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Sequestro probatorio di contanti: la Cassazione decide

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un sequestro probatorio di oltre 150.000 euro in contanti, trovati a casa di un indagato per usura. La Corte ha stabilito che il denaro è corpo del reato e non era necessaria una convalida specifica, ritenendo il vincolo legittimo ai fini dell’accertamento del delitto.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio di Contanti in Indagini per Usura: Quando è Legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8991/2024, ha affrontato un caso complesso relativo alla legittimità di un sequestro probatorio di una cospicua somma di denaro. La decisione chiarisce importanti principi sulla qualificazione del denaro come ‘corpo del reato’ e sui presupposti per l’applicazione di questa misura cautelare reale, specialmente in contesti investigativi per reati come l’usura aggravata dal metodo mafioso.

Il Caso: Sequestro di Oltre 150.000 Euro in Contanti

La vicenda ha origine da un decreto di perquisizione e sequestro emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di un soggetto indagato per usura aggravata. Durante la perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine rinvenivano e sequestravano oltre 150.000 euro in contanti, suddivisi e nascosti in varie parti dell’abitazione. L’indagato proponeva richiesta di riesame, che veniva però respinta dal Tribunale di Reggio Calabria. Avverso tale ordinanza, la difesa presentava ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: La Difesa Contesta il Sequestro Probatorio

La difesa dell’indagato sollevava numerose censure contro il provvedimento, sostenendo la sua illegittimità sotto diversi profili. I principali argomenti erano:

* Genericità del decreto: Il decreto di perquisizione e sequestro non menzionava specificamente la ricerca di somme di denaro, ma si riferiva a documentazione e altro materiale utile alle indagini.
* Mancanza di convalida: Poiché il denaro non era esplicitamente indicato nel decreto, il suo sequestro doveva considerarsi un’iniziativa della Polizia Giudiziaria, che avrebbe richiesto una successiva convalida da parte del Pubblico Ministero, mai avvenuta.
* Assenza del nesso di pertinenza: La difesa contestava la mancanza di una motivazione adeguata sul collegamento tra il denaro sequestrato e il reato di usura ipotizzato, nonché sulle specifiche esigenze probatorie che giustificassero il vincolo.
* Natura del sequestro: Si argomentava che si trattasse, in sostanza, di un sequestro preventivo (finalizzato a evitare la dispersione di beni confiscabili) mascherato da sequestro probatorio.

La Decisione della Cassazione sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le censure manifestamente infondate. I giudici hanno chiarito punti fondamentali in materia di sequestri.

Denaro come Corpo del Reato

Il punto centrale della decisione è la qualificazione del denaro. La Corte ha stabilito che, nel contesto di un’indagine per usura, le ingenti somme di denaro rinvenute in contanti non sono solo ‘cose pertinenti al reato’, ma costituiscono il ‘corpo del reato’. Secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, si deve ragionevolmente ipotizzare che tale denaro sia lo strumento stesso attraverso cui viene commesso il delitto, venendo messo a disposizione di terzi per finalità illecite. Questa qualificazione rende il sequestro intrinsecamente legittimo e funzionale all’accertamento dei fatti.

La Superfluità della Convalida

Di conseguenza, la Corte ha respinto l’argomento relativo alla mancata convalida. Poiché il sequestro è stato operato in esecuzione di un decreto del Pubblico Ministero e il denaro è stato qualificato come corpo del reato, l’azione della Polizia Giudiziaria non può essere considerata di mera iniziativa. L’apprensione del denaro rientrava pienamente nell’ampio oggetto del decreto, rendendo superflua una specifica convalida successiva.

Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte ha inoltre ribadito un principio procedurale cruciale: il ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali è ammesso solo per ‘violazione di legge’ e non per vizi di motivazione, a meno che questa non sia totalmente assente o meramente apparente. Nel caso di specie, il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione adeguata, valorizzando sia la pertinenza del denaro al reato sia la sua natura di corpo del reato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha motivato la propria decisione di inammissibilità basandosi su una solida interpretazione delle norme e della giurisprudenza. Ha sottolineato che il Tribunale del Riesame aveva correttamente ricostruito il fumus commissi delicti, ovvero la sussistenza di sufficienti indizi del reato di usura, basandosi sugli elementi investigativi acquisiti. La presenza di un’ingente somma di denaro in contanti, in casa di un soggetto indagato per tale reato, è stata considerata un riscontro diretto a tali indagini e non un elemento slegato. Inoltre, i giudici hanno evidenziato che alcune delle censure, come quella sulla mancata esplicitazione delle esigenze probatorie, non erano state sollevate in sede di riesame e quindi non potevano essere introdotte per la prima volta in Cassazione. La decisione si fonda quindi sul rigore procedurale e sulla qualificazione giuridica del bene sequestrato come ‘corpo del reato’, elemento che assorbe e supera molte delle obiezioni difensive.

Le Conclusioni

La sentenza n. 8991/2024 offre un importante vademecum sulla gestione del sequestro probatorio di denaro contante. Stabilisce che, in reati come l’usura, il denaro non è un semplice bene patrimoniale, ma lo strumento stesso del delitto. Pertanto, il suo sequestro è legittimo anche se non esplicitamente menzionato nel decreto di perquisizione, purché sia riconducibile all’oggetto dell’indagine. Questa pronuncia consolida un orientamento che mira a fornire agli inquirenti strumenti efficaci per l’accertamento dei reati, bilanciando le esigenze investigative con i diritti di difesa, e chiarisce che la contestazione di tali provvedimenti deve avvenire nel rispetto dei limiti e delle sedi processuali appropriate.

È legittimo un sequestro probatorio di denaro se il decreto di perquisizione non lo menziona esplicitamente?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il denaro può essere considerato ‘corpo del reato’ (come nel caso dell’usura, dove rappresenta lo strumento per commettere il delitto), la sua apprensione rientra nell’oggetto del decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero, anche se non specificamente menzionato.

Quando una somma di denaro trovata in casa di un indagato per usura può essere considerata ‘corpo del reato’?
Secondo la giurisprudenza consolidata citata nella sentenza, ingenti somme di denaro rinvenute nell’abitazione di un indagato per usura costituiscono corpo del reato. Si ipotizza ragionevolmente che tale denaro sia messo a disposizione di altre persone per perseguire finalità illecite, tipiche del reato di usura.

Se il denaro viene sequestrato dalla Polizia Giudiziaria durante una perquisizione, è sempre necessaria la convalida del Pubblico Ministero?
No. La sentenza specifica che la convalida non è necessaria quando la Polizia Giudiziaria agisce in esecuzione di un decreto di sequestro emesso dal Pubblico Ministero e non di propria iniziativa. In questo caso, il sequestro del denaro è stato considerato un’attuazione del decreto del PM, non un’azione autonoma della PG.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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