LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Sequestro preventivo: vizi motivazionali e ricorso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imprenditore contro un sequestro preventivo per reati fiscali. La sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione avverso misure cautelari reali è limitato alla sola violazione di legge, che include la motivazione assente o meramente apparente, ma non l’illogicità o l’errata valutazione delle prove. L’uso di copie di fatture e di atti di un’altra indagine (verbale di constatazione fiscale) è stato ritenuto legittimo, e il pericolo di dispersione dei beni (periculum in mora) è stato correttamente desunto dalla vendita di un veicolo da parte dell’indagato dopo l’accertamento fiscale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo per Reati Fiscali: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

Il sequestro preventivo è uno strumento incisivo a disposizione dell’autorità giudiziaria, specialmente in materia di reati tributari, per bloccare i profitti illeciti e garantire il futuro recupero delle imposte evase. Tuttavia, le vie per contestare tale misura sono ben definite e non sempre aperte a qualsiasi tipo di critica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 13372/2024) offre un’analisi chiara sui limiti del ricorso contro un’ordinanza di sequestro, distinguendo nettamente tra ‘violazione di legge’ e ‘vizio di motivazione’.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un imprenditore del settore trasporti, indagato per il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti. Secondo l’accusa, l’imprenditore avrebbe utilizzato fatture fittizie emesse dalla ditta individuale del padre per un importo superiore a 50.000 euro, al fine di evadere l’IRPEF e l’IVA per circa 28.000 euro.

Sulla base di questi elementi, il Giudice per le Indagini Preliminari disponeva un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, sia diretta che per equivalente, sulle somme di denaro e sui beni dell’indagato. Il provvedimento veniva confermato anche dal Tribunale del Riesame, spingendo la difesa a presentare ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e l’analisi sul sequestro preventivo

Il ricorso dell’imprenditore si fondava su tre argomenti principali:
1. Mancata acquisizione del corpo del reato: La difesa lamentava che le fatture originali, considerate corpo del reato, non fossero state inserite nel fascicolo processuale, rendendo impossibile una corretta valutazione.
2. Utilizzo di atti di un diverso procedimento: Si contestava l’uso, da parte dei giudici, di elementi probatori (un processo verbale di constatazione) raccolti in un’indagine fiscale a carico del padre, soggetto diverso dall’indagato.
3. Motivazione apparente sul ‘periculum in mora’: Secondo il ricorrente, la motivazione sul pericolo che l’indagato potesse disperdere i propri beni era generica e insufficiente, basata su una clausola di stile.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure della difesa e consolidando principi importanti in materia di misure cautelari reali.

Il Principio di Diritto: Violazione di Legge vs. Vizio di Motivazione

Il punto centrale della decisione è la riaffermazione del principio secondo cui, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo è consentito solo per ‘violazione di legge’.

In questa nozione rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di una ‘motivazione apparente’, ovvero una giustificazione puramente formale, illogica o talmente generica da non rendere comprensibile il percorso decisionale del giudice. Non rientra, invece, il semplice ‘vizio di motivazione’, come l’illogicità manifesta o la valutazione non condivisibile delle prove, che non può essere fatto valere in questa sede.

Le Motivazioni

Applicando questo principio al caso di specie, la Corte ha smontato le argomentazioni del ricorrente.

In primo luogo, ha chiarito che la presenza delle copie delle fatture (su un supporto CD) era sufficiente per la fase cautelare a dimostrare il fumus commissi delicti, non essendo stato provato dalla difesa che tali copie fossero difformi dagli originali.

In secondo luogo, ha stabilito la piena legittimità dell’utilizzo del processo verbale di constatazione redatto nei confronti del padre. Tale atto, infatti, non è un atto di un diverso ‘procedimento penale’, ma un documento extraprocessuale (formato dall’amministrazione tributaria) che può essere liberamente acquisito e valutato dal giudice ai sensi dell’art. 234 cod. proc. pen.

Infine, riguardo al periculum in mora, la Corte ha osservato che, sebbene la motivazione del primo giudice fosse scarna, il Tribunale del Riesame l’aveva legittimamente integrata. Il pericolo di dispersione del patrimonio non era più un’ipotesi astratta, ma era fondato su un fatto concreto e successivo all’accertamento fiscale: l’imprenditore aveva venduto un veicolo e un rimorchio. Questa condotta, seppur legittima, dimostrava una volontà di spogliarsi dei propri beni, rendendo concreto e attuale il rischio che il profitto del reato venisse occultato.

Conclusioni

La sentenza rafforza un orientamento consolidato: l’accesso alla Corte di Cassazione per contestare un sequestro preventivo è una porta stretta, aperta solo a vizi procedurali gravi e non a una rivalutazione del merito degli indizi. La decisione sottolinea due aspetti pratici di grande rilevanza. Primo, le prove raccolte in sede di verifica fiscale sono pienamente utilizzabili nel procedimento penale per fondare una misura cautelare. Secondo, le azioni compiute dall’indagato dopo aver avuto conoscenza dell’indagine, come la vendita di beni, possono diventare l’elemento decisivo per dimostrare il ‘periculum in mora’ e giustificare il blocco dei suoi beni.

In un procedimento per reati fiscali, il sequestro preventivo può essere basato su semplici copie delle fatture contestate?
Sì. Secondo la Corte, nella fase cautelare, le copie delle fatture sono sufficienti per ritenere sussistente il ‘fumus commissi delicti’ (i gravi indizi di reato), soprattutto se la difesa non contesta specificamente la loro conformità agli originali.

È legittimo utilizzare un verbale di accertamento fiscale redatto nei confronti di un’altra persona per giustificare un sequestro?
Sì. La Corte ha chiarito che un processo verbale di constatazione redatto dall’Amministrazione Tributaria è un ‘documento extraprocessuale’ che può essere liberamente acquisito e utilizzato come prova nel procedimento penale a carico di un’altra persona (in questo caso, il figlio di colui che era stato sottoposto a verifica).

Quale comportamento dell’indagato può dimostrare il ‘periculum in mora’ e giustificare un sequestro?
Un’azione concreta che dimostri il rischio di dispersione del patrimonio. Nel caso esaminato, la vendita di un veicolo e di un rimorchio da parte dell’indagato, avvenuta dopo l’accertamento fiscale ma prima del decreto di sequestro, è stata ritenuta una prova sufficiente del pericolo concreto che i beni potessero essere occultati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati