Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 26998 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 26998 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Ceccano il 22/03/1957
avverso l’ordinanza emessa il 11/02/2025, dal Tribunale di Lecce visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha concluso insiste per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 11/02/2025, il Tribunale di Lecce ha dichiar inammissibile l’appello proposto da COGNOME NOME, ai sensi dell’art. 322-bis c proc. pen., avverso l’ordinanza del 09/12/2024 con cui il G.i.p. del Tribuna Lecce aveva dichiarato inammissibile, ed in ogni caso rigettato, l’ista dissequestro e restituzione del quantitativo di oro oggetto del contratto ” Tesoro”, a suo tempo stipulato dal ricorrente con la ERAGIONE_SOCIALE, ovvero de controvalore in danaro: istanza che l’COGNOME aveva proposto, quale terzo
interessato, con riferimento al sequestro preventivo disposto nei confronti (t altri) della predetta società, nell’ambito di un complesso procedimento per tributari ed altro (decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Trib di Lecce in data 19/10/2022).
Ricorre per cassazione l’COGNOME a mezzo del proprio difensore, deducendo inosservanza ovvero erronea applicazione della legge e vizio d motivazione, anche in relazione alla mancata considerazione dei motivi di appel proposti.
Nel ricostruire la vicenda, si rappresenta che il ricorrente aveva depos presso la società RAGIONE_SOCIALE dei metalli preziosi del tipo oro sott forma di “Conto Tesoro”, e che il contratto di adesione a tale propost investimento era valido ed efficace, come espressamente asserito dal G.i.p. co provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro: in quella sede, infa stato tra l’altro precisato che “le varie opzioni contemplate dal contratto po essere azionate nelle forme e nelle tempistiche previste dal contratto stesso, restando che, in caso di richiesta di ritiro del metallo o di sua cessione a RAGIONE_SOCIALE necessaria l’autorizzazione del giudice delegato”.
Si deduce altresì l’insussistenza di dubbi sul diritto di proprietà dei pre capo all’istante, alla luce della documentazione in atti e dell’assenza di q collegamento con le società al centro delle indagini: peraltro, per effet provvedimento ablativo, l’COGNOME e gli altri soggetti interessati si erano v privare della disponibilità di beni di loro esclusiva proprietà.
Il ricorrente si diffonde poi sull’evoluzione normativa e giurisprudenzia tema di diritti dei terzi in buona fede, con particolare riferimento alle disp di cui agli artt. 52 segg. del d.lgs. n. 159 del 2011 (applicabili alla fatt esame ai sensi dell’art. 104-bis disp. att. cod. proc. pen.), e alla poss ottenere il riconoscimento del credito ai sensi dell’art. 58 dello stesso d lamenta altresì, con riferimento alla concreta fattispecie, la ma considerazione della consulenza a firma dell’arch. COGNOME in ordine alla possibi di poter soddisfare i crediti vantati dallo Stato con gli immobili nella dispo del proposto.
Dopo essersi a lungo soffermata sulla assoluta buona fede del ricorrente, difesa richiama le ulteriori affermazioni del G.i.p. secondo cui, da un lato acquistato tramite il prodotto ‘Conto Tesoro’ non dovrebbe farsi rientrare metalli sottoposti a sequestro”, trattandosi di beni appartenenti a terzi; lato, secondo il G.i.p., “la confusione contabile e materiale tra l’oro normalmente utilizzato da RAGIONE_SOCIALE per la sua attività” aveva determinato il s confluire tra i beni strumentali all’attività dell’impresa in sequestro. Al rig difesa evidenzia che tale “confusione contabile” non era in alcun modo addebitab
a colpa o negligenza dell’COGNOME e degli altri terzi interessati, che erano quindi titolari dell’oro in sequestro e legittimati a chiederne la restituzione.
