Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1329 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1329 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SEYE SERIGNE GLYPH
nato in SENEGAL il 07/04/1960
avverso la ordinanza del 05/09/2023 del TRIBUNALE DI VIBO VALENTIA
visti gli atti, il provvedirnento impugnato eh ricorso’,’ udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza del 5 settembre 2023 il Tribunale di Vibo Valentia rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di COGNOME sottoposto a indagini per i reati previsti dagli artt. 474 e 648 cod. pen., avverso il decreto di convalida del sequestro di merce recante marchi ritenuti contraffatti emesso dal Pubblico ministero presso lo stesso Tribunale.
Ha proposto ricorso l’indagato, a mezzo dei propri difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza in ragione dei seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’art. 253 cod. proc. pen., in quanto il decreto del Pubblico Ministero, impugnato con la richiesta di riesame, “è certamente assente e/o carente di idonea motivazione in relazione al legame verosimilmente esistente tra i verbali di sequestro e la convalida, oltre che al reato presumibilmente consumato”.
2.2. Violazione dell’art. 354 cod. proc. pen., in quanto nel decreto di convalida non sono state indicate le specifiche esigenze probatorie e non sussiste il fumus commissi delicti, cosicché la merce va restituita al proprietario che non può “in alcun modo protrarre né aggravare le conseguenze del reato”.
2.3. Violazione dell’art. 362 cod. proc. pen., in quanto “la misura in atto impedisce al ricorrente di poter lavorare essendo sprovvisto degli strumenti”, in contrasto con l’art. 4 della Costituzione.
2.4. Mancata valutazione delle prove.
In virtù dell’accertata buona fede del ricorrente, potrebbe tuttalpiù essere ravvisabile il reato di incauto acquisto.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 112), in mancanza di alcuna richiesta di discussione orale, nei termini ivi previsti; il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi generici, non consentiti e manifestamente infondati, che possono essere congiuntamente trattati.
Va premesso che, secondo la costante giurisprudenza di legittimità, «il sindacato della Cassazione in tema di ordinanze del riesame relative a provvedimenti reali è circoscritto alla possibilità di rilevare ed apprezzare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: una violazione che la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, uniformandosi al principio enunciato da Sez. U, n. 5876, del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710, riconosce unicamente quando sia constatabile la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata alla inosservanza di precise norme processuali»
(così Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, non mass. sul punto; successivamente, in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, Napoli, Rv. 269656; Sez. 2, n. 5807 del 18/01/2017, COGNOME, Rv. 269119; da ultimo v. Sez. 3, n. 14977 del 25/02/2022, COGNOME, Rv. 283035).
La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermazione di un altro principio in tema di sequestro probatorio: in sede di riesame il Tribunale è chiamato a verificare l’astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando i fumus commissi delitti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell’accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini pe acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza l sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria. Ciò vale «evidentemente anche con riferimento all’elemento soggettivo del reato, il cui accertamento nel merito si fonda, come quello sull’elemento oggettivo, proprio sulle ulteriori indagini cui il sequestro probatorio è preordinato. Infatti, richiedere l’esistenza ex ante della prova dell’elemento soggettivo del reato al fine di consentire il sequestro probatorio significherebbe vanificare la portata di tale strumento, che è invece finalizzato proprio alla ricerca della prova» (così Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278542; in senso conforme v. Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, COGNOME, Rv. 267007; Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 263053; Sez. 3, n. 15177 del 24/03/2011, COGNOME, Rv. 250300; da ultimo cfr. Sez. 3, n. 45171 del 13/10/2023, RAGIONE_SOCIALE non mass.).
6. Nel caso di specie la motivazione dell’ordinanza non è affatto mancante o apparente: il Tribunale ha adeguatamente motivato sulla sussistenza del fumus dei reati contestati sulla base di valutazioni di ordine logico già presenti nel verbale di sequestro convalidato dal Pubblico ministero, avuto anche riguardo al delitto di ricettazione (in ordine alla buona fede del ricorrente il Tribunale si limitato a evidenziare la contraddittorietà della deduzione difensiva con l’asserita grossolanità della contraffazione della merce), e ha osservato, quanto alla esigenza probatoria, che nel decreto impugnato vi era l’indicazione della necessità di espletare indagini di tipo tecnico sui beni sequestrati al fine di verificare con certezza la contraffazione, in conformità al principio ribadito dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n, 36072 del 19/03/2018, COGNOME, Rv. 273548). secondo il quale il decreto di decreto di convalida del sequestro probatorio, così come il decreto di sequestro, anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione che, per quanto
concisa, dia conto specificatamente della finalità perseguita per l’accertamento dei fatti.
Il ricorrente ha poi richiamato un presupposto (quello previsto dall’art. 321, comma 1, cod. proc. pen.) che attiene al sequestro preventivo di tipo impeditivo e non già al sequestro probatorio, invocando la tutela costituzionale del diritto al lavoro, che evidentemente non può operare qualora si tratti di un’attività svolta attraverso la disponibilità di beni provento di delitto, addirittura destinati all vendita.
All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/12/2023.