Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14582 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14582 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 18/11/1940
avverso l’ordinanza del 06/11/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di COSENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale del Riesame di Cosenza rigettava l’appello della ricorrente contro il provvedimento di diniego di revoca del sequestro preventivo del conto corrente n. 1000/00000017316 e del relativo saldo contabile di euro 57.734,62, tratto su Banca Intesa San Paolo, intestato alla defunta NOME COGNOME, sequestro disposto nell’ambito di un procedimento penale nel quale la COGNOME è indagata per la falsità del testamento della COGNOME in proprio favore.
Avverso la richiamata ordinanza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, mediante il difensore di fiducia avv. NOME COGNOME articolando un unico, articolato, motivo di impugnazione.
2.1. Sotto un primo aspetto la ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato, pur affermando che il GIP avrebbe compiutamente espresso le ragioni a sostegno delle proprie determinazioni in punto di periculum, ha poi evidenziato che il Tribunale del Riesame può sanare le carenze argomentative dell’ordinanza cautelare, così disattendendo i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza “Ellade”, che non consente l’integrazione di una motivazione totalmente carente come era quella del GIP.
2.2. Sotto un altro aspetto, l’indagata assume che il Tribunale del Riesame ha motivato in maniera inadeguata rispetto al fumus commissi delicti, senza peraltro considerare le risultanze della consulenza tecnica grafologica che era stata allegata all’istanza di revoca della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 motivo, nella sua prima parte, non è fondato.
Le Sezioni Unite, nella stessa pronuncia richiamata dalla ricorrente, hanno chiarito che, se è vero che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art.
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240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculum in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, quando si tratti di confiscare – come nel caso in esame – il profitto del reato l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, NOME, Rv. 281848 – 01).
Nel rispetto di tale principio generale, il Tribunale del Riesame ha posto in rilievo l’adeguatezza della motivazione della decisione del GIP che, stante la natura fungibile del denaro tratto sul conto corrente, ne ha evidenziato la possibilità di dispersione ed utilizzo da parte dell’indagata.
Di qui, la decisione impugnata non ha integrato una motivazione solo apparente del GIP, come sostenuto dalla COGNOME, ma, del tutto legittimamente, ha aggiunto alle già adeguate argomentazioni poste a fondamento del provvedimento genetico in punto di periculum che, nella fattispecie in esame, il conto corrente sequestrato rappresenta l’oggetto del testamento del quale si assume la falsità, con la conseguenza che sussiste un nesso strumentalità necessario con il reato e ha altresì sottolineato, in modo congruo, che le sole dedotte e non documentate disponibilità economiche della ricorrente sarebbero insuscettibili di evitare che venga compromessa la possibilità di recuperare gli importi.
Il motivo, nella seconda parte, laddove contesta l’adeguatezza della motivazione in ordine al fumus commissi delicti, è manifestamente infondato.
Invero, la decisione del Tribunale del Riesame ha spiegato diffusamente poiché, allo stato, sussistono gravi indizi di colpevolezza a carico della COGNOME individuandoli non già nella mera non riconducibilità della sottoscrizione alla mano della de cuius, attraverso il confronto con quella apposta in un atto di donazione che si assume contestualmente stipulato al testamento olografo di cui si tratta – e dunque scrittura di comparazione logicamente ritenuta di peculiare rilievo – ma anche in elementi ulteriori. In particolare, è stato congruamente valorizzato che la stessa indagata ha consegnato il testamento al notaio e che quest’ultimo ha riferito che la testatrice si era appartata in una stanza per redigere le sue ultime volontà per un tempo di circa un’ora, tempo difficilmente compatibile con la brevità del testamento. Inoltre, è stato evidenziato che l’indagata, pur consapevole sin dall’inizio del testamento
olografo, lo ha recuperato presso il notaio solo dopo oltre un anno dalla morte della defunta, quando era ormai iniziata la successione dagli eredi legittimi.
3. Il ricorso deve dunque essere complessivamente rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna tticorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 febbraio 2025
Il Consigliere COGNOME
Il Presidente