La difesa censura poi le ulteriori affermazioni del Tribunale, secondo cui il ricorrente – dopo la vendita dell’oro e il versamento del controvalore presso il FUG, ad opera dell’amministrazione giudiziario della EGM previa autorizzazione del G.i.p. – sarebbe titolare, quale terzo interessato, solo di una posizione creditoria da far valere in sede di verifica degli altri crediti, da compiersi all’udienza di all’art. 57 d.lgs. n. 159. Si osserva, al riguardo, che ai terzi deve darsi la possibil di ricevere la somma pari al controvalore dell’oro oggetto dell’investimento, dato che nessuna responsabilità poteva essere loro addebitata per la vendita dei preziosi, disposta in pendenza di sequestro non ancora divenuto confisca.
Sempre al fine di contrastare la valutazione di inammissibilità formulata dal Tribunale, la difesa evidenzia che l’COGNOME aveva effettivamente richiesto il controvalore in danaro, e che lo stesso RAGIONE_SOCIALE aveva sottolineato la perdurante validità ed efficacia dei contratti di adesione al prodotto “Conto Tesoro”. In tale prospettiva, si deduce anche l’inconferenza dell’ulteriore rilievo del Tribunale secondo cui “durante la ricognizione delle rimanenze di magazzino, sia durante l’operazione di sequestro con l’ausilio della P.G. e alla presenza dell’amministratore pro tempore, sia nelle successive operazioni di ricognizione del magazzino non veniva riscontrato oro/metallo prezioso specificamente identificato o depositato in un apposito caveau e destinato al prodotto “Conto Tesoro” e, dunque, ai singoli sottoscrittori, viceversa previsto nelle condizioni generali di contratto al punto 3.3″
In conclusione, la difesa ricorrente contesta la declaratoria di inammissibilità, vantando l’COGNOME un interesse concreto ed attuale alla restituzione dell’oro o del suo controvalore in denaro.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita una declaratoria di inammissibilità del ricorso, evidenziando che la difesa ricorrente non si era adeguatamente confrontata con i profili di inammissibilità posti in rilievo nel provvedimento del Tribunale.
Con memoria di replica, la difesa ricorrente riprende e sviluppa i motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Deve in primo luogo osservarsi che il Tribunale di Lecce ha posto in evidenza, in via preliminare (pag. 1), che il G.i.p., con l’ordinanza del 09/12/2024, aveva dichiarato inammissibile l’istanza di dissequestro, ritenuta meramente
ripropositiva di questioni già esaminate e disattese in occasione del preced provvedimento di rigetto di un’analoga istanza, emesso in data 24/11/2023 rispetto alla quale non erano stati dedotti ulteriori elementi di novità ovver previamente conosciuti.
Gli effetti preclusivi derivanti dalla decisione del 2023, evidenziati dal G. testualmente richiamati dal Tribunale di Lecce nel provvedimento oggetto del ricorso per cassazione, non sono stati in alcun modo contestati con l’atto di ap (né, tantomeno, nella sede odierna), con la conseguente originaria inammissibil dell’appello proposto nell’interesse dell’odierno ricorrente. Cfr. sul punto altre, Sez. 6, n. 1919 del 10/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287512 – 01 quale – in una fattispecie di impugnazione meramente ripropositiva della origina istanza de libertate ha chiarito che «l’appello cautelare di cui all’art. 310 co proc. pen. ha la fisionomia strutturale e strumentale degli ordinari mez impugnazione, sicché deve individuare i punti della decisione oggetto di censu ed enunciare i motivi di fatto e di diritto che si sottopongono al giudice del gr in termini specifici, o almeno con una specificità proporzionale a quella argomentazioni che sorreggono il provvedimento impugnato»; in senso conforme, cfr. ad es. Sez. 5, n. 9432 del 12/01/2017, COGNOME, Rv. 269098 – 01. Si tratta un principio pacificamente applicabile all’appello cautelare reale (in questo s cfr. ad es. Sez. 2, n. 46575 del 11/11/2022, RAGIONE_SOCIALE).
