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Sequestro preventivo terzo: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un sequestro preventivo su una somma di denaro ricevuta dalla moglie dell’amministratore di una società fallita. La decisione si fonda sulla mancanza di buona fede della donna, considerata partecipe del disegno criminoso del marito volto a sottrarre beni aziendali. La sentenza chiarisce i presupposti per il sequestro preventivo verso un terzo, sottolineando che la natura volatile del denaro e la condotta del beneficiario integrano il ‘periculum in mora’, giustificando la misura cautelare anche su un conto cointestato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo su Beni di un Terzo: la Cassazione sul Ruolo della Malafede

Il tema del sequestro preventivo terzo è di grande attualità e rilevanza, specialmente nei reati economici dove spesso i proventi illeciti vengono trasferiti a familiari o soggetti apparentemente estranei al reato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui presupposti per l’applicazione di tale misura, focalizzandosi sul concetto di buona fede del beneficiario e sulla concretezza del periculum in mora.

I Fatti: Il Contesto della Bancarotta Fraudolenta

Il caso trae origine da un’indagine per bancarotta fraudolenta patrimoniale a carico dell’amministratore di una società (la ‘Società A’). Secondo l’accusa, l’amministratore aveva svuotato sistematicamente il patrimonio aziendale, trasferendone i beni a una nuova società (la ‘Società B’), formalmente intestata ai figli ma di fatto da lui gestita.
Tra le operazioni sospette, spiccava un bonifico di 20.000 euro disposto dal conto della Società A in favore della propria moglie, con la causale ‘acconto utili 2015’. Questa somma è stata oggetto di un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla futura confisca, poiché ritenuta profitto del reato di bancarotta.

Il Ricorso della Terza Interessata e il sequestro preventivo

La moglie dell’amministratore, in qualità di terza interessata, ha impugnato il provvedimento di sequestro. La sua difesa si basava su diversi punti:
1. Mancanza del periculum in mora: Non vi era un rischio attuale e concreto di dispersione della somma, essendo lei una dipendente pubblica e avendo ricevuto il bonifico diversi anni prima (nel 2016).
2. Estraneità ai fatti: La ricorrente sosteneva di non ricoprire alcuna carica societaria e di essere completamente estranea alla gestione aziendale del marito.
3. Provenienza incerta: Il sequestro era stato eseguito su un conto corrente cointestato anche al fratello e alla madre della ricorrente, senza una prova certa che i fondi provenissero dall’indagato o da attività illecite.

La Decisione della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la piena legittimità del sequestro. La decisione si fonda su un’analisi approfondita della posizione della beneficiaria e della natura della somma trasferita.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la motivazione del tribunale del riesame fosse solida e immune da vizi. In primo luogo, è stato escluso lo stato di buona fede della moglie. Il bonifico, pur recando la causale ‘acconto utili’, era in realtà privo di una legittima giustificazione economica e si inseriva in un più ampio disegno di spoliazione del patrimonio della società fallita. La Corte ha sottolineato come la donna avesse condiviso il ‘disegno criminoso del marito’, contribuendo a realizzarlo. Tale conclusione è stata rafforzata dalla circostanza che, poco dopo, entrambi i coniugi avevano ceduto le proprie quote a un mero prestanome, consolidando l’intento fraudolento.

Per quanto riguarda il periculum in mora, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: per le somme di denaro, il pericolo di dispersione è insito nella loro stessa natura volatile. Non è necessaria la prova di specifici atti di disposizione, essendo sufficiente il concreto rischio che la garanzia patrimoniale venga meno. La condotta della ricorrente, tesa a mascherare la reale natura dell’operazione, ha contribuito a rendere concreto e attuale tale pericolo.

Infine, la Corte ha chiarito che il sequestro su un conto cointestato è legittimo quando colpisce una somma di denaro che costituisce profitto di reato, anche se il conto è condiviso con terzi estranei. Nel caso specifico, il sequestro era stato correttamente limitato alla quota di pertinenza della ricorrente (1/3 della giacenza), rispettando i diritti degli altri cointestatari.

le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: il sequestro preventivo verso un terzo è ammissibile quando il beneficiario non è in buona fede. La mancanza di una formale contestazione di concorso nel reato non impedisce la misura cautelare, se emergono elementi che indicano una consapevole partecipazione, anche indiretta, all’attività illecita. Per i familiari di soggetti indagati per reati economici, questa pronuncia rappresenta un monito: la ricezione di somme di denaro prive di una chiara e lecita causale economica li espone al rischio concreto di subire un sequestro, qualora tali somme siano riconducibili a un’attività criminosa.

È possibile disporre un sequestro preventivo su beni di un terzo non indagato?
Sì, è possibile. La misura è legittima se il bene costituisce il profitto di un reato e il terzo beneficiario non è in buona fede, ovvero era consapevole o avrebbe potuto esserlo, con l’ordinaria diligenza, dell’origine illecita del bene.

Come si dimostra il ‘periculum in mora’ per il sequestro di una somma di denaro?
Il ‘periculum in mora’ per il denaro può essere desunto da elementi oggettivi, come la sua intrinseca volatilità che ne facilita la dispersione, e da elementi soggettivi, come la condotta del soggetto che ha ricevuto la somma, se questa suggerisce un intento di occultamento o una partecipazione al disegno criminoso.

Un bonifico dal conto di una società a quello del coniuge dell’amministratore è sempre legittimo?
No. Sebbene non sia di per sé illecito, può essere considerato parte di un’azione fraudolenta se privo di una valida causale economica e se si inserisce in un contesto di spoliazione dei beni aziendali. La mancanza di buona fede del coniuge beneficiario è un elemento decisivo per qualificare la somma come profitto di reato e sottoporla a sequestro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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