Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 15497 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 15497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 01/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME nato a ROSARNO il 27/08/1975
NOME nata in UCRAINA il 13/12/1984
NOME nato in UCRAINA il 06/11/1962
NOME nata in UCRAINA il 19/06/1963
avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale del riesame di Messina in data 25/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal presidente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata ordinanza, il Tribunale del riesame di Messina ha dichiarato inammissibile l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME ed ha respinto l’istanza di riesame proposta da COGNOME e NOME COGNOME e, per l’effetto, ha confermato il decreto di sequestro preventivo della somma di denaro di C 6.350,00, sottoposta a sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 comma 2 cod.proc.pen., art. 240 bis cod.pen. e
85 bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, nell’ambito di indagini svolte nei confronti di COGNOME NOME per i reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90.
A sostegno del ricorso per cassazione i ricorrenti, a mezzo del difensore, deducono due motivi di ricorso.
Violazione dell’art. 606 comma 1 lett. c) cod.proc.pen. in relazione all’inosservanza dei termini di efficacia di cui all’art. 321 commi 3 bis e 3 ter cod.proc.pen. Si sostiene, in particolare, che la richiesta rivolta al GIP del Tribunale di Messina dal PM, in data 7 agosto 2024, avrebbe avuto la funzione di convalida di un sequestro già eseguito dalla polizia giudiziaria, in data 25 giugno 2024, il giorno stesso del rinvenimento delle somme in occasione dell’esecuzione della misura personale nei confronti del COGNOME e di conseguenza la richiesta del P.M. formulata due mesi dopo rispetto al sequestro, e non entro il limite di quarantotto ore richiesto dall’art. 321 comma 3 bis cod.proc.pen., sarebbe stata emessa in violazione dei termini di legge. Inoltre, risulterebbe viziata anche la successiva convalida da parte del giudice, compiuta al di fuori dei dieci giorni di tempo dal decreto d’urgenza del PM. Il decreto di sequestro sarebbe privo di efficacia per mancato rispetto dei termini di cui all’art. 321 commi 3 bis e 3 ter cod.proc.pen.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett e) cod.proc.pen. in relazione alla manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui non sarebbe riscontrabile né il requisito fondamentale del fumus commissi delicti relativo alla fattispecie di reato, né della concretezza ed attualità del pericolo che la disponibilità della somma di denaro sequestrata possa aggravare le conseguenze del reato o agevolarne ulteriori, né della pertinenza delle stesse rispetto ai fatti contestati. somme sequestrate, al contrario, risulterebbero necessarie alle esigenze di vita quotidiane dei ricorrenti.
Il Procuratore Generale ha chiesto l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, pur per ragioni diverse, sono tutti inammissibili.
Va in primo luogo rilevato che l’ordinanza impugnata ha confermato il decreto di sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 321 comma 1 cod.proc.pen., della somma di denaro, sottoposta a sequestro durante l’esecuzione della misura custodiale nei confronti di COGNOME COGNOME, ritenuta nella sua disponibilità in quanto profitto dei reati di cui agli artt. 74 e 73 comma 1 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sussistendo il pericolo che la libera disponibilità della predetta somma potesse agevolare la commissione di altri reati in materia di stupefacenti, essendo
altamente probabile che il predetto possa reinvestire il denaro sequestrato nel traffico di stupefacenti.
Fatta questa premessa, sono inammissibili i ricorsi di NOME e NOME, suoceri dell’indagato, e del ricorso di NOMECOGNOME moglie dell’indagato.
Già l’ordinanza impugnata aveva dichiarato inammissibili i ricorsi di COGNOME COGNOME e COGNOME COGNOME soggetti non indagati rispetto ai quali non si poteva ritenere che avessero la disponibilità della somma rivenuta nell’abitazione del genero, abitazione diversa rispetto a quella dei coniugi COGNOME, somma di denaro, si rammenta, suddivisa in due mazzette di banconote da C 50,00 e occultata all’interno di un mobile del soggiorno in un cestello del ghiaccio, né parimenti poteva ritenersi dimostrato che fosse un contributo economico in favore della famiglia della figlia e del genero, avuto riguardo alla capacità economica di costoro. Da cui l’assenza di legittimazione del terzo (non sono indagati) in assenza di dimostrazione della disponibilità in capo a costoro e del conseguente diritto alla restituzione della somma sequestrata. Assenza di legittimazione che non viene censurata nel ricorso per cassazione, da cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione che, anche privo di procura speciale ai sensi dell’art. 100 cod.proc.pen. rilasciata dal soggetto terzo è, anche per tale ragione, inammissibile.
Alla stessa conclusione si perviene con riguardo al ricorso di NOMECOGNOME stante l’assenza di procura speciale ai sensi dell’art. 100 cod.proc.pen. essendo soggetto terzo rispetto ai reati di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309/90 contestati al coniuge, che avrebbe diritto alla restituzione.
La giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio secondo cui per la presentazione del ricorso per cassazione delle misure cautelari proposto da “soggetti portatori di un interesse meramente civilistico, vale la regola prevista dall’articolo 100 cod.proc.pen., secondo cui stanno in giudizio col ministero di un difensore munito di procura speciale. Difatti solo all’indagato/l’imputato è consentito di stare in giudizio personalmente, avendo solo l’obbligo di munirsi di un difensore che, oltre ad assisterlo, lo rappresenta ex lege in forza di tale rappresentanza ed è titolare di un diritto all’impugnazione in favore dell’assistito senza alcuna necessità in un’apposita procura speciale, prevista soltanto per quei singoli atti espressamente indicati dalla legge” (Sez. 2, n. 15097 del 19/03/2014 COGNOME, Rv. 259429; Sez. 2, n. 661 del 03/12/2013, Rv. 258580).
Quanto al ricorso di NOME COGNOME il ricorso è manifestamente infondato. Inammissibile è la censura di violazione dell’art. 321 comma 3 bis cod.proc.pen. con cui si denuncia l’inefficacia del provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Messina, in data 19 settembre 2024, sul presupposto che il decreto fosse stato emesso in
esito a convalida del decreto di sequestro disposto in via d’urgenza dalla p.g. ai sensi degli artt. 321 commi 3 bis e 3 ter cod.proc.pen.
L’ordinanza impugnata, in risposta alla medesima censura difensiva svolta nell’istanza di riesame, ha dato atto che il sequestro preventivo era stato disposto dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Messina a seguito di ordinaria richiesta del Pubblico Ministero e non era conseguente ad un sequestro effettuato in via d’urgenza dalla polizia giudiziaria con richiesta di convalida del P.M. non seguita dalla convalida nei termini di legge.
Sul punto il ricorrente reitera la medesima doglianza, in via del tutto assertiva, senza confronto con la decisione impugnata.
Ma in ogni caso, la censura risulta anche manifestamente infondata.
Il ricorrente censura il mancato rispetto del termine di cui all’art. 321 comma 3 bis cod.proc.pen. sotto il profilo dell’osservanza della tempestività del termine per la richiesta di convalida del sequestro operato in via d’urgenza dalla p.g. e della conseguente inefficacia del decreto di sequestro preventivo del G.I.P. ex art. 321 comma 3 ter cod.proc.pen. per mancato rispetto del termine di quarantotto per la richiesta di convalida.
La censura appare anche manifestamente infondata alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui in materia di sequestro preventivo d’urgenza ordinato dal P.M. o disposto dalla polizia giudiziaria, l’inosservanza dei termini di quarantotto ore di cui all’art. 321, comma 3 bis, cod. proc. pen., non preclude al giudice il potere di imporre ugualmente il vincolo reale, e dal mancato rispetto del termine non consegue l’automatica inefficacia del sequestro ben potendo il giudice disporre autonomamente il sequestro con efficacia “ex nunc”. Il termine per la convalida, infatti, non costituisce presupposto o condizione di legittimità dell’emissione del provvedimento da parte del giudice, in quanto non è possibile ritenere che l’esercizio del potere attribuitogli in via ordinaria sia assoggettabile a condizio dipendenti dalla sfera di discrezionalità del P.M. (Sez. 3, n. 15717 del 11/02/2009, COGNOME, Rv. 243249 – 01; Sez. 3, n. 42898 del 28/09/2004, COGNOME, Rv. 229895 – 01).
Nel merito, tenuto conto che in tema di ricorso per cassazione proposto avverso provvedimenti cautelari reali, l’art. 325 cod. proc. pen. consente il sindacato di legittimità soltanto per motivi attinenti alla violazione di legge e nell cui nozione rientrano anche i vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza, come tale apparente e, pertanto, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, NOME, Rv. 254893; Sez. 5, n.
43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093), nel caso in esame il provvedimento impugnato è assistito da motivazione che non appare né assente né apparente.
Il Tribunale di Messina ha dato atto che si procede per la violazione dell’art.
73 e 74 d.P.R. n. 309/90, che il ricorrente era stato attinto da misura cautelare, che la somma di denaro, suddivisa in due mazzette di banconote da C 50,00 e
occultata all’interno di un mobile del soggiorno in un cestello del ghiaccio, era provento del reato di traffico di stupefacente ed essendo l’indagato
sistematicamente dedito a tale attività illecita, vi era la concreta probabilità che denaro sequestrato potesse essere reimpiegato in nuovi acquisiti, qualora non
fosse mantenuto il vincolo reale, sicchè la motivazione sia sul fumus commissi
che sul delicti
periculum in mora appare per nulla apparente, unico vizio rilevabile
in questa sede.
6. I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data
13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso il 01/04/2025