Il Tribunale di Lecce ha fondato la declaratoria di inammissibi dell’appello proposto dall’COGNOME anche sulla necessità di fare applicazion dell’insegnamento giurisprudenziale secondo cui “l’interesse ad impugnare dev essere concreto ed attuale, cosicchè alla richiesta di eliminazione o riforma decisione gravata deve conseguire un risultato vantaggioso (Sez. U, n. 28911 d 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953), che deve corrispondere allo schema tipizzato dall’ordinamento con l’impugnazione. Il gravame deve essere funzionale ad un risultato immediatamente produttivo di effetti nella sfera giuri dell’impugnante” (cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato).
3.1. A sostegno della inammissibilità dell’appello, il Tribunale ha attribui dirimente rilievo alla impossibilità, per il ricorrente, di ottenere il diss dell’oro di cui al contratto “Conto Tesoro” a suo tempo stipulato, in primo l perché l’amministratore giudiziario della RAGIONE_SOCIALE (nel frattempo nominato a seguito del sequestro delle quote societarie) aveva chiesto ed ottenuto – come emer dalla documentazione prodotta in udienza camerale dal P.M. – l’autorizzazione d RAGIONE_SOCIALE. a vendere l’oro in sequestro, e a versare il ricavato presso il F.U.G.
In secondo luogo, il Tribunale ha richiamato le ulteriori indicazioni fornit predetto amministratore giudiziario in ordine al mancato reperimento – nel operazioni di ricognizione delle rimanenze di magazzino, e nella successiva fase
esecuzione del sequestro – di oro “specificamente identificato o depositat apposito caveau e destinato al prodotto ‘Conto Tesoro’, e, dunque, ai sin sottoscrittori, come viceversa previsto nelle condizioni generali di contra punto 3.3” (cfr. pag. 2 dell’ordinanza impugnata).
In tale situazione, il Tribunale ha ritenuto che “l’appellante, in quanto te buona fede, ha dunque solo un diritto di credito, che potrà far valere innan giudice che ha emesso il decreto di sequestro, ai sensi degli artt. 52 e ss 16ì59/2011, richiamato dall’art. 104-bis disp. att. c.p.p., come la stessa dif evidenziato in sede di istanza di’ dissequestro. Il giudice delegato dovrà q provvedere alla verifica di tutti i crediti vantati nei confronti della societ previa fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. 159/2011” (cf 2, cit.).
3.2. Anche tale passaggio motivazionale è rimasto privo di adeguata confutazione da parte della difesa ricorrente, che si è a lungo soffer nell’odierno ricorso – in termini sostanzialmente sovrapponibili a quelli prosp nell’istanza rigettata, nell’appello e anche nelle note conclusive – sulle dispo del d.lgs. n. 159 del 2011 e sulla tutela assicurata ai terzi estranei al quelle disposizioni: osservando tra l’altro che “il ereditare potrà av all’Autorità Giudiziaria domanda di riconoscimento del proprio credito ai sensi successivo art. 58 del Codice Antimafia; a seguito del quale si instaurer procedimento volto ad identificare quali siano i terzi creditori che concorrono formazione dello stato passivo ed al successivo piano di riparto” (cfr. l’o pagina del ricorso, privo di numerazione).
Coglie allora nel segno il rilievo del Tribunale secondo cui è stata la s difesa ricorrente ad aver ritenuto pacifica, sin dalla proposizione dell’is l’applicabilità delle disposizioni del c.d. codice antimafia alla odierna fattis ad aver preso in esplicita considerazione il meccanismo di tutela ivi approntato gli artt. 57 segg. (domanda di ammissione del creditore, fissazione dell’udienz verifica, composizione dello stato passivo, ecc.).
Peraltro, la difesa non ha in alcun modo chiarito le ragioni per cui il ricor dovrebbe ritenersi esentato da tale procedimento di verifica “concorsual essendosi limitata ad insistere lungamente sulla buona fede del ricorre medesimo: senza peraltro considerare non solo che tale condizione era stat esplicitamente riconosciuta dal Tribunale di Lecce (cfr. supra, § 3.1), ma che proprio la buona fede costituisce un indefettibile presupposto perché la verific credito vantato dal terzo, ai sensi degli artt. 52 segg., abbia un esito posi
È peraltro utile evidenziare che alle medesime conclusioni di inammissibil dell’appello si perviene anche nell’ipotesi in cui si intenda seguire l’it
ricostruttivo tracciato dal G.i.p. del Tribunale di Lecce, nel provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro emesso in data 09/12/2024.
4.1. In quella sede, era stato testualmente richiamato il contenuto della già citata ordinanza in data 24/11/2023, nella quale, da un lato, il G.i.p. aveva precisato che il prodotto “Conto Tesoro”, acquistato dal ricorrente prima del sequestro del 100% delle quote della EGM s.p.a., era destinato agli investitori ed era offerto da una società regolarmente iscritta nell’apposito registro della Banca d’Italia; il relativo contratto “prevedeva la vendita di oro da RAGIONE_SOCIALE ai privati che ne facevano richiesta e il metallo acquistato dagli investitori doveva restare in deposito presso la RAGIONE_SOCIALE; alle scadenze previste dal contratto il cliente aveva facoltà di: 1) lasciare in custodia l’oro presso RAGIONE_SOCIALE; 2) ritirare il metallo acquistato previa una fusione e conversione in lingotti; 3) cederlo alla stessa RAGIONE_SOCIALE ed incassare il corrispettivo al Fixing (prezzo dell’oro) della data di richiesta” (cfr. pag. dell’ordinanza del 09/12/2024).
D’altro lato, avuto riguardo alla prosecuzione dell’attività della EGM (per la quale l’amministratore giudiziario aveva chiesto di essere autorizzato, in ragione della discreta situazione societaria), il G.i.p. aveva ulteriormente osservato che poteva “pertanto ritenersi valido ed efficace il contratto sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE con RAGIONE_SOCIALE per l’adesione al prodotto Conto Tesoro, per cui le varie opzioni contemplate dal contratto potranno essere azionate nelle forme e nella tempistica prodotte dal contratto stesso, fermo restando che, in caso di richiesta di ritiro del metallo o di una sua cessione a RAGIONE_SOCIALE, sarà necessaria l’autorizzazione del giudice delegato prima di dare esecuzione alla richiesta, dovendosi qualificare tali atti come di straordinaria amministrazione che possono compromettere la gestione dell’azienda in sequestro” (cfr. pag. 2 del decreto del G.i.p. in data 09/12/2024).
4.2. Nella parte conclusiva del proprio ricorso, la difesa ha richiamato tali passaggi argomentativi, censurando la prospettazione del Tribunale di Lecce nella parte in cui aveva ritenuto che il ricorrente fosse ormai titolare di un mero diritto di credito: precisando, in tale diversa prospettiva “contrattuale”, di aver fatto anche richiesta del controvalore in danaro.
Deve peraltro osservarsi – e il rilievo assume valenza dirimente – che le facoltà derivanti dal contratto stipulato dal ricorrente con la EGM potranno eventualmente essere esercitate nei confronti dell’amministratore giudiziario, ove questi decida di subentrare ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 56 d.lgs. n. 1 del 2011: essendo il predetto amministratore, come già chiarito nel provvedimento di rigetto dell’istanza di dissequestro, l’unico soggetto legittimato a prendere in considerazione le richieste formulate in tale ambito, e ad assumere le conseguenziali determinazioni (previa autorizzazione del giudice, ove necessaria).
In buona sostanza, anche ponendosi nella prospettiva prettamente
“contrattuale” delineata dal G.i.p., deve escludersi che dall’incidente caut reale proposto dal ricorrente possa derivare “un risultato immediatament
supra, §
produttivo di effetti nella sfera giuridica dell’impugnante” (cfr.
3).
5. Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle sp
processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa dell
Ammende.
Così deciso il 10 giugno 2025
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