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Sequestro preventivo usura: quando il ricorso è nullo

Due individui affrontano un sequestro preventivo per usura per oltre 238.000 euro. La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il loro ricorso, confermando che la motivazione del Tribunale, basata su gravi indizi come testimonianze e tassi del 30%, non era apparente ma ben fondata sul fumus commissi delicti. La difesa incentrata su un’operazione speculativa è stata respinta in questa fase cautelare.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo usura: la Cassazione blocca il ricorso

Il tema del sequestro preventivo usura è centrale in una recente pronuncia della Corte di Cassazione, la sentenza n. 9402 del 2024. Questa decisione offre chiarimenti fondamentali sui limiti del ricorso contro le misure cautelari reali e sull’importanza della solidità degli indizi, il cosiddetto fumus commissi delicti, per giustificare il provvedimento. Il caso analizzato riguarda due soggetti indagati per il grave reato di usura, ai quali era stata sequestrata una cospicua somma di denaro ritenuta profitto dell’attività illecita.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Perugia che, accogliendo parzialmente l’appello del Pubblico Ministero, disponeva il sequestro preventivo di oltre 238.000 euro. Questa somma era considerata il profitto di un presunto reato di usura aggravata. Il provvedimento del Tribunale ribaltava una precedente decisione del GIP del Tribunale di Spoleto, che aveva inizialmente rigettato la richiesta di sequestro.

Gli indagati, tramite il loro difensore, hanno proposto ricorso in Cassazione contro l’ordinanza del Tribunale. La loro difesa si basava su un unico motivo: la violazione di legge per motivazione apparente. Sostenevano, infatti, che il Tribunale non avesse spiegato adeguatamente le ragioni per cui il rapporto tra le parti non dovesse essere considerato una semplice operazione finanziaria ad alto coefficiente speculativo, concordata da entrambi.

La Decisione della Corte sul sequestro preventivo usura

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio cardine della procedura penale: il ricorso in Cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è consentito solo per violazione di legge. Questa nozione non si limita ai soli errori di interpretazione normativa, ma include anche i vizi della motivazione talmente gravi da renderla inesistente, illogica o contraddittoria.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale di Perugia fosse tutt’altro che apparente. Al contrario, era coerente, logica e saldamente ancorata alle risultanze investigative.

Le motivazioni della Sentenza

La motivazione del provvedimento della Cassazione si fonda sulla valutazione della struttura argomentativa del Tribunale del riesame, ritenuta immune da vizi di legittimità. Il Tribunale aveva costruito il fumus commissi delicti su una serie di elementi convergenti e solidi:

* Narrazione della persona offesa: Ritenuta attendibile e priva di intenti calunniatori. La vittima aveva deciso di sporgere denuncia solo dopo aver subito gravi minacce.
* Riscontri oggettivi: La denuncia era supportata da plurimi elementi, tra cui le sommarie informazioni di persone a conoscenza dei fatti, una conversazione registrata e gli accertamenti bancari effettuati dalla Guardia di Finanza.
* Tasso usurario: Il calcolo di un tasso di interesse pari al 30% sulla sorte capitale ha fornito una chiara connotazione usuraria al prestito.

Di fronte a questo quadro indiziario, la tesi difensiva di una ‘causale diversa da quella usuraria’ è stata giudicata priva di riscontro e, in ogni caso, irrilevante in questa fase cautelare, finalizzata unicamente a verificare la sussistenza di un’ipotesi di reato.

Le conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento secondo cui il controllo della Cassazione sui provvedimenti di sequestro è un controllo di legittimità e non di merito. Non è possibile, in tale sede, rimettere in discussione la valutazione degli indizi operata dal giudice del riesame, a meno che la sua motivazione non sia palesemente inesistente o illogica. Per gli indagati, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma del sequestro, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso contro un sequestro preventivo per usura deve basarsi su vizi giuridici concreti e non su una mera rilettura degli elementi fattuali.

Quando è possibile ricorrere in Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo?
Il ricorso per cassazione è ammesso solo per ‘violazione di legge’. Ciò include non solo errori nell’applicazione delle norme, ma anche vizi della motivazione così radicali da renderla mancante, contraddittoria o manifestamente illogica, tale da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice.

Cosa si intende per ‘fumus commissi delicti’ nel contesto di un sequestro preventivo per usura?
Si riferisce alla sussistenza di un quadro di indizi sufficientemente gravi, precisi e concordanti che rendano plausibile la commissione del reato di usura. Nel caso specifico, questo quadro era composto dalla narrazione credibile della vittima, testimonianze, una registrazione audio, accertamenti bancari e il calcolo di un tasso di interesse del 30%.

Una difesa basata su un’operazione finanziaria speculativa può evitare il sequestro per usura?
Secondo questa sentenza, no. In fase cautelare, di fronte a solidi indizi che configurano il reato di usura, una tesi difensiva alternativa priva di riscontri (come quella di un’operazione speculativa concordata) viene considerata irrilevante ai fini della valutazione del ‘fumus commissi delicti’ e della legittimità del sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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