Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 16117 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 16117 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GELA il 15/02/1978
avverso l’ordinanza del 18/07/2024 del TRIB. LIBERTA di MESSINA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 24 ottobre 2024 il Tribunale di Messina, investito ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc. pen., ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, contro l’ordinanza pronunciata il 12 agosto 2024 dal Giudice per le indagini’ preliminari del Tribunale di Messina con la quale era stata respinta la richiesta di revoca del decreto di sequestro preventivo dell’autovettura Mercedes targata TARGA_VEICOLO
Per miglior comprensione della vicenda e dei motivi di ricorso è necessario chiarire che l’autovettura della quale è stata chiesta la restituzione è stata sottoposta a sequestro preventivo dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina con ordinanza in data 1-4 giugno 2024, nell’ambito di un procedimento aperto a carico di numerosi indagati e, tra questi, di NOME COGNOME e NOME COGNOME sottoposti ad indagini: il primo quale promotore di una associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico (capo 31 dell’ordinanza genetica); entrambi, in concorso tra loro e con NOME COGNOME, del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. (capo 33 dell’ordinanza genetica). Secondo l’ipotesi accusatoria, NOME COGNOME oltre a dirigere l’attività di narcotraffico, avrebbe costituito diverse società nelle quali sarebbero stati reimpiegatì i profitti del traffic di stupefacenti e di altre attività illecite. Tra queste società – a lui riconducibili, fittiziamente intestate a terze persone anche al fine di evitare l’adozione di misure di prevenzione patrimoniali – ci sarebbe stata la «RAGIONE_SOCIALE» con sede a Barcellona Pozzo di Gotto, intestata fino al 13 marzo 2023 a NOME COGNOME, compagna di COGNOME, e poi a NOME COGNOME.
Il Tribunale riferisce che, nell’ambito del procedimento, oltre alle misure cautelari reali cui si riferisce il presente ricorso, sono state disposte anche misure cautelari personali e che, ritenuto il fumus del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. il Giudice per le indagini preliminari ha disposto il sequestro preventivo: della «RAGIONE_SOCIALE»; di altre società riferibili a COGNOME e fittiziamente intestate a terzi; di b riconducibili a queste società o alla persona di COGNOME; di beni intestati a NOME COGNOME che di COGNOME era il prestanome. Riferisce, inoltre, che il decreto di sequestro preventivo aveva ad oggetto numerose autovetture che COGNOME è gravemente indiziato di aver acquistato e venduto, quale prestanome di COGNOME. Tra queste auto vi è la Mercedes targata TARGA_VEICOLO della quale la COGNOME ha chiesto la restituzione.
A sostegno della richiesta di revoca del sequestro preventivo oggetto del presente ricorso la difesa ha sottolineato: che, al momento del sequestro, il bene
era intestato alla «RAGIONE_SOCIALE»; che nulla consente di attribuire a NOME COGNOME o NOME COGNOME l’effettiva disponibilità della macchina o di sostenere che l’intestazione alla «RAGIONE_SOCIALE» sia fittizia; che NOME COGNOME, legale rappresentante della «RAGIONE_SOCIALE, non è indagata per violazione dell’art. 512 bis cod. pen.
L’istanza di restituzione è stata respinta dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina il quale, richiamando una relazione predisposta dall’amministratore giudiziario dei beni in sequestro, ha ritenuto esistenti «rapporti affaristici di dubbia liceità» tra l’istante e gli indagati.
Contro questa ordinanza il difensore della COGNOME ha proposto appello sottolineando che, quando il sequestro preventivo è stato richiesto, l’auto non era già più nella disponibilità di NOME COGNOME (il quale, in tesi accusatoria, l’avrebbe acquistata e detenuta per conto di NOME COGNOME). Ha osservato, inoltre, che la «dubbia liceità» dei rapporti tra la COGNOME e gli indagati è stata ipotizzata perché la società della quale NOME COGNOME è legale rappresentante aveva già acquistato la Mercedes in sequestro il 6 febbraio 2022 per venderla il 20 febbraio 2022 a NOME COGNOME e costei l’aveva poi venduta a NOME COGNOME ma ciò non consente di sostenere la non estraneità al reato della «RAGIONE_SOCIALE» e della sua amministratrice. La società, infatti, svolge attività compravendita di autovetture e non è infrequente, nel mercato di veicoli usati, che un’auto possa tornare più volte nella disponibilità dello stesso rivenditore.
L’appello è stato respinto dal Tribunale di Messina con ordinanza del 24 ottobre 2024. Dalla lettura di questo provvedimento emerge che, prima di chiedere la revoca del sequestro preventivo dell’auto targata TARGA_VEICOLO, la COGNOME aveva proposto istanza di riesame contro il provvedimento di sequestro e il Tribunale di Messina, adito ex art. 324 cod. proc. pen., l’aveva respinta con ordinanza del 18 luglio 2024 sulla quale si è formato giudicato cautelare.
Il Tribunale ha sottolineato l’esistenza di un giudicato cautelare e tuttavia ha esaminato l’appello al fine di verificare se í nuovi elementi addotti giustificassero la revoca. Questa valutazione ha avuto esito negativo. Si è ritenuto infatti che gli argomenti sviluppati dalla appellante non fossero «utili ai fini di una rivalutazione in melius» della posizione della ricorrente».
Si è osservato a tal fine:
che l’autovettura oggetto della richiesta di restituzione è stata interessata da trasferimenti di proprietà «anomali» e «meritevoli di approfondimento» in ragione del prezzo di acquisto e di vendita;
che, in particolare, il 30 ottobre 2023, NOME COGNOME cedette l’auto a NOME COGNOME al prezzo di 35.000 euro e, il 13 marzo 2024, COGNOME la trasferì alla RAGIONE_SOCIALE al prezzo di C 30.000 (inferiore a quello di acquisto);
che la RAGIONE_SOCIALE – dalla quale la RAGIONE_SOCIALE ha acquistato il veicolo – è «soggetto commerciale in stretti rapporti» con la «RAGIONE_SOCIALE»;
che, «in sede di esecuzione del sequestro, beni formalmente intestati alla RAGIONE_SOCIALE sono stati rinvenuti nella disponibilità della Si» e NOME COGNOME risulta essere stato «in più occasioni in relazione col Biondo, da cui ha acquistato anche altri veicoli destinati ad essere rivenduti, a stretto giro, con modalità analoghe a quelle riscontrate nel presente caso»;
che, secondo il collaboratore di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME reinvestiva i proventi del narcotraffico nella commercializzazione di autovetture di provenienza estera furtiva ed effettuava «plurimi passaggi di proprietà a soggetti compiacenti al fine di “ripulire” il veicolo, occultandone la provenienza criminosa»;
che, in questo contesto, non è sostenibile un acquisto avvenuto in buona fede da parte della Verauto;
che, al momento dell’acquisto, la COGNOME poteva agevolmente rendersi conto dei «plurimi ed anomali trasferimenti precedenti e, soprattutto, dell’incongruità dei prezzi praticati»;
che, pertanto, l’istanza di restituzione avanzata dalla difesa non conteneva elementi idonei a scalfire il quadro cautelare già vagliato con l’ordinanza del 18 luglio 2024 sulla quale si è formato giudicato cautelare.
Il difensore e procuratore speciale di NOME COGNOME ha proposto tempestivo ricorso contro l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Messina ai sensi dell’art. 322 bis cod. proc. pen. Il ricorso consta di un unico articolato motivo col quale la ricorrente deduce violazione di legge con riferimento agli artt. 125, comma 3, e 321 cod. proc. pen. e all’art. 240 bis cod. pen.
Secondo la difesa, l’ordinanza impugnata non avrebbe chiarito a quale tipo di confisca è funzionale il sequestro preventivo e, in particolare, se si tratta di una confisca per sproporzione o, invece, di una confisca «diretta o per equivalente» di un bene pertinente al reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. Nel ricorso si osserva che il Tribunale parla dei veicoli sequestrati come di cose «pertinenti al reato di intestazione fittizia», ma richiama anche la disposizione di cui all’art. 240 bis cod. pen. Così argomentando – sostiene la difesa – l’ordinanza impugnata sembra far riferimento a un sequestro per sproporzione e, in questa prospettiva, sarebbe stato necessario spiegare perché NOME COGNOME o NOME COGNOME possano essere considerati titolari dell’auto in sequestro per interposta persona e, in specie, per il tramite della COGNOME, che era intestataria della Mercedes targata TARGA_VEICOLO quando ancora il sequestro non era neppure stato chiesto.
4 GLYPH
7Qu
A sostegno di tali argomentazioni la difesa rileva che il Tribunale non ha esaminato con la dovuta attenzione i passaggi di proprietà della Mercedes targata TARGA_VEICOLO e ha richiamato le considerazioni dell’Amministratore giudiziario dei beni in sequestro in ordine all’esiguo profitto che la Verauto avrebbe ricavato dalle due operazioni di compravendita che interessarono l’auto. Non ha considerato, però, che il primo acquisto avvenne il 6 febbraio 2022 al prezzo di C 39.130,00 e ad esso seguì, il 20 febbraio 2022, non una semplice vendita, bensì una vendita con permuta per un valore complessivamente indicato in C 40.300,00 sicché al guadagno rappresentato dalla differenza tra il prezzo di acquisto e quello di vendita (valutato esiguo nell’ordinanza) deve aggiungersi l’ulteriore guadagno ricavato dalla rivendita dell’auto ricevuta in permuta che avvenne al prezzo di C 22.000,00 a fronte del valore di C 20.300,00 indicato al momento dell’acquisto. La difesa sottolinea che una situazione analoga si verificò il 20 marzo 2024, quando la RAGIONE_SOCIALE acquistò nuovamente la Mercedes dalla RAGIONE_SOCIALE. Anche in questo caso, infatti, si trattò di una vendita con permuta. Il valore della Mercedes fu determinato in C 34.000,00 e la RAGIONE_SOCIALE non lo pagò perché consegnò in corrispettivo alla RAGIONE_SOCIALE un’auto di valore superiore ricevendo da questa società la somma di C 21.000,00.
La difesa si duole che questa documentazione, prodotta dalla ricorrente al fine di attestare la regolarità delle operazioni commerciali compiute, non sia stata compiutamente esaminata e sottolinea che, nell’ordinanza pronunciata il 18 luglio 2024 all’esito della richiesta di riesame (allegata al ricorso), erano stati sollevat dubbi sull’effettivo pagamento del prezzo della Mercedes da parte della RAGIONE_SOCIALE. Si era sostenuto, inoltre (pag. 4), che la RAGIONE_SOCIALE appariva come un «soggetto giuridico in stretti rapporti di cointeressenza sia con il COGNOME che con la RAGIONE_SOCIALE avendo significativamente acquistato e rivenduto a stretto giro lo stesso veicolo per ben due volte, per prezzi peraltro incongrui».
In tesi difensiva, la documentazione allegata alla richiesta di revoca del sequestro preventivo (più ampia di quella allegata alla richiesta di riesame perché comprensiva dei contratti di vendita relativi alla Mercedes, della documentazione contabile, dell’estratto conto della società e dell’elenco dei clienti e fornitori del stessa), sarebbe idonea a confutare le argomentazioni sviluppate nell’ordinanza del 18 luglio 2024 perché dimostra che la società non ha avuto rapporti commerciali con gli indagati e ha acquistato, venduto e (due anni dopo) nuovamente acquistato l’auto sottoposta a sequestro con operazioni regolari dalle quali ha ricavato un profitto non minimo. Pertanto, tale documentazione avrebbe dovuto essere dettagliatamente esaminata. L’ordinanza impugnata, invece, ha sostenuto (pag. 3 della motivazione) che si trattava di documenti «già oggetto di valutazione in sede di riesame», utili a dimostrare «esclusivamente il titolo formale
di proprietà» e inidonei a «fornire adeguata prova a supporto del requisito della buona fede, allo stato meramente asserita, ma smentita dalle anomalie delle plurime operazioni negoziali». Secondo la difesa, questa motivazione rende evidente che la documentazione prodotta non è stata esaminata e non consente di ricostruire il percorso logico giuridico posto a sostegno del provvedimento. In questo caso, dunque, il vizio di motivazione sarebbe tale da tradursi in violazione di legge.
Sviluppando queste argomentazioni, la difesa ricorda: che la COGNOME non è mai stata sottoposta ad indagini per il reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. contestato a NOME COGNOME; che il collaboratore di giustizia NOME COGNOME ha attribuito attività di riciclaggio di veicoli alla «RAGIONE_SOCIALE» e a NOME COGNOME, ma non alla «RAGIONE_SOCIALE». Sostiene, inoltre, che l’affermazione (contenuta nell’ordinanza impugnata) secondo la quale, in presenza di plurimi e anomali trasferimenti precedenti, anche in ragione della non congruità dei prezzi pagati, «la buona fede avrebbe imposto» di astenersi dall’acquistare per due volte il medesimo veicolo, è meramente apodittica perché non tiene conto che la «RAGIONE_SOCIALE» commerciava auto usate, sicché non vi è alcuna anomalia nel fatto che nell’arco di due anni abbia potuto acquistare per due volte lo stesso veicolo, né sono state individuate anomalie nel prezzo che la società ha pagato.
In sintesi, secondo la difesa, il Tribunale di Messina ha ritenuto fittizio il trasferimento della Mercedes targata TARGA_VEICOLO dalla RAGIONE_SOCIALE alla Verauto, ma non ha spiegato quali elementi consentano di giungere a questa conclusione. Di conseguenza, la motivazione sarebbe priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice: una carenza idonea, per giurisprudenza costante, a integrare una violazione di legge per la quale, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. è ammissibile il ricorso in Cassazione contro le ordinanze pronunciate a norma dell’art. 322 bis cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore ha replicato con memoria del 9 marzo 2025
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché deduce, sotto forma di violazione di legge, vizi di motivazione, per i quali il ricorso in Cassazione contro le ordinanze pronunciate a norma dell’art. 322 bis cod. proc. pen. non è consentito.
6 GLYPH
.0J
Nell’ordinanza impugnata si legge (pag. 2) che il sequestro preventivo ha riguardato più autovetture che «costituivano anzitutto cose pertinenti al reato di intestazione fittizia, trattandosi di beni riconducibili all’attività di compravendit facente capo a COGNOME e materialmente posta in essere dal COGNOME». Si legge, inoltre, che il valore di questi veicoli è stato ritenuto «sproporzionato rispetto alla capacità reddituale di COGNOME e di COGNOME» (così testualmente pag. 2).
Indicazioni analoghe si rinvengono a pag. 2 dell’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Messina il 18 luglio 2024 a seguito della richiesta di riesame della misura cautelare reale avanzata da NOME COGNOME In questa ordinanza (che è stata allegata all’atto di ricorso) è scritto: «per quanto riguarda le autovetture acquistate da COGNOME, per un valore complessivo particolarmente elevato, il G.i.p. ha disposto il sequestro , nei confronti di COGNOME e di COGNOME, sia ai sensi dell’art. 321, commi 1 e 2 1 cod. proc. pen. in relazione al delitto di cui all’art. 512 bis cod. pen. sia ai sensi del combinato disposto degli artt. 74 del d.P.R. n. 309/90, 512 bis cod. pen. e 240 bis cod. pen.».
Da quanto esposto emerge che le auto sequestrate (Si deve ritenere, dunque, anche l’auto della quale NOME COGNOME ha chiesto la restituzione), sono state sottoposte a provvedimento ablativo:
ai sensi dell’art. 321, comma 1, cod. proc. pen., trattandosi di cose pertinenti al reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. ed essendovi pericolo che la libera disponibilità di quei beni potesse aggravare o protrarre le conseguenze di quel reato ovvero agevolare la commissione di altri reati;
ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. trattandosi di cose delle quali è consentita la confisca.
Parlando di cose «pertinenti al reato di intestazione fittizia riconducibil all’attività di compravendita facente capo a COGNOME e materialmente posta in essere dal Biondo» il Tribunale ha considerato le auto in sequestro (e per quanto qui rileva l’autovettura targata TARGA_VEICOLO) un bene «destinato a commettere il reato» di cui all’art. 512 bis cod. pen., soggetto a confisca ai sensi dell’art. 240, comma 1, cod. pen. Ha fatto poi esplicito riferimento alla disposizione di cui all’art. 240 bis cod. pen., al valore delle auto acquistate da COGNOME nell’ambito di una attività di compravendita facente capo a COGNOME e al fatto che, secondo il G.i.p., il valore complessivo di queste auto era sproporzionato alla capacità reddituale di COGNOME e di COGNOME sicché quei beni dovevano ritenersi acquisitati con il denaro ricavato dalle attività di narcotraffico.
La difesa della ricorrente sostiene che il Tribunale di Messina non avrebbe chiarito se il sequestro preventivo sia funzionale all’uno o all’altro tipo di confisca facoltativa e se ne duole sostenendo che questa incertezza costituirebbe «un
ostacolo insormontabile al controllo di legittimità sui presupposti del sequestro, diversi nelle due ipotesi».
La doglianza è priva di pregio” atteso che l’ordinanza impugnata qualifica l’autovettura oggetto della richiesta di restituzione come cosa pertinente al reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. e richiama espressamente l’ordinanza del 18 luglio 2024, con la quale il Tribunale di Messina ha respinto la richiesta di riesame proposta dalla COGNOME. Questa ordinanza aveva già qualificato il sequestro preventivo come finalizzato alla confisca di una cosa pertinente al reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. e aveva sottolineato a tal fine (citando Sez. 1, n. 68 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258394) che, se un terzo invoca la restituzione di cose pertinenti a reato qualificandosi come proprietario o titolare di altro diritto reale sulle stesse «è tenuto a provare i fatti costitutivi della sua pretesa e, in particolare, oltre alla titolarità del diritto vantato, anche l’estraneità al reat la mancata percezione di qualsiasi profitto derivante dal fatto penalmente sanzionato e la buona fede, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza».
Con l’ordinanza del 18 luglio 2024, il Tribunale per il riesame ha ritenuto che, pur essendo l’autovettura intestata alla «RAGIONE_SOCIALE», il sequestro finalizzato alla confisca dovesse essere mantenuto perché la società aveva acquistato la Mercedes targata TARGA_VEICOLO dopo che la stessa era entrata nella disponibilità di NOME COGNOMEgravemente indiziato del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen.) e questa macchina è stata oggetto di una «operazione commerciale opaca, segnata da ripetuti passaggi di proprietà effettuati a distanza di pochi mesi e, in alcuni casi, addirittura di pochi giorni gli uni dagli altri, per prezzi dichiarati anche incongrui» (così testualmente pag. 3 della motivazione). Il Tribunale ha sottolineato a tal fine che la RAGIONE_SOCIALE acquistò l’auto il 20 marzo 2024 RAGIONE_SOCIALE al prezzo di 34.000 euro a fronte di un acquisto che la RAGIONE_SOCIALE aveva eseguito pochi giorni prima (il 13 marzo 2024) per 30.000 euro. Ha ricordato, inoltre, che la RAGIONE_SOCIALE aveva già acquistato la medesima auto in data 8 febbraio 2022 al prezzo di 39.130 euro e la persona che gliela aveva venduta l’aveva pagata 37.500 euro (pag. 4 dell’ordinanza del 18 luglio 2024).
L’ordinanza impugnata sostiene che la decisione adottata il 18 luglio 2024, all’esito della richiesta di riesame, è divenuta definitiva e il ricorrente non contesta questa affermazione.
Com’è noto, la preclusione derivante da una precedente pronuncia cautelare divenuta irrevocabile ha una portata più ristretta rispetto a quella determinata dalla cosa giudicata, coprendo solo le questioni dedotte ed effettivamente decise ed essendo limitata allo stato degli atti, sicché può essere superata quando si
8 GLYPH
1)ú
prospettino nuovi elementi di valutazione e di inquadramento dei fatti (fra le tante: Sez. 5, n. 5959 del 14/12/2011, dep. 2012, Amico, Rv. 252151; Sez. 5, n. 1241 del 02/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261724; Sez. 3, n. 24256 del 21/04/2023, Drewes, Rv. 284683).
Nel caso di specie, la richiesta di revoca del decreto di sequestro preventivo è stata formulata producendo documentazione destinata a provare la buona fede della COGNOME e la sua estraneità al reato di cui all’art. 512 bis cod. pen. ascritto a COGNOME e a COGNOME. Chiedendo la revoca del sequestro preventivo, dunque, la difesa non ha sostenuto che l’autovettura targata TARGA_VEICOLO non fosse stata intestata fittiziamente a NOME COGNOME, ma soltanto che, acquistando quest’auto dalla RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE operò in buona fede. La documentazione prodotta dalla difesa, infatti, era volta a dimostrare: da un lato, che l’auto è stata acquistata ad un prezzo congruo ed è stata regolarmente pagata; dall’altro, che a differenza di quanto sostenuto nell’ordinanza del 18 luglio 2024 (pag. 4) – la RAGIONE_SOCIALE non aveva «stretti rapporti di cointeressenza» con RAGIONE_SOCIALE o con la RAGIONE_SOCIALE.
4. Da quanto esposto emerge:
che la questione relativa al tipo di confisca cui il provvedimento di sequestro sarebbe funzionale è stata decisa con un provvedimento divenuto irrevocabile e su questo punto si è formato “giudicato cautelare”;
che la difesa non ha contestato questa decisione e, nel chiedere la revoca del sequestro preventivo, non ha dubitato che l’autovettura fosse stata intestata fittiziamente a COGNOME e il sequestro fosse funzionale alla confisca di un bene strumentale alla commissione del reato di cui all’art. 512 bis cod. pen.
Nella richiesta di restituzione, infatti, la difesa ha sviluppato argomentazioni volte a dimostrare che l’autovettura sequestrata, pur essendo servita o essendo stata destinata a commettere il reato di cui all’art. 512 bis cod. pen., non può essere confiscata perché di proprietà della «RAGIONE_SOCIALE» che l’ha acquistata in buona fede essendo estranea al reato.
La questione relativa alla confisca cui il sequestro è funzionale, dunque, oltre ad essere stata oggetto di una pronuncia definitiva, non è stata posta a fondamento della richiesta di revoca del sequestro preventivo ed è stata proposta per la prima volta nell’atto di ricorso. Ne consegue che l’ordinanza impugnata non doveva fornire chiarimenti su questo punto e la difesa della ricorrente non ha ragione di dolersi che ciò non sia avvenuto. Com’è evidente, conclusioni analoghe si impongono con riferimento alle doglianze con le quali la difesa contesta la legittimità del sequestro nella prospettiva della confisca prevista dall’art. 240 bis cod. pen4t/On è in questa prospettiva, infatti, che il sequestro è stato mantenuto dal Tribunale per il riesame e, nel chiederne la revoca, l’odierna ricorrente ha
prodotto documentazione volta a contrastare le conclusioni cui il Tribunale era giunto con l’ordinanza del 18 luglio 2024.
Devono essere esaminate adesso le argomentazioni, che costituiscono il nucleo centrale del ricorso e sono state sviluppate anche nella memoria del 9 marzo 2020, secondo le quali l’ordinanza impugnata, invocando il giudicato cautelare, avrebbe omesso di valutare la documentazione prodotta dalla difesa, ben più ampia di quella prodotta in sede di riesame. In tesi difensiva questa documentazione sarebbe stata idonea a dimostrare che l’autovettura sottoposta a sequestro è stata acquistata in buona fede, che i prezzi di acquisto e di vendita sono congrui e, pertanto, la RAGIONE_SOCIALE è soggetto estraneo al reato.
Si deve subito osservare che, pur avendo invocato il giudicato cautelare, il Tribunale ha fatto riferimento a una relazione del 9 agosto 2024, predisposta dall’amministratore giudiziario dei beni in sequestro, al quale il G.i.p. aveva chiesto di esaminare la documentazione prodotta dalla difesa. Ciò porta ad escludere che di questa documentazione il Tribunale non abbia tenuto conto.
Secondo i giudici di merito, i plurimi trasferimenti concentrati in un breve arco di tempo, la circostanza che COGNOME abbia acquistato la macchina da COGNOME a un prezzo superiore rispetto a quello che COGNOME aveva pagato, il fatto che, pochi mesi dopo, COGNOME abbia venduto la macchina alla RAGIONE_SOCIALE per un prezzo inferiore a quello versato a COGNOME, convergono nel suggerire che il veicolo fu oggetto di trasferimenti fittiziamente eseguiti da COGNOME nell’interesse di COGNOME. A sostegno di tali conclusioni, l’ordinanza impugnata osserva che, in sede di esecuzione del sequestro, beni formalmente intestati alla RAGIONE_SOCIALE sono stati rinvenuti nella disponibilità della «RAGIONE_SOCIALE», società riconducibile a NOME COGNOME, ma fittiziamente intestata a NOME COGNOME. Riferisce, poi, che NOME COGNOME ha acquistato da NOME COGNOME anche altri veicoli «destinati ad essere rivenduti a stretto giro con modalità analoghe a quelle riscontrate nel presente caso».
Muovendo da queste premesse in fatto, il Tribunale ha concluso (pag. 3) che, in ragione della propria veste professionale, la ricorrente avrebbe potuto rendersi conto della pluralità di trasferimenti che avevano riguardato il veicolo in questione e del fatto che tali trasferimenti erano talvolta privi di una concreta giustificazione economica. Ha ritenuto pertanto che, se avesse agito in buona fede, la ricorrente si sarebbe astenuta dall’acquistare per la seconda volta un veicolo che era stato oggetto di trasferimenti siffatti.
Così illustrato il contenuto del provvedimento impugnato, si deve ricordare che il ricorso per Cassazione contro ordinanze in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge e una tale violazione sarebbe
ipotizzabile se la motivazione fosse caratterizzata da vizi «così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice» (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692).
Nel dedurre tale carenza assoluta di motivazione il ricorrente sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di valutare le produzioni documentali poste a sostegno della richiesta di revoca del sequestro preventivo e avrebbe ignorato che il 20 febbraio 2022 e il 20 marzo 2024 la Verauto non eseguì semplici vendite, ma vendite accompagnate da permute. Tali doglianze, però, non trovano riscontro nella lettura del provvedimento impugnato, nel quale si fa riferimento espresso al valore dei veicoli oggetto delle permute.
In tesi difensiva, il Tribunale avrebbe sostenuto, con argomentazione apodittica, che l’intestazione alla RAGIONE_SOCIALE dell’autovettura in sequestro sarebbe fittizia. Come si è detto, però, l’ordinanza impugnata non sostiene che il trasferimento della proprietà dell’auto non sia regolarmente avvenuto, ma invece che l’autovettura può essere sottoposta a sequestro preventivo perché è di proprietà di terzi che non l’hanno acquistata in buona fede, non sono estranei al reato e, per questo, è suscettibile di confisca.
7. La difesa non contesta l’esistenza di un nesso strumentale tra l’autovettura in sequestro e il reato di cui all’art. 512 bis cod. pen., ma osserva che questo nesso strumentale non può avere rilievo perché la COGNOME non è indagata e ha legittimamente acquistato il bene. Sostiene, dunque, che il sequestro è stato eseguito nei confronti di un terzo estraneo al reato e sottolinea che l’acquisto della macchina da parte della Verauto è avvenuto ancor prima della richiesta di sequestro preventivo, formulata dal Pubblico Ministero sull’assunto che l’auto fosse intestata a NOME COGNOME
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che, in presenza di un nesso strumentale tra un reato e un bene, l’applicazione della misura di sicurezza della confisca non è esclusa per il solo fatto che il bene appartiene ad un terzo. Si è affermato che, «in tema di confisca facoltativa ai sensi dell’art. 240 comma primo cod. pen., l’applicazione della misura è esclusa quando la cosa destinata a commettere il reato appartenga a persona estranea al reato stesso, ma l’onere di provare una siffatta preclusione grava sull’interessato, il quale deve documentare, oltre alla titolarità del diritto vantato, l’estraneità al fatto e la buona fede, in quest’ultima come esclusione di atteggiamenti negligenti che abbiano favorito l’uso indebito della cosa». Si è concluso che, «quando non risultino chiarite le circostanze in base alle quali l’autore del fatto ha potuto destinare la cosa alla
commissione dell’illecito, la confisca del bene è legittima» (Sez. 6, n. 37888 del 08/07/2004, Sulika, Rv. 229984). Nella medesima prospettiva, si è ritenuto che la formale titolarità di un bene in capo a un soggetto estraneo al reato non sia sufficiente ad escludere la confisca e a tutelare l’intangibilità del diritto d proprietario «se costui abbia tenuto atteggiamenti negligenti che abbiano favorito l’uso indebito del bene» (Sez. 3, n. 2024 del 27/11/2007, dep. 2008, Familio, Rv. 238590). A questo proposito, con riferimento a casi di confisca obbligatoria, la giurisprudenza più recente ha chiarito che, può essere considerato estraneo al reato «il soggetto che non abbia ricavato vantaggi e utilità» dal reato stesso e «sia in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti» (Sez. 3, n. 34548 de 06/06/2023, D., Rv. 285207; Sez. 5, n. 42778 del 26/05/2017, Consoli, Rv. 271441; Sez. 3, n. 29586 del 17/02/2017, C., Rv. 270250).
La motivazione del provvedimento impugnato fa riferimento a questi principi. Sostiene, infatti, che la RAGIONE_SOCIALE tenne atteggiamenti negligenti che favorirono l’uso indebito del bene e questo avvenne sia in epoca precedente all’acquisto della Mercedes da parte di Biondo (in specie, il 6 febbraio 2022, quando la RAGIONE_SOCIALE comprò la macchina per la prima volta pagandola più del suo valore e rivendendola con minimo guadagno), sia in epoca successiva alla intestazione fittizia dell’auto (precisamente il 20 marzo 2024), quando la RAGIONE_SOCIALE comprò nuovamente la Mercedes senza curarsi dei ripetuti passaggi di proprietà che erano avvenuti nel frattempo e riscosse dalla RAGIONE_SOCIALE (che intratteneva rapporti commerciali con la «RAGIONE_SOCIALE», società riconducibile a NOME COGNOME, ma fittiziamente intestata a NOME COGNOME) una somma pari a 21.000 euro, corrispondente alla differenza tra il valore dichiarato della Mercedes (superiore al prezzo che la RAGIONE_SOCIALE aveva pagato) e il valore di un’altra macchina consegnata in permuta alla società venditrice.
8. In conclusione: l’apparato argomentativo del provvedimento impugnato consente di comprendere l’itinerario logico seguito dal Tribunale. Pertanto, il vizio di violazione di legge (l’unico che può essere dedotto ricorrendo per Cassazione contro ordinanze in materia di sequestro preventivo o probatorio) non può essere ritenuto sussistente. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso e la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la
somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così
determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
Ammende.
Così deciso il 13 marzo 2025
‘ere estensore
Il Con GLYPH
Il Presidente