Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 12293 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 12293 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a PORDENONE il 08/09/1970 RAGIONE_SOCIALE
C.D.G. S.R.L.
PROSPETTIVE E SVILUPPO RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del 18/10/2024 del TRIB. LIBERTA’ di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME rassegnate con requisitoria in data in data 23 gennaio 2025, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con riguardo al sequestro eseguito in danno di RAGIONE_SOCIALE e per il rigetto del ricorso di COGNOME NOME