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Sequestro probatorio e motivazione: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro un’ordinanza di sequestro probatorio di un telefono cellulare, confermando la sua legittimità. Il sequestro era stato disposto nell’ambito di indagini per riciclaggio e ricettazione. La Corte ha ritenuto sufficiente la motivazione del provvedimento, che indicava i reati ipotizzati e la finalità probatoria, e ha giudicato proporzionata la misura, sottolineando la necessità di verificare la provenienza illecita di ingenti somme di denaro trovate in possesso dell’indagato, a fronte di giustificazioni ritenute poco plausibili.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio di Smartphone: Requisiti di Motivazione e Proporzionalità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34791/2025, si è pronunciata su un caso riguardante la legittimità di un sequestro probatorio di un telefono cellulare nell’ambito di indagini per riciclaggio e ricettazione. Questa decisione offre importanti chiarimenti sui requisiti di motivazione del decreto di sequestro e sull’applicazione del principio di proporzionalità quando l’oggetto del vincolo è un dispositivo elettronico contenente una vasta mole di dati personali.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un’indagine a carico di un cittadino per i reati di riciclaggio e ricettazione. In particolare, l’indagato era stato visto consegnare a un terzo soggetto una busta contenente 50.000 euro. Una successiva perquisizione presso la sua abitazione aveva portato al rinvenimento di un’ulteriore ingente somma, pari a 493.000 euro, nascosta nel vano contenitore del letto matrimoniale. Nel corso di queste operazioni, le forze dell’ordine avevano proceduto al sequestro probatorio del suo smartphone.

Il Tribunale del riesame aveva confermato la legittimità del sequestro, respingendo l’istanza dell’indagato. Quest’ultimo ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha articolato il ricorso su tre punti principali:

1. Mancanza di motivazione: Secondo il ricorrente, il decreto di convalida del sequestro era nullo perché non motivava a sufficienza sulla sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero sulla concreta configurabilità dei reati ipotizzati, limitandosi a giustificare le esigenze probatorie.
2. Insussistenza del fumus: La difesa sosteneva che il mero rinvenimento di ingenti somme di denaro, pur in assenza di redditi leciti documentati, non fosse di per sé sufficiente a ipotizzare il reato di ricettazione. A giustificazione della somma, l’indagato adduceva di aver ricevuto il denaro come regalo per il suo recente matrimonio.
3. Violazione del principio di proporzionalità: Si lamentava che il sequestro fosse sproporzionato, in quanto non definiva in modo specifico quali dati (messaggistica, corrispondenza) dovessero essere analizzati, sottoponendo a vincolo l’intero contenuto del dispositivo.

L’Analisi della Corte sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, rigettandolo integralmente e fornendo una dettagliata analisi su ciascuno dei motivi sollevati.

La questione della motivazione del decreto

Sul primo punto, la Corte ha stabilito che la motivazione del decreto di sequestro era adeguata. Il provvedimento indicava chiaramente i capi d’imputazione provvisori, le norme di legge violate e descriveva in modo compiuto le condotte contestate. Inoltre, richiamava i verbali di perquisizione e sequestro, motivando la necessità di analizzare il telefono per trovare elementi utili all’accusa. Secondo la Suprema Corte, in un caso come questo, dove l’oggetto sequestrato è il telefono dell’indagato, la motivazione deve concentrarsi sul fumus del reato e sulla finalità probatoria, elementi che nel caso di specie erano stati sufficientemente esposti per consentire alla difesa di comprendere le ragioni della misura.

La sussistenza del ‘fumus commissi delicti’

La Cassazione ha giudicato manifestamente infondata anche la censura relativa all’insussistenza del fumus. La Corte ha sottolineato che, in fase di indagini preliminari, il giudice non deve accertare la fondatezza dell’accusa, ma solo l’idoneità degli elementi a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini. Nel caso specifico, la giustificazione fornita dall’indagato (regali di nozze) è stata ritenuta ‘inverosimile’ e bisognosa di verifica, soprattutto alla luce della consegna di 50.000 euro in contanti a un’altra persona, rimasta priva di spiegazione. Questi elementi, nel loro complesso, erano più che sufficienti a integrare il fumus richiesto per il sequestro probatorio.

