Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12762 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12762 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/02/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME – ricorrente in proprio, quale persona sottoposta ad indagini -, chiede l’annullamento della ordinanza emessa dal Tribunale di Milano il 5 novembre 2024 con la quale, annullato il provvedimento di sequestro probatorio in relazione alla somma di euro 7.130, era stato confermato nel resto il decreto impugnato costituito dal decreto di perquisizione e sequestro del 1 ottobre 2024 del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Milano. Detto provvedimento aveva comportato il sequestro in danno del COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE Il RAGIONE_SOCIALE Il di telefoni cellulari, personal computer, anche fissi, lap top, chiavette USB e
documentazione cartacea, analiticamente indicati nel verbale di perquisizione. Risulta, altresì, che la polizia giudiziaria procedente era stata autorizzata dal Pubblico Ministero ad eseguire copia forense del contenuto di detti devices , alla presenza della parte, riversandone il contenuto su supporto fisso, durevole e non modificabile, operazione risultata, tuttavia, di difficile esecuzione e, pertanto, sospesa.
Dagli atti si evince che si procede a indagini a carico di NOME COGNOME nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, per i reati di cui ag artt. 318, 319, 326 e 353 cod. pen. commessi in Milano tra il 22 luglio 2020 e il 15 Marzo 2024.
E’ accertato che NOME COGNOME, ex funzionario pubblico in virtù del pregresso ruolo rivestito presso RAGIONE_SOCIALE, dopo aver interrotto il rapporto lavorativo con la società pubblica per passare all’imprenditoria privata, continua ad operare nel settore dell’edilizia pubblica e della costruzione e manutenzione di strade, autostrade, porti e aeroporti attraverso società a lui riconducibili, fra le quali RAGIONE_SOCIALE
Il Pubblico Ministero ha individuato tre vicende intitolate “Vicenda COGNOME
COGNOME“, “Vicenda COGNOME
COGNOME NOME” e “Vicenda COGNOME–COGNOME NOME” alle quali riconduce i reati indicati in epigrafe evidenziando che, grazie ai rapporti che il ricorrente aveva mantenuto con gli ex colleghi e con i funzionari ancora in servizio, si giova di affidamenti di lavori pubblici.
In particolare, in relazione alla Vicenda COGNOME–COGNOME, rileva che NOME COGNOME, in quiescenza dal 2023 e socio della società RAGIONE_SOCIALE, nominato, per intervento del COGNOME, ancora in servizio e già ospite del COGNOME in una vacanza in Sardegna, direttoje dei lavori / avrebbe favorito la società RAGIONE_SOCIALE, facente capo alla famiglia COGNOME, poi dirottando l’esecuzione dei lavori sul figlio, NOME COGNOME, che avrebbe beneficiato di un appartamento e dell’uso di un’ auto pagati dalla società RAGIONE_SOCIALE “in qualche maniera ancora da approfondire”.
Per quanto riguarda la vicenda COGNOME, si assume che emergono elementi utili per supporre che l’appalto conferito da NOME COGNOME alla società RAGIONE_SOCIALE in assenza di formale autorizzazione, sia stata subappaltata alla società RAGIONE_SOCIALE: in relazione all’appalto emergono ulteriori criticità i profili di illegittimità che debbono essere ricostruiti ed approfonditi.
Con riferimento infine, alla vicenda COGNOME si assume che questi, capocantiere e già legato al COGNOME da vecchi rapporti di lavoro presso ANAS e poi imputato, come il COGNOME, in alcuni episodi di corruzione, abbia strumentalizzato il proprio munus publicum, una volta tornato in ANAS, favorendo l’assegnazione e lo svolgimento di lavori pubblici alle aziende riconducibili al COGNOME.
“A questo punto si si tratta di comprendere – osservano i Pubblici Ministeri che procedono a indagini – se tali abusi da parte degli esponenti di Anas siano collegati, come appare del tutto verosimile risultando altrimenti inspiegabile il comportamento dei pubblici ufficiali, a qualche forma di utilità che gli stessi ottengano dal COGNOME“.
Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Il primo motivo di ricorso si sviluppa lungo due direzioni: la contestazione della sussistenza del “fumus delicti”, apparendo la motivazione del provvedimento adottato dal Pubblico Ministero del tutto assente 1 e la pertinenza e proporzionalità del disposto sequestro.
