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Sequestro probatorio denaro: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9271/2024, ha confermato la legittimità di un sequestro probatorio di 15.100 euro, ritenuti provento di spaccio. Nonostante l’indagato sostenesse che la somma provenisse da un’eredità, i giudici hanno dato prevalenza agli elementi indiziari, come l’analisi del cellulare e le modalità di occultamento del denaro (sottovuoto, con una pistola), ritenendo la giustificazione fornita inverosimile e confermando il vincolo tra il denaro e il reato.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro probatorio di denaro: la Cassazione chiarisce i limiti della prova contraria

Il sequestro probatorio di ingenti somme di denaro contante è una misura fondamentale nella lotta ai reati di spaccio di sostanze stupefacenti. Ma cosa succede se l’indagato fornisce una spiegazione apparentemente lecita sulla provenienza del denaro? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9271/2024, offre chiarimenti cruciali, stabilendo che la plausibilità della giustificazione va valutata alla luce di tutti gli elementi indiziari, comprese le modalità di occultamento e le risultanze delle analisi informatiche.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal ricorso di un individuo contro un’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Rimini. L’ordinanza aveva confermato il rigetto, da parte del Pubblico Ministero, della richiesta di restituzione di 15.100 euro. La somma era stata sequestrata dai Carabinieri il 29 dicembre 2022.

Il ricorrente basava la sua difesa su tre motivi principali:

1. Abnormità del provvedimento: Sosteneva che il G.i.p. avesse illegittimamente agito come il Pubblico Ministero, ordinando il trasferimento del denaro da un procedimento penale a un altro, seppur collegato.
2. Mancata motivazione sulla rilevanza: Contestava che il giudice non avesse spiegato perché il denaro fosse rilevante per l’accertamento dei fatti.
3. Omessa valutazione delle prove: Lamentava che non fosse stata considerata la documentazione prodotta, attestante la provenienza della somma da una successione ereditaria del nonno.

Secondo la difesa, il Pubblico Ministero non avrebbe potuto disporre il sequestro in quanto ingiustificato rispetto ai fatti originariamente contestati.

La Decisione della Corte sul sequestro probatorio

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in ogni suo punto e confermando la piena legittimità del sequestro probatorio. I giudici hanno chiarito come la valutazione sulla provenienza del denaro non possa basarsi unicamente sulla dichiarazione dell’indagato, ma debba tener conto di un quadro probatorio più ampio.

L’analisi del vincolo di pertinenzialità

La Corte ha sottolineato che il cosiddetto “vincolo di pertinenzialità” – ovvero il legame tra il denaro e il reato – era stato adeguatamente dimostrato. Elementi decisivi sono emersi dall’analisi forense del cellulare dell’indagato, sequestrato insieme al denaro, e da una successiva perquisizione che aveva portato al suo arresto per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio. Questi accertamenti hanno rivelato contatti e accordi, precedenti o contemporanei al sequestro, che rendevano il denaro profitto del reato. Il giudice ha quindi agito correttamente nel considerare la somma come corpo di reato pertinente all’attività di spaccio.

La provenienza del denaro e l’onere della prova

Particolarmente significativa è la parte della sentenza che affronta la giustificazione dell’eredità. La Corte ha ritenuto tale spiegazione “inverosimile” non solo per la mancanza di una prova certa, ma soprattutto per le circostanze concrete. Il denaro era stato trovato occultato sottovuoto nella parte inferiore di un letto, insieme a una pistola. Queste modalità, secondo i giudici, sono “sintomatiche dell’illecita provenienza del denaro” e smentiscono l’ipotesi di un lascito ereditario legittimamente detenuto.

le motivazioni

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo di ricorso, chiarendo che il provvedimento del G.i.p. non era affatto “abnorme”. Il giudice si era limitato a ripercorrere le motivazioni già esposte dal Pubblico Ministero, che legavano la somma a un’attività di spaccio, indicando la necessità di collegare il corpo di reato a un nuovo procedimento penale emerso successivamente.

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La rilevanza del sequestro, secondo la Corte, emergeva chiaramente dal vincolo di pertinenzialità stabilito tramite l’analisi del cellulare e l’arresto successivo, elementi che collegavano in modo inequivocabile il denaro all’attività illecita. Di conseguenza, il sequestro probatorio era legittimo anche in vista di una futura confisca.

Infine, riguardo al terzo motivo, i giudici hanno evidenziato che la tesi dell’eredità era stata correttamente ritenuta inverosimile. Le prove raccolte, inclusi gli accordi illeciti emersi dalle analisi tecniche e le peculiari modalità di occultamento del denaro, contrastavano palesemente con la versione della difesa, che non era supportata da alcuna prova concreta.

le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: di fronte a un sequestro probatorio di denaro in un contesto di reati di droga, la semplice affermazione di una provenienza lecita, come un’eredità, non è sufficiente a ottenerne la restituzione. Se il quadro indiziario complessivo (analisi di dispositivi elettronici, modalità di occultamento, frequentazioni, arresti successivi) suggerisce fortemente che la somma sia il profitto di un’attività illecita, l’onere di fornire una prova rigorosa e convincente della sua origine legittima ricade sull’indagato. La decisione conferma quindi l’importanza degli elementi logici e circostanziali nel giustificare e mantenere misure cautelari reali.

Quando è legittimo il sequestro di denaro trovato in possesso di un indagato per spaccio?
Il sequestro è legittimo quando esiste un “vincolo di pertinenzialità” tra il denaro e il reato. Secondo la sentenza, questo legame può essere provato da elementi come i dati estratti da un cellulare (che rivelano contatti e accordi per la vendita di droga) e dalle circostanze del ritrovamento, che insieme indicano che la somma è il probabile profitto dell’attività illecita.

La spiegazione che il denaro deriva da un’eredità è sufficiente per ottenerne la restituzione?
No, non automaticamente. Questa sentenza chiarisce che la tesi dell’eredità può essere giudicata “inverosimile” e quindi respinta se è in contrasto con forti elementi indiziari. Nel caso specifico, le modalità di occultamento del denaro (sottovuoto, sotto un letto, insieme a una pistola) e la totale assenza di prove concrete del lascito sono state decisive per smentire la versione dell’indagato.

Un giudice può collegare un corpo di reato, come del denaro sequestrato, a un procedimento penale diverso da quello originario?
Sì. La Corte ha stabilito che non si tratta di un atto “abnorme” se i due procedimenti sono collegati. Nel caso esaminato, il denaro sequestrato in un primo momento è stato correttamente collegato a un secondo procedimento avviato per un reato di spaccio emerso successivamente, proprio sulla base delle indagini che avevano preso avvio dal sequestro iniziale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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