Il principio di proporzionalità del sequestro probatorio

Infine, la Corte ha respinto il motivo relativo alla violazione del principio di proporzionalità. Pur ribadendo che tale principio è fondamentale per evitare misure inutilmente vessatorie, i giudici hanno osservato che il decreto del Pubblico Ministero aveva adeguatamente perimetrato le indagini da compiere sul dispositivo. Il provvedimento specificava che la ricerca era finalizzata a trovare ‘dati suscettibili di avvalorare l’ipotesi investigativa’ e a ‘identificare gli eventuali correi’. Inoltre, era stato previsto che l’estrazione dei dati sarebbe stata delegata a un consulente tecnico, da eseguirsi entro 60 giorni. Questa modalità, secondo la Corte, garantisce un corretto bilanciamento tra le esigenze investigative e il diritto alla privacy dell’indagato, risultando conforme ai più recenti orientamenti giurisprudenziali.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Suprema Corte si fondano su un’interpretazione pragmatica delle norme procedurali. La decisione evidenzia che l’obbligo di motivazione per un sequestro probatorio deve essere modulato in base alla natura del bene sequestrato e alla fase del procedimento. Nel caso di un dispositivo elettronico appartenente all’indagato, è sufficiente che il decreto chiarisca i reati per cui si procede e la finalità della ricerca di prove digitali. La Corte ha inoltre rafforzato il principio secondo cui, in sede di riesame, la valutazione del fumus commissi delicti ha natura sommaria e non deve trasformarsi in un giudizio anticipato sulla colpevolezza. Infine, la decisione sottolinea che la proporzionalità del sequestro di dati informatici è assicurata quando vengono fissati criteri di selezione e limiti temporali per l’analisi, anche se l’apprensione iniziale riguarda l’intero dispositivo.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma la legittimità dell’approccio investigativo che, di fronte a gravi indizi di reati finanziari e a giustificazioni poco credibili, ricorre al sequestro probatorio di dispositivi elettronici. La Corte di Cassazione stabilisce che la motivazione del provvedimento è sufficiente se indica chiaramente lo scopo dell’indagine, e che la misura è proporzionata se l’analisi dei dati viene circoscritta sia nell’oggetto che nel tempo. Questa pronuncia rappresenta un punto di riferimento importante per bilanciare efficacemente le esigenze di accertamento della verità processuale con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo nell’era digitale.

Quando un decreto di sequestro probatorio è considerato sufficientemente motivato?
Secondo la sentenza, un decreto di sequestro probatorio è sufficientemente motivato quando indica le norme di legge che si presumono violate, descrive compiutamente i fatti contestati e gli estremi di tempo e luogo, e chiarisce le finalità investigative per cui il sequestro è necessario, consentendo così alla difesa di comprendere le ragioni della misura.

Il rinvenimento di una grossa somma di denaro nascosta basta a giustificare un sequestro per ricettazione?
Nella fase delle indagini preliminari, sì. La Corte ha stabilito che la presenza di ingenti somme di denaro, unita a modalità di occultamento anomale, alla mancanza di una giustificazione plausibile e ad altri elementi indiziari (come la consegna non giustificata di altro denaro), è sufficiente a integrare il ‘fumus commissi delicti’ necessario per disporre e mantenere un sequestro probatorio.

Il sequestro dell’intero contenuto di un telefono cellulare viola il principio di proporzionalità?
Non necessariamente. La Corte ha chiarito che il sequestro è proporzionato se il decreto individua il perimetro delle indagini da effettuare, specifica la tipologia di dati da estrapolare in funzione dell’ipotesi investigativa e prevede modalità e tempi definiti per l’analisi (ad esempio, delegando l’operazione a un consulente tecnico entro un termine certo), al fine di restituire i dati non rilevanti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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