Deduce:
2.1.1. che al di là del richiamo delle norme che fungono da premessa, il decreto non correla alle specifiche vicende che vedono coinvolto NOME COGNOME e solo sommariamente enunciate, le ipotesi di reato per le quali si procede essendo del tutto indeterminato se le fattispecie di reato siano riconducibili all’ipotesi d corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318 cod. pen.) o corruzione per atto contrario (art. 319-321 cod. pen.) ed essendo del tutto carenti i riferimenti all’accordo, che delle ipotesi corruttive è elemento costitutivo. Così i riferimenti alle fattispecie di cui agli artt. 326 e al 353 cod. pen. costituiscono solo il mero cappello del decreto.
Per quanto riguarda le vicende indicate ai punti 1 e 2 (cioè la vicenda COGNOME e la vicenda Giarratana), il provvedimento non indica quali possano essere gli elementi che rimandano alla astratta configurabilità dell’accordo corruttivo avendo, anzi, lo stesso Pubblico Ministero con la memoria prodotta, giustificato la misura del giustificato il sequestro probatorio solo in funzione di verificare la sussistenza o meno di abusi dei pubblici ufficiali.
Anche con riferimento alla vicenda sub 3 (in cui si rinvia al subappalto di lavori non autorizzato) non si comprende come tale aspetto possa rimandare al reato di corruzione.
2.1.2. Nel prosieguo, il ricorrente denuncia violazione di legge per l’apparenza della motivazione sulla sussistenza delle finalità probatorie; sul nesso di strumentalità intercorrente tra i beni appresi e i reati ipotizzati e infine sull proporzionalità della misura.
L’ordinanza si limita a richiamare pedissequamente l’oggetto del sequestro ma non sviluppa utili argomenti per la puntuale ricostruzione dei fatti e delle responsabilità connesse. Non vengono indicati gli elementi che in prospettiva
sarebbero utili per chiarire i contorni delle vicende investigate e la finalità per le quali sarebbero appresi i beni. L’ordinanza evoca la necessità di ricostruire le relazioni anche economiche tra i protagonisti, gli accordi intercorsi e le reciproche utilità ma la motivazione è di mera apparenza e non è coerente con le caratteristiche del caso concreto e con la necessità di adeguata capacità dimostrativa delle ragioni giustificative. Il Tribunale ha richiamato i precedenti di legittimità in materia di sequestro probatorio “esteso e onnnicomprensivo” e la facoltà attribuit” alla polizia giudiziaria in sede di ispezione: tuttavia, avut riguardo anche alla genericità delle ipotesi di reato per cui si procede, non sono state indicate le specifiche informazioni oggetto di ricerca; i criteri e i tempi della selezione nonché la perimetrazione temporale degli elementi da acquisire. Nessuna indicazione in tal senso è data rinvenire nel provvedimento del Pubblico Ministero che, del resto, ha costruito i reati oggetto di addebito su un’ampia perimetrazione temporale (dal 2020 al 2024), che rende vaga la possibilità di assumere determinazioni sulla restituzione di quanto in sequestro;
2.2. violazione di legge (art. 125, 254 e 353 cod. proc. pen.) in relazione all’acquisizione della messaggistica WhatsApp in esecuzione del decreto di sequestro che disponeva l’ispezione dei dispositivi telefonici dei sistemi informatici o telematici onde accedere ai dati contenuti con particolare riguardo a messaggi di qualsiasi tipo o comunque n contatti tra le parti coinvolte. La polizia giudiziaria anziché procedere al sequestro del contenuto dei dispositivi, come disposto dal decreto, ha effettuato un indebito accesso al contenuto, violando la normativa prevista dal codice di rito per l’acquisizione della corrispondenza di cui all’art. 254 cod. proc. pen. a pena di inutilizzabilità. Si è, dunque, incorsi in un error in procedendo che ha inevitabilmente inciso sull’adozione del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato con riferimento a tutti e ciascuno i motivi di ricorso.
#.La motivazione dell’ordinanza impugnata è del tutto carente, incorrendo perciò nel vizio di violazione di legge, con riferimento alla individuazione del fumus deliIcti, in relazione a ciascuna delle vicende indicate. Ju)
Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione il principio secondo il quale in sede di riesame del sequestro probatorio, il tribunale è chiamato a verificare la sussistenza dell’astratta configurabilità del reato ipotizzato, il fumus commissí delicti, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla fondatezza dell’accusa, bensì con riferimento alla idoneità degli
elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l’espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti acquisibili senza la sottrazione del bene all’indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell’autorità giudiziaria (Sez. 3, n. 3465 del 03/10/2019, dep. 2020, Pino, Rv. 278542).
In materia di sequestro preventivo, e nel tentativo di elaborare concetti definitori sintetici ed efficaci, la giurisprudenza di legittimità ha, altresì, precisa che il giudice non può limitarsi all’astratta verifica della sussumibilità del fatto i un’ipotesi di reato, ma è tenuto ad accertare l’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconducibilità dell’evento alla condotta dell’indagato, pur se il compendio complessivo non deve necessariamente assurgere alla persuasività richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali (Sez. 4, n. 20341 del 03/04/2024, Balint, Rv. 286366).
Il Tribunale di Milano, dopo avere richiamato i principi espressi dalla risalente sentenza in materia (S.U., n. 23 del 20/11/1996, dep. 1997, Bassi, Rv. 206657 ) ha ritenuto la sussistenza del fumus commissi delicti evidenziando che il decreto impugnato riporta gli elementi a carico del ricorrente nelle specifiche vicende che gli sono contestate e i suoi significativi rapporti con soggetti dotati di ruoli diretti in Anas, stazione appaltante dei lavori, e ha ritenuto che emerge con sufficiente chiarezza del tutto adeguata allo stato ancora fluido delle indagini la condotta contestato al COGNOME ovvero di avere influito, nella qualità, sull’aggiudicazione e l’esecuzione degli appalti.
Della regula iuris, pure richiamata, tuttavia, il Tribunale del riesame di Milano non ha fatto corretta applicazione, omettendo di esporre in maniera analitica i risultati delle indagini fin qui espletate e la concreta possibilità, sulla base di crite di congruenza logica, che gli elementi di conoscenza a disposizione potessero integrare gli estremi dei delitti per i quali si procede.
Colgono, infatti, nel segno i rilievi della difesa secondo cui, pur in presenza di rapporti di risalente colleganza del ricorrente con i funzionari ANAS e di contatti, anche riconducibili alle attività imprenditoriali del Liani, non sono evidenziati elementi indicativi di un accordo volto al condizionamento degli atti di ufficio riconducibili al COGNOME, a NOME COGNOME e NOME COGNOME rispettivamente funzionario dell’Anas responsabile del procedimento, direttore dei lavori appaltati e capo cantiere -, atti che siano stati compiuti per favorire l’affidamento dei lavori al COGNOME e alle sue aziende, in cambio di retribuzione o altri favori.
In tale contesto, risulta del tutto generico anche il rilievo secondo cui NOME COGNOME, funzionario ormai in quiescenza, acquisita la direzione lavori, possa avere coinvolto nella esecuzione dei lavori il figlio NOME
Men che mai sono stati indicati elementi sintomatici della illegittimità degli atti di affidamento dei lavori (il subappalto in favore di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE in relazione ai lavori affidati a RAGIONE_SOCIALE) o di altre determinazioni assunte come capocantiere dal COGNOME, che possano farsi risalire a illecite iniziative dei predetti funzionari.
g.Z.Anche il motivo di ricorso relativo all’apparenza della motivazione sulla sussistenza delle finalità probatorie; sul nesso di strumentalità intercorrente tra i beni appresi e i reati ipotizzati e infine sulla proporzionalità della misura è fondato. Il Tribunale, in proposito / ha rilevato, riportando quanto descritto a pagina 5 del provvedimento di sequestro che “con speciale riferimento al contenuto dei i dispositivi informatici la motivazione del decreto contiene i criteri richiesti dalla giurisprudenza di legittimità più recente proprio in tema di sequestro probatorio che per consentire l’adeguata valutazione della proporzionalità della misura deve indicare ove disponga un sequestro esteso e onnicomprensivo, le specifiche informazioni oggetto di richiesta, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse nei tempi di tale selezione. Orbene il provvedimento impugnato dispone il sequestro dei supporti informatici o telematici e ove non siano praticabili l’ispezione e immediata estrazione di copia forense ravvisata alla finalità probatoria nell’acquisizione nella necessità di rinvenire riscontri documentali agli elementi probatori sinora quesiti ha ordinato la l’ispezione dei dispositivi al fine di accedere ai dati contenuti detta inoltre modalità per la ricerca delle partizioni utili corpo d reato o cosa pertinente e prevede che ove non siano disponibili i codici di sblocco si procederà ad effettuare le immediate operazione di copia forense infine e non condivide l’argomentazione circa il supposto difetto di pertinenzialità e del rispetto di proporzionalità”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Non è seriamente contestabile che il sequestro disposto è “omnicomprensivo” e riferito alla vasta tipologia di dispositivi abitualmente in uso e la genericità del suo contenuto si rivela speculare alla indeterminatezza della indicazione degli elementi che denotino la sussistenza del fumus commissi delicti, risolvendosi nella sterile citazione di principi giurisprudenziali dei quali non viene fatto ( congruente applicazione al caso concreto.
In tema di sequestro probatorio di dati contenuti in dispositivi informatici o telematici, il decreto del pubblico ministero, al fine di consentire una adeguata valutazione della proporzionalità della misura sia nella fase genetica che in quella
esecutiva, deve illustrare le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e omnicomprensivo o, in alternativa, le specifiche informazioni oggetto di ricerca, i criteri di selezione del materiale informatico archiviato nel dispositivo, la giustificazione dell’eventuale perimetrazione temporale dei dati di interesse in termini sensibilmente difformi rispetto ai confini temporali dell’imputazione provvisoria e i tempi entro cui verrà effettuata tale selezione, con conseguente restituzione anche della copia informatica dei dati non rilevanti. (Sez. 6, n. 17312 del 15/02/2024, Corsico, Rv. 286358).
La giurisprudenza, in altre parole, ha precisato che non è preclusa l’adozione di sequestrci “estesi e omnicomprensivi” ma, in tal caso, al fine di escludere che la misura assuma una valenza meramente esplorativa, è, tuttavia, necessario che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro, principi, quelli evocati, che valgono anche per il sequestro delle cose pertinenti al reato, atteso che la stessa qualificazione della “cosa” come pertinente al reato, presuppone la indicazione del perimetro investigativo, della ipotesi di reato per cui si procede, della finalità probatoria perseguita con il sequestro.
In tale evenienza, la strumentalità del bene rispetto alla condotta criminosa ed alla finalità probatoria del sequestro costituisce uno dei canoni di valutazione della pertinenza ed assolve ad una funzione selettiva.
Tuttavia, la strumentalità è astrattamente configurabile in un numero pressocchè indefinito di casi e ciò impone di attribuire a detto requisito un significato conforme ai principi generali di adeguatezza e proporzionalità sottesi al sistema. Un sequestro sproporzionato non è strutturalmente illegittimo, ma va ricondotto a proporzione, nel senso che il suo oggetto deve vertere solo sulle cose davvero pertinenti al reato.
Quando, come nel caso in esame, risulta evidente che il requisito della strumentalità dedotto a giustificazione del sequestro sia funzionale ad acclarare rapporti tra le parti riconducibili allo schema corruttivo, è necessario un esame particolarmente rigoroso sul rapporto che lega la cosa al reato: Atl solo ZMEEZIP un’adeguata motivazione – sulla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale – costituisce requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità (cfr. Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, COGNOME, in motivazione).
Il canone di proporzione impone, altresì, al giudice di motivare le ragioni per cui è impossibile conseguire il medesimo risultato ricorrendo ad altri e meno invasivi strumenti cautelari e a modulare il sequestro – quando ciò sia possibile in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto al vincolo reale, anche oltre le effettive necessità dettate dalla esigenza che si intende neutralizzare.
Come si è detto, nel caso concreto, in carenza di elementi strutturali significativi indicativi della commissione dei reati, e, anzi, della valorizzazione di rapporti personali, anche risalenti, e della stessa perimetrazione temporale della condotta (dal 2020 al 2024) 1 è giocoforza pervenire alla conclusione che il disposto sequestro di tutto il patrimonio informativo tratto dai dispositivi in sequestro abbia ad oggetto tutto il contenuto dei devi ces e la impossibilità di individuare elementi funzionali alla “selezione” del materiale utile.
Il riferimento alla selezione si risolve, pertanto, in un criterio vago, inidoneo ad assolvere alla funzione di garanzia cui le modalità di esecuzione dovrebbero essere funzionali.
4 . Per tale aspetto, sono fondate anche le deduzioni difensive svolte con riguardo alle modalità di esecuzione del decreto di sequestro probatorio relativo n all’acquisizione della messaggistica WhatsApp 1 . 1
Il decreto di sequestro probatorio adottato dal Pubblico Ministero ha fatto coerente applicazione dei principi della sentenza n. 170 del 2023 della Corte Costituzionale e ha autorizzato l’ispezione del contenuto dei dispositivi e l’estrazione di copia dei messaggi, sul presupposto che questi, in quanto già inviati o, comunque, letti, quelli ricevuti, non sono soggetti alla regola di cui all’art. 353 cod. proc. pen..
Tuttavia, come precisato al punto che precede, è innegabile che il decreto non conteneva elementi idonei ad operare una selezione del contenuto da duplicare, tanto è vero che la stessa polizia giudiziaria non ha potuto procedervi, eseguendo, così, il mero sequestro dei dispositivi.
S.Consegue alle argomentazioni svolte l’annullamento dell’ordinanza impugnata e Cf5li il Tribunale, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, dovrà riesaminare il decreto impugnato uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano, competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 25 febbraio 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente