Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 5249 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 5249 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a MESSINA il 24/01/1969
avverso l’ordinanza del 24/06/2024 del TRIB. LIBERTA di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
udito il difensore
FATTO E DIRITTO
1. Con l’ordinanza di cui in epigrafe il tribunale di Siracusa, adito ex artt. 322 e 324, c.p.p., confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Siracusa in data 2.5.2024, a carico di NOME avente ad oggetto la somma di 20.000,00 euro, rigettando il riesame proposto in qualità di terza interessata da quest’ultima
Il provvedimento di sequestro preventivo è stato adottato nell’ambito del procedimento penale sorto a carico di NOME NOME, marito della Sopprimere, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, contestato in relazione al fallimento della società “RAGIONE_SOCIALE“, di cui il COGNOME Domenico era stato amministratore, prima di diritto e, successivamente, di fatto.
Secondo l’ipotesi accusatoria, in particolare, il Di NOME COGNOME aveva creato una nuova società, denominata “RAGIONE_SOCIALE“, intestata ai due figli NOME e NOME, il cui amministratore di diritto era il NOME NOME COGNOME del pari indagato a titolo di concorrente nel reato ascritto al padre, che aveva assunto anche il ruolo di preposto alla gestione della nuova società, sino all’anno 2019, trasferendo a quest’ultima tutti i beni di quella fallita, a fronte di pagamenti fittizi che non erano entrati realmente nelle casse sociali, ma, attraverso un sistema di bonifici paralleli, venivano intascati direttamente dal Di NOME Vincenzo.
Quest’ultimo, inoltre, con la collaborazione della moglie, aveva operato un sistematico svuotamento del patrimonio societario attraverso una serie di prelievi e di bonifici dal conto corrente della fallita, uno dei quali disposto in favore della Sopprimere dell’importo di 20.000,00 euro, con la dicitura “acconto utili 2015”. Premesso che il proposto riesame aveva a oggetto esclusivamente la sussistenza del periculum in mora, il tribunale del riesame, applicando i principi in tema di sequestro preventivo, di cui all’art. 321, co. 2, c.p.p., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240, c.p., ha evidenziato come il vincolo di coniugio e l’assenza di una legittima causale del bonifico attestino il carattere fraudolento del
pagamento e l’assenza di buona fede da parte della beneficiaria, facendo da ciò discendere un concreto rischio di dispersione della garanzia patrimoniale, dunque dei beni assoggettabili a confisca, riscontrabile nella oggettiva volatilità del denaro.
Il tribunale del riesame, inoltre, ha proceduto a un’integrazione della motivazione del provvedimento cautelare reale, rilevando, come la Sopprimere, pur non essendo indagata, abbia condiviso il disegno criminoso del marito, aiutandolo a conseguirlo.
Sul difetto di accertamento della provenienza della somma dall’indagato, posto che una parte, precisamente un terzo della giacenza, è stata sequestra su di un conto corrente intestato anche ad altri familiari della Sopprimere, il giudice dell’impugnazione cautelare rilevava che quando nella disponibilità del terzo non in buona fede vi sia una somma di denaro corrispondente a quella che ha costituito il profitto del reato, il sequestro è del tutto legittimo, mentre, con riferimento all’errore relativo al quantum della somma sequestrata in esecuzione del provvedimento di sequestro, che limitava l’importo da apprendere alla somma di euro 11.791,94 e non di 20.000,00, a esso, trattandosi di un mero errore di fatto, una volta dimostrato, si sarebbe potuto porre rimedio da parte del pubblico ministero.
Avverso il menzionato provvedimento, di cui chiede l’annullamento, propone ricorso per cassazione la Sopprimere, in qualità di terzo estraneo al reato, lamentando violazione di legge sotto diversi profili.
In particolare, ad avviso della ricorrente, difetta del tutto la motivazione del periculum in mora e, in particolare, del rischio di dispersione del profitto confiscabile in riferimento alla posizione dell’odierna ricorrente, alla cui configurabilità si oppongono circostanze, non valutate dal tribunale del riesame, quali lo stato di dipendente pubblica della RAGIONE_SOCIALE, che non ricopre alcuna carica in ambito societario e ha ricevuto nel lontano 2016 una somma di denaro di modesto valore.
Difetta, inoltre, la valutazione sull’attualità e sulla concretezza del periculum in mora, profili mai affrontati dalle autorità giudiziarie intervenute nell’ambito del procedimento che ha condotto
all’applicazione della misura cautelare reale di cui si discute, che risultano inammissibilmente dedotte dalle modalità fraudolente della condotta illecita oggetto della contestazione provvisoria, condotta unica, realizzata nel 2016, dunque priva di alcuna attualità e comunque inidonea a sostenere un giudizio prognostico di dispersione delle risorse. Infine, rileva la ricorrente, il sequestro è stato disposto con riferimento a un conto corrente bancario intestato alla RAGIONE_SOCIALE, al fratello COGNOME NOME e alla madre, NOME, senza che sia stata dimostrata la provenienza delle somme con cui il conto stesso è stato alimentato dall’indagato o da un’attività illecita.
2.1. Con requisitoria scritta del 5.10.2024, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
In via preliminare va ribadita la piena legittimità del ricorso per cassazione proposto dalla Sopprimere, in qualità di terzo interessato, condividendo il Collegio l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di sequestro preventivo, il terzo intestatario del bene aggredito è legittimato a contestare, oltre alla fittizietà dell’intestazione, anche l’oggettiva confiscabilità del bene in difetto del “fumus comnnissi delicti” e del “periculum in mora”, potendo l’assenza dei presupposti della confisca avvalorare la tesi della natura non fittizia, ma reale dell’intestazione (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, Rv. 286335; Sez. 3, n. 9709 del 10.10.2023, Rv. 286032).
Sempre in via preliminare va, altresì, rammentato il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte alla luce del quale il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argonnentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, circostanza del tutto assente nel caso in esame (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Rv. 285608).
Tanto premesso, riguardando le proposte eccezioni il difetto assoluto di motivazione sul “periculum in mora”, che, secondo la prospettiva della ricorrente integrerebbe una violazione di legge, occorre richiamare, sia pure sinteticamente, i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia, condivisi dal Collegio.
Come si è affermato in una serie di condivisibili arresti, il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del “periculunn in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili “ex lege”.
Il “periculum in mora” può essere desunto sia da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, sia da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio, senza che gli stessi debbano necessariamente concorrere (cfr. Sez. 2, n. 49491 del 4/11/2022, Rv. 283993; Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, Rv. 283769; Sez. 3, n. 47054 del 22/09/2022, Rv. 283910; Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Rv. 281848).
Al riguardo si osserva che la ricorrente non ha articolato alcuna eccezione in punto di “funnus commissi delicti”, in ordine al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, oggetto del capo 2) dell’imputazione, contestata al Di Domenico Vincenzo come commessa anche attraverso un bonifico dell’importo di 20.000,00 euro, tratto sul conto corrente della società fallita, del 29.6.2016 e disposto in favore della moglie, con la causale “acconto utili 2015”, che, come rilevato dal
tribunale del riesame, riprendendo sul punto la motivazione del decreto di sequestro preventivo, risultava privo di una legittima causale, in modo da renderne evidente la finalità fraudolenta di spoliazione del patrimonio della società fallita, escludendo, per tale ragione, in uno con la circostanza che entrambi i coniugi in data 15.12.2016 avevano ceduto le quote che assicuravano loro il controllo della società fallita a una mera “testa di legno”, che ne diventava anche amministratore unico, la buona fede della beneficiaria.
Il che significa che non può essere messa in discussione in questa sede l’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconducibilità del bonifico effettuato in favore della Sopprimere all’ipotesi delittuosa di cui al capo 2), senza che rilevi, al riguardo, la mancanza di una formale contestazione nei confronti di quest’ultima a titolo di concorso nella condotta distrattiva del marito, sempre possibile in considerazione della natura fluida dell’imputazione elevata in fase cautelare.
