Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24064 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24064 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 07/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a San Severino Marche il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 10/10/2023 del Tribunale di Macerata visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 10 ottobre 2023, il Tribunale di Macerata ha rigettato la richiesta di riesame, avverso il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero presso il Tribunale di Macerata il 2 settembre 2023, riferita alla somma di euro 22.075,00 e a una carta Postepay, in relazione al reato continuato di cui all’art. 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990.
Avverso l’ordinanza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 253 e 355 cod. proc. pen., quanto all’omessa indicazione specifica, nel decreto di convalida del sequestro probatorio, delle ragioni che giustificano in concreto la necessità dell’acquisizione dei beni per l’accertamento dei fatti. Tali ragioni non potrebbero consistere nella semplice provenienza illecita del denaro né nell’affermazione del pubblico ministero secondo cui la carta Postepay può ritenersi assimilata al denaro a fini probatori.
La difesa ha ribadito la sua posizione con successiva memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La non essenzialità dell’apprensione dei beni oggetto di sequestro ai fini della prova del reato sembra emergere dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato, da cui si evince come – a livello indiziario – la disponibilità del denaro e della carta Postepay in capo all’indagato sia stata già accertata.
Deve ricordarsi, in punto di diritto, che il denaro non può essere sottoposto a sequestro probatorio in assenza di specifici elementi dai quali sia desumibile che la prova del reato discenda non dal semplice accertamento dell’esistenza di un quantitativo di denaro che costituisce corpo del reato, ma dal denaro stesso, nella sua materialità, che si intende sequestrare (ex plurimis, Sez. 2, n. 33943 del 15/03/2017, Rv. 270520; Sez. 6, n. 21122 del 29/03/2017, Rv. 270785; Sez. 3, n. 36921 del 27/05/2015, Rv. 265009). In particolare, il denaro, anche qualora costituisca corpo del reato, può essere oggetto di sequestro probatorio a condizione che le banconote o le monete sequestrate abbiano una specifica connotazione identificativa in relazione al fatto da provare, essendo altrimenti sufficiente la documentazione del possesso di una determinata somma (ex multis, Sez. 5, n. 4605 del 27/11/2015, dep. 03/02/2016, Rv. 265622). Infatti, il denaro, anche nelle ipotesi in cui integri il corpo del reato, è privo di connotazioni identificative e dimostrative, salvo che proprio quelle banconote o monete, ad esempio perché contrassegnate o sospettate di falsità, occorrano al processo come elemento di tipo probatorio (ex multis, Sez. 6, n. 37987 del 06/07/2016; Sez. 2, n. 4155 del 20/01/2015, Rv. 262379). Diversamente il denaro sarà semmai suscettibile di sequestro preventivo.
Analoghe considerazioni valgono in relazione alle carte Postepay e ad analoghi strumenti di pagamento, a condizione che sia stato accertato l’ammontare del relativo conto e la disponibilità degli stessi in capo all’indagato. Infatti neanche lo strumento fisico della carta, salvi casi particolari in relazione ai quali deve essere
fornita specifica motivazione, presenta di regola connotazioni identificative in relazione al fatto da provare.
Da quanto precede consegue che l’affermazione del Tribunale secondo cui il denaro profitto del reato e la carta Postepay, riferita a un conto sul quale è depositato altro profitto del reato, sono necessari ai fini della prova del reato stesso, che riprende analoghe affermazioni del pubblico ministero, è logicamente contraddetta dalla circostanza – apparentemente risultante dalla stessa motivazione del provvedimento impugnato – dell’avvenuto accertamento della disponibilità di tali beni in capo all’imputato, nonché della loro consistenza, non venendo in rilievo nel caso di specie questioni relative alle singole banconote o alle caratteristiche fisiche della carta in questione, che possano richiedere ulteriori specifici accertamenti istruttori.
Di conseguenza, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, al Tribunale di Macerata, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al Tribunale di Macerata, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 07/03/2024.