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Sequestro preventivo terzo: quando il ricorso è perso

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di una madre contro il sequestro preventivo di una somma di denaro. La donna sosteneva che i soldi fossero suoi e non legati ai reati del genero. La Corte ha ribadito che il terzo proprietario non può contestare i presupposti della misura cautelare, ma deve limitarsi a dimostrare la propria titolarità e l’assenza di collegamenti con l’indagato. Il sequestro preventivo su beni di un terzo rimane valido se la motivazione del giudice non è totalmente assente o illogica.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo Terzo: La Cassazione Limita il Ricorso

Il sequestro preventivo terzo, ovvero il sequestro di beni appartenenti a una persona estranea al reato, rappresenta una delle questioni più delicate della procedura penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini entro cui il terzo proprietario può difendere i propri beni, confermando un orientamento consolidato. Il caso riguarda una cospicua somma di denaro trovata in una cassetta di sicurezza e sequestrata nell’ambito di un’indagine per narcotraffico a carico del compagno della titolare.

I fatti del caso: la somma in cassetta di sicurezza

La vicenda ha origine da un’indagine per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti a carico di un individuo. Nel corso delle investigazioni, viene disposto un sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, dei beni riconducibili all’indagato. Le autorità rinvengono una somma di quasi 100.000 euro in una cassetta di sicurezza intestata alla sua compagna, sulla quale l’indagato aveva una delega per operare.

La madre dell’intestataria della cassetta (e suocera dell’indagato) presenta un’istanza per la restituzione del denaro, sostenendo di esserne la legittima proprietaria. A suo dire, la somma rappresentava i risparmi di una vita, consegnati alla figlia a titolo di custodia e come anticipo sulla futura eredità. Sia il Giudice per le Indagini Preliminari sia, in seguito, il Tribunale del Riesame rigettano la richiesta, ritenendo poco credibile la provenienza lecita del denaro e, al contrario, molto più probabile il suo collegamento con le attività illecite dell’indagato. I giudici sottolineano come l’ingente somma in contanti, composta da banconote di taglio identico a quelle usate nel narcotraffico, e la mancanza di prove di redditi leciti sufficienti a giustificarne l’accumulo, rendessero la versione della donna inverosimile.

Il ricorso in Cassazione del terzo proprietario

Contro la decisione del Tribunale del Riesame, la donna propone ricorso per cassazione. La sua difesa si basa sulla presunta “violazione di legge” e sul difetto di motivazione. Sostiene che il Tribunale abbia erroneamente collegato il denaro all’indagato senza prove concrete della sua effettiva disponibilità della cassetta, basandosi solo sul rapporto sentimentale con l’intestataria. Inoltre, lamenta la mancata valutazione delle prove documentali che, a suo avviso, dimostravano la capacità patrimoniale della sua famiglia.

La decisione sul sequestro preventivo terzo: inammissibilità

La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, confermando integralmente la validità del sequestro. La decisione si fonda su principi procedurali e sostanziali di fondamentale importanza nel contesto del sequestro preventivo terzo.

Le motivazioni: i limiti del ricorso per violazione di legge

La Suprema Corte chiarisce innanzitutto la natura del ricorso contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali. Ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., tale ricorso è ammesso solo per “violazione di legge”. Questo vizio si configura non solo quando il giudice applica male una norma, ma anche quando la motivazione del provvedimento è totalmente assente o è meramente apparente, ovvero talmente illogica, contraddittoria o incompleta da non rendere comprensibile il ragionamento seguito. Non rientra, invece, in questa categoria la semplice “illogicità manifesta”, che attiene a una valutazione del merito delle prove.

Nel caso specifico, secondo la Corte, il Tribunale del Riesame aveva fornito una motivazione ampia e coerente. Aveva spiegato perché la versione della ricorrente non fosse credibile e perché, al contrario, gli elementi indiziari (l’attività di narcotraffico dell’indagato, la gestione di ingenti contanti, la composizione del denaro) portassero a ricondurre la somma alla sua sfera di disponibilità.

Il punto cruciale, ribadito dalla Cassazione, è il seguente: il terzo che si afferma proprietario del bene sequestrato non può contestare nel merito l’esistenza dei presupposti del sequestro nei confronti dell’indagato. La sua difesa deve concentrarsi unicamente su due aspetti: dimostrare la propria effettiva titolarità del bene e l’assenza di qualsiasi collegamento (anche solo a livello di agevolazione colposa) con l’attività criminale per cui si procede. Contestare la fondatezza delle accuse verso l’indagato è una strategia processualmente errata e inefficace.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per il terzo proprietario

La sentenza consolida un principio fondamentale: chi si trova coinvolto, suo malgrado, in un procedimento penale a causa del sequestro di un proprio bene deve affrontare un onere probatorio molto stringente. Non è sufficiente affermare la propria estraneità ai fatti o la proprietà del bene; è necessario fornire prove concrete, chiare e inequivocabili della provenienza lecita del bene stesso. La difesa non può basarsi sulla debolezza dell’impianto accusatorio contro l’indagato, ma deve costruire una narrazione alternativa solida e documentata. In assenza di ciò, e a fronte di una motivazione del giudice di merito che non sia palesemente inesistente o assurda, le possibilità di ottenere la restituzione del bene in sede di legittimità sono estremamente ridotte.

A quali condizioni un terzo può opporsi al sequestro preventivo di un suo bene?
Il terzo deve dimostrare la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’assenza di qualsiasi collegamento concorsuale con l’indagato. Non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare applicata all’indagato.

Cosa si intende per “violazione di legge” nel ricorso contro un’ordinanza di sequestro?
Si intende un errore nell’applicazione della legge o un vizio radicale della motivazione, che si verifica quando questa manca del tutto o è talmente priva di coerenza e completezza da risultare incomprensibile. Non include una semplice divergenza sulla valutazione delle prove.

La delega a operare su una cassetta di sicurezza dimostra la disponibilità del contenuto da parte del delegato?
No, la sola delega non è sufficiente. Secondo la giurisprudenza, sono necessari ulteriori elementi di fatto per fondare un giudizio di ragionevole probabilità circa la libera utilizzabilità delle somme da parte del soggetto delegato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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