Se ciò è vero, come è vero, allora la motivazione con cui il tribunale del riesame ha ritenuto legittima l’apprensione della somma di denaro che costituisce il profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione di cui al capo 2), non può dirsi del tutto assente, perché incentrata sulla ritenuta sussistenza di un pericolo di dispersione dei beni, desunto dalle modalità della condotta in contestazione e, in particolare, dal comportamento della ricorrente, che, avendo fornito un contributo al disegno del coniuge di spoliazione della società fallita, rende invero concreto e attuale il pericolo di un’ulteriore dispersione dei beni in questione.
Ciò appare sufficiente a ritenere, ai fini cautelari, sufficientemente motivato il provvedimento oggetto di ricorso e non scrutinabili gli ulteriori rilievi difensivi, con cui si denunciano vizi in tutta evidenza motivazionali.
Identiche considerazioni valgono per l’ultimo motivo di ricorso.
Al riguardo si osserva che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta di
somme di denaro che, come nel caso in esame, costituiscono profitto di reato può avere ad oggetto sia la somma fisicamente identificata in quella che è stata acquisita attraverso l’attività criminosa, sia una somma corrispondente al valore nominale di questa, quando sussistono indizi per i quali il denaro di provenienza illecita risulti depositato in banca ovvero investito in titoli, trattandosi di assicurare ciò che proviene dal reato e che si è cercato di occultare. (In motivazione, la S.C. ha precisato che il sequestro funzionale alla confisca diretta può colpire anche una somma corrispondente al valore nominale di quella illegalmente percepita, purché il denaro sequestrato sia comunque riferibile all’indagato e sussista il rapporto pertinenziale tra il numerano sottoposto a vincolo e il reato del quale esso costituisce il profitto illecito: cfr. Sez. 6, n. 15923 del 26/03/2015, Rv. 263124).
Al tempo stesso, ove il sequestro preventivo funzionale alla confisca del prezzo o del profitto del reato sia stato eseguito su conto corrente cointestato all’indagato ed a soggetto terzo, è necessario accertare la derivazione del denaro dal reato e la sua provenienza dall’indagato dovendosi verificare, anche solo a livello indiziario, se ed in che misura il conto sia stato alimentato con risorse derivanti dalla commissione del reato (cfr. Sez. 6, n. 19766 del 11/12/2019, Rv. 279277).
In questa prospettiva si è ulteriormente chiarito che, in tema di sequestro preventivo ai fini di confisca, è persona estranea al reato, nei confronti della quale tale misura di sicurezza non può essere disposta ex art. 240, commi secondo e terzo, cod. pen., il soggetto che non abbia ricavato vantaggi e utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti. (Fattispecie in cui la Corte ha escluso il requisito dell’estraneità nel caso del coniuge dell’imputato con lo stesso convivente, comproprietario di un immobile locato da anni a fini illeciti: cfr. Sez. 3, n. 34548 del 06/06/2023, Rv. 285207).
Ovvero il soggetto che non ha concorso alla commissione del reato, né ha tratto vantaggio dall’altrui attività criminosa, serbando una condotta in buona fede (cfr. Sez. 5, Sn. 42778 del 26/05/2017, Rv. 271441).
Orbene il tribunale del riesame ha reso una motivazione, che non può definirsi assolutamente avulsa da tali principi, evidenziando, con logico argomentare, come nel caso in esame il sequestro sia intervenuto in relazione a una somma, corrispondente proprio all’entità della distrazione, rinvenuta nella disponibilità della Sopprimere, che, per le circostanze indicate in precedenza, tali da escludere la sua buona fede in qualità di beneficiaria del bonifico privo di causa lecita disposto in suo favore dal marito, non può dirsi non avere tratto alcun vantaggio dall’altrui attività criminosa.
Senza tacere che non rappresenta ostacolo al disposto sequestro preventivo la circostanza che il conto corrente su cui è stato eseguito fosse intestato a soggetti estranei al reato, “atteso che”, come correttamente osservato dal giudice dell’impugnazione cautelare, “sul conto veniva sequestrata la sola quota spettante alla Sopprimere, ovvero 1/3 della giacenza”.
5 Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.
616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 31.10.2024.