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Sequestro probatorio del cellulare: i limiti del riesame

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro il sequestro probatorio di un cellulare. L’indagato per rapina si opponeva al sequestro del suo telefono, usato per filmare la vittima, definendolo esplorativo. La Corte ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame adeguata e il provvedimento del PM sufficientemente specifico.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Probatorio del Cellulare: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il sequestro probatorio di dispositivi elettronici, come gli smartphone, è una prassi sempre più comune nelle indagini penali. Ma quali sono i limiti di questo potente strumento? E quando è possibile contestarlo efficacemente davanti alla Corte di Cassazione? Una recente sentenza chiarisce i confini del ricorso, sottolineando come sia ammesso solo per violazione di legge e non per riesaminare il merito della decisione. Analizziamo il caso per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.

I Fatti del Caso: Rapina e Sequestro dello Smartphone

Un giovane veniva indagato per il reato di rapina. Secondo la denuncia della persona offesa, l’indagato gli avrebbe strappato una collanina dal collo e, subito dopo, lo avrebbe minacciato di morte qualora avesse allertato le forze dell’ordine. A completare il quadro accusatorio, l’indagato avrebbe filmato con il proprio telefono cellulare il gruppo di amici della vittima presenti al momento del fatto.

Sulla base di questi elementi, l’autorità giudiziaria emetteva un decreto di perquisizione e sequestro, che portava al sequestro del telefono cellulare dell’indagato. La difesa presentava istanza di riesame al Tribunale competente, sostenendo l’illegittimità del provvedimento, ma l’istanza veniva rigettata. Di qui, il ricorso alla Corte di Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Un Sequestro Probatorio “Esplorativo”?

La difesa dell’indagato ha basato il proprio ricorso su diversi argomenti, sostenendo che il provvedimento di sequestro fosse viziato.

Genericità e Carattere Esplorativo

Secondo il ricorrente, il provvedimento originario era eccessivamente generico e non esplicitava in modo chiaro la condotta contestata. La motivazione del Tribunale del riesame, a suo dire, costituiva un’integrazione illegittima e tardiva. Si contestava inoltre il carattere meramente “esplorativo” del sequestro, finalizzato non a conservare una prova già individuata, ma a cercarne di nuove.

Violazione del Principio di Pertinenza

La difesa lamentava l’assenza di motivazione sul nesso di immediatezza e pertinenza tra il bene sequestrato (l’intero smartphone con tutti i suoi contenuti) e il reato. Il sequestro, infatti, non era stato limitato al solo file video potenzialmente rilevante, ma si era esteso a tutti i dispositivi e alla generalità del loro contenuto, configurando una violazione di legge.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa e confermando la legittimità del sequestro. La decisione si fonda su principi consolidati in materia di ricorso contro le misure cautelari reali.

Limiti del Ricorso per Cassazione

I giudici hanno innanzitutto ribadito un principio fondamentale: il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro probatorio è ammesso solo per violazione di legge. Questa nozione include non solo gli errori nell’interpretazione o applicazione delle norme, ma anche i vizi della motivazione talmente radicali da renderla inesistente, manifestamente illogica o contraddittoria. Non è possibile, invece, chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti o della fondatezza delle accuse.

Sufficienza della Motivazione

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che non sussistesse alcuna violazione di legge. La motivazione del Tribunale del riesame non era carente né illogica. Aveva correttamente evidenziato il legame tra il fatto-reato e il telefono sequestrato, in particolare il video che l’indagato avrebbe girato. Inoltre, il decreto del Pubblico Ministero descriveva chiaramente la finalità del sequestro: la ricerca sia della collana sottratta, sia del cellulare utilizzato per filmare la vittima e i suoi amici. Pertanto, il provvedimento non era generico né esplorativo, ma mirato a reperire elementi di prova specifici e pertinenti al reato contestato.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui il controllo di legittimità della Corte di Cassazione sul sequestro probatorio è circoscritto alla sola violazione di legge, intesa in senso stretto. Non è sufficiente lamentare una motivazione non pienamente condivisibile; è necessario dimostrare un vizio radicale che renda l’apparato argomentativo del giudice incomprensibile o del tutto assente. La decisione conferma inoltre che, in presenza di una chiara finalità investigativa legata a specifici elementi di prova (come un video o un oggetto rubato), il sequestro di un intero sistema informatico, come uno smartphone, è considerato legittimo, purché il decreto indichi le misure tecniche per assicurare la conservazione dei dati originali.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro probatorio?
Il ricorso è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò include errori nell’applicazione delle norme giuridiche o vizi di motivazione così gravi da renderla mancante, manifestamente illogica o contraddittoria, ma non consente un riesame dei fatti.

Un sequestro che riguarda l’intero cellulare è sempre illegittimo se si cerca solo un file specifico?
No. Secondo questa sentenza, se il decreto del Pubblico Ministero descrive compiutamente la finalità (ad esempio, la ricerca di un video specifico e di un oggetto del reato) e le modalità di conservazione dei dati, il sequestro dell’intero dispositivo è ritenuto legittimo e non ‘esplorativo’.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la parte che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese processuali e, se si ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso, anche al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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