condotta contestata, le norme violate e il collegamento tra i beni e il reato, rendendo chiare le finalità di accertamento dei fatti.
2. Il fumus non è prova piena: In fase cautelare, per giustificare un sequestro, basta la presenza di indizi che rendano plausibile la commissione di un reato. La prova definitiva della contraffazione sarà oggetto del successivo giudizio.
3. Limiti del ricorso in Cassazione: Il ricorso contro un sequestro può essere proposto solo per violazioni di legge evidenti, come una motivazione inesistente o apparente, e non per contestare la valutazione logica degli indizi fatta dal Tribunale del Riesame.

Cosa si intende per motivazione sufficiente in un decreto di sequestro probatorio?
Secondo la sentenza, è sufficiente una motivazione che, anche in modo sintetico, descriva la condotta ipotizzata a carico dell’indagato, la sua riconducibilità a una fattispecie di reato, la natura dei beni da sequestrare e il loro legame con l’ipotesi criminosa e le necessità di accertamento dei fatti.

È necessario provare che un prodotto è contraffatto per poterlo sequestrare?
No, in fase di sequestro probatorio non è richiesta la prova piena della contraffazione. È sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ovvero la presenza di indizi fattuali (come la somiglianza di colori, loghi o scritte) che rendano plausibile il reato e giustifichino la necessità di ulteriori approfondimenti investigativi.

Per quali motivi si può contestare un’ordinanza sul sequestro probatorio davanti alla Corte di Cassazione?
Il ricorso per cassazione avverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame in materia di sequestro probatorio è consentito solo per ‘violazione di legge’. Ciò include la mancanza totale di motivazione o una motivazione meramente apparente, ma non l’illogicità o la contraddittorietà delle argomentazioni del giudice, che attengono al merito della valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati