Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8991 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8991 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME nato a Torino il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Reggio Calabria il 7 agosto 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO che ha replicato al Pubblico ministero insistendo nei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria sezione del riesame ha respinto la richiesta proposta nell’interesse di NOME avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal AVV_NOTAIO della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria il 5 luglio 2023 nei confronti del ricorrente, indagato in ordine ai reati di usura aggravata dal metodo mafioso.
Il decreto di sequestro è stato emesso a seguito di perquisizione domiciliare, nel corso della quale è stata rinvenuta la somma di denaro in contanti pari ad oltre 150.000 euro suddivisa e custodita in diverse zone dell’abitazione dell’indagato.
2.Avverso detta ordinanza propone ricorso l’indagato deducendo:
2.1 violazione di legge poiché nel decreto di perquisizione e sequestro del 5 luglio eseguito il 10 luglio 2023 il Pubblico ministero non disponeva la perquisizione domiciliare con lo scopo di rinvenire somme di denaro, nè delegava la P.G. a ricercarle.
Il ricorrente, pertanto, impugnava il sequestro non risultando in alcun modo specificato né la sussistenza di un nesso di pertinenza tra la somma sottoposta a sequestro e il reato ipotizzato, nè le esigenze probatorie in relazione alle quali sarebbe stato necessario sottoporre a vincolo il denaro rinvenuto. Il tribunale affermava che le attività di perquisizione era-dirette al sequestro di documentazione e di quant’altro utile all’accertamento del reato e il rinvenimento delle somme di denaro deve ritenersi funzionale all’accertamento della commissione del delitto provvisoriamente ascritto, fornendo riscontro ai risultati delle indagini svolte.
Osserva il ricorrente che l’ordinanza impugnata così come il decreto del pubblico ministero mancano di motivazione sulle esigenze probatorie, che rappresentano il presupposto per l’imposizione del vincolo probatorio, mentre il provvedimento ablativo viene analizzato dal tribunale come se si trattasse di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca del denaro, valorizzando il nesso di pertinenzialità tra il reato e il denaro. Ricorda il ricorrente che secondo giurisprudenza consolidata si può disporre il sequestro probatorio di somme di denaro, purché si sia dimostrato non soltanto la pertinenza con la fattispecie ipotizzata ma anche le esigenze probatorie per le quali è necessario sottoporre a vincolo il denaro.
2.2 Violazione di legge e in particolare dell’art. 253 cod. proc. pen. poiché il tribunale ha respinto la richiesta di riesame affermando che la somma di denaro deve considerarsi corpo di reato, trattandosi di beni a mezzo dei quali è stato realizzato il reato di usura contestato, ma lo strumento previsto dall’articolo 253 cod.proc.pen. si caratterizza per la sua finalità probatoria e il presupposto essenziale per la legittimità del vincolo è l’esistenza di una relazione specifica e qualificata tra la cosa da sequestrare e l’ipotesi di reato.
La mancanza di motivazione in ordine alla rilevanza probatoria del sequestro comporta la nullità del provvedimento.
2.3 Violazione di legge per la mancata convalida del sequestro eseguito di iniziativa dalla PG visto che il denaro non era menzionato. Il decreto di sequestro probatorio, anche qualora abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una motivazione pur concisa sulle esigenze probatorie, mentre nel caso di specie l’ordinanza impugnata non specifica quale sia la finalità probatoria, neppure mediante il richiamo al decreto iniziale di sequestro. In presenza di sequestro di denaro di provenienza illecita avrebbe dovuto disporsi un sequestro preventivo e l’ordinanza impugnata deve essere annullata.
2.4 Violazione di legge e in particolare dell’art. 355 cod.proc.pen. in relazione alla mancata convalida del sequestro eseguito di iniziativa dalla PG., visto che il denaro non era menzionato tra i beni individuati nel decreto di ispezione, perquisizione e sequestro
emesso dal pubblico ministero. Il ricorrente ricorda che la Suprema Corte ha stabilito che va considerato sequestro di Polizia Giudiziaria quello eseguito in esecuzione di un decreto del PM tutte le volte in cui non sia rimessa alla discrezionalità dell’organo esecutivo l’individuazione del rapporto pertinenziale, con la conseguenza che l’ordinanza impugnata deve essere annullata perché ha omesso di motivare sul difetto di convalida.
2.5 Violazione degli articoli 247,253,257,324 e 355 cod. proc.pen. in ordine alla pretesa completezza del decreto di perquisizione e sequestro, poiché il decreto fa riferimento a documenti, mentre sono state sequestrate somme di denaro per le quali era necessario la convalida del provvedimento, che non è mai intervenut(1 ; così comportando l’obbligo di restituzione.
2.6 Violazione dell’art. 253 cod.proc.pen. in ragione della genericità dell’oggetto del decreto di ispezione, perquisizione e sequestro e per mancata integrazione da parte del pubblico ministero della motivazione del decreto impugnato all’udienza del riesame poiché come già detto l’attività ispettiva ordinata alla PG. non prevedeva le somme di denaro, ma solo la perquisizione per ricercare documentazione e il tribunale invece ha sostenuto che il pubblico ministero avesse comunque delimitato l’oggetto del sequestro facendo riferimento al corpo del reato. Osserva il ricorrente che il decreto è completamente privo dei requisiti richiesti e il pm non ha integrato la predetta motivazione sicché il decreto deve essere annullato.
2.7 Violazione di legge per insanabile nullità contenuta nell’ordinanza impugnata che non poteva essere integrata dal tribunale del riesame, che avrebbe dovuto rilevare la nullità del decreto.
2.8 Violazione di legge e in particolare dell’art. 253 cod. proc.pen. in relazione alla mancanza di motivazione del nesso di pertinenzialità tra il denaro rinvenuto e l’imputazione provvisoria e in ragione della dimostrata provenienza lecita del denaro sequestrato .
Il tribunale del riesame a pagina 11 dell’ordinanza osserva che la somma di denaro sequestrata è corpo del reato e quindi sarebbe costituito da somma corrisposte ad usura ma il decreto di sequestro probatorio del denaro costituente corpo del reato va comunque sostenuto da idonea motivazione in ordine alla rilevanza probatoria, mentre nel caso in esame la motivazione resa dal tribunale è del tutto apparente considerato peraltro che il ricorrente ha documentato di essere titolare di un negozio e di svolgere attività di venditore ambulante da cui scaturiscono voluminosi ricavi.
2.9 Violazione di legge in relazione alla insussistenza del fumus commissi delicti poiché il decreto di sequestro non espone gli elementi necessari per configurare la fattispecie dell’usura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile poiché deduce censure manifestamente infondate o non consentite.
Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod proc. pen. (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, COGNOME).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, NOME).
Inoltre è stato precisato che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, le disposizioni concernenti il potere di annullamento del tribunale, introdotte dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 al comma nono dell’art. 309 cod. proc. pen., sono applicabili – in virtù del rinvio operato dall’art. 324, comma settimo dello stesso codice – in quanto compatibili con la struttura e la funzione del provvedimento applicativo della misura cautelare reale e del sequestro probatorio, nel senso che il tribunale del riesame annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene la autonoma valutazione degli elementi che ne costituiscono il necessario fondamento, nonché degli elementi forniti dalla difesa. (Sez. U, Sentenza n. 18954 del 31/03/2016 Cc. (dep. 06/05/2016) Rv. 266789 – 01)
2. Nel caso in esame va rilevato che la Polizia giudiziaria operò il sequestro del denaro, non d’iniziativa, bensì in forza di un decreto di sequestro emesso dal pubblico ministero in relazione a cose pertinenti ai reati per cui si procede. Da qui la riconosciuta superfluità dell’eventuale provvedimento di convalida del pubblico ministero e la manifesta infondatezza della prospettazione difensiva e dei motivi di cui ai paragrafi 2.3, 2.4, 2.5, 2.6 e 2.7.
Il Tribunale infatti ha valorizzato non solo la pertinenzialità del denaro rinvenuto al reato provvisoriamente ascritto all’indagato, ma anche la natura di corpo del reato del denaro sequestrato, e tale duplice definizione ha correttamente permesso di ritenere che l’apprensione del denaro sia compresa nell’ampio contenuto del decreto del PM, sì da non richiedere una convalida specifica avente ad oggetto le somme di denaro apprese.
3.11 provvedimento impugnato si sofferma significativamente in merito al fumus del reato di usura e nelle prime pagine ricostruisce la prospettazione accusatoria con puntuali riferimenti al materiale acquisito, con conseguente genericità della censura formulata al paragrafo 2.9.
Rispetto alla finalità probatoria del sequestro, il tribunale afferma a pagina 10 dell’ordinanza che il rinvenimento di ingenti somme di denaro in contanti nella disponibilità COGNOME dell’indagato COGNOME deve COGNOME senz’altro COGNOME ritenersi COGNOME strettamente COGNOME funzionale all’accertamento della commissione del delitto allo stesso ascritto, fornendo riscontro ai risultati delle indagini svolte.
Ed invero non va trascurato che secondo giurisprudenza consolidata “in tema di sequestro probatorio, le somme di denaro rinvenute nell’abitazione dell’indagato per un delitto di usura costituiscono corpo del reato, dovendosi ragionevolmente ipotizzare, sulla base delle modalità con cui di regola viene commesso tale delitto, che le somme di denaro vengano messe, fiduciariamente e in via sistematica, a disposizione di altre persone, per consentire il perseguimento di illecite finalità” (ex multis, Sez. 6, n. 455507 del 10/12/2010, COGNOME, Rv. 248957; Sez. 2, Sentenza n. 28563 del 12/06/2015 Cc). Da qui la manifesta infondatezza dei motivi dedotti ai paragrafi 2.1 e 2.2.
Dall’esame dei motivi del riesame esposti dal tribunale a pagina 3 del provvedimento si desume che la difesa non aveva lamentato l’assenza di esigenze probatorie, quanto, piuttosto, la carenza di motivazione in ordine al nesso pertinenziale; la mancata attivazione della procedura di convalida; l’insussistenza del fumus commissi delicti; la provenienza lecita della somma di denaro sottoposta a sequestro.
La censura in ordine all’assenza di motivazione sulle esigenze probatorie del provvedimento impugnato non è pertanto consentita poiché con l’atto di riesame la difesa ha individuato i temi su cui sollecitava la valutazione del tribunale.
A ciò si aggiunga che secondo la giurisprudenza di legittimità il divieto di restituzione fissato dall’art. 324, comma 7, cod. proc. pen. va applicato anche al di fuori del procedimento di riesame, seppure in mancanza di una espressa previsione in tal senso, e anche in caso di annullamento del decreto di sequestro probatorio (Sez. U, Sentenza n. 40847 del 30/05/2019 Cc. (dep. 04/10/2019 ) Rv. 276690 – 01) perché è espressione del principio AVV_NOTAIO secondo cui le cose di cui all’art. 240, secondo comma, cod. pen. non possono comunque essere restituite, essendo oggetto della misura di sicurezza obbligatoria, in conseguenza della loro particolare natura.
Sotto questo profilo la censura si palesa non sostenuta da adeguato interesse.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si ritiene congruo liquidare in euro 3000
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Roma 23 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
NOME Da COGNOMEINDIRIZZO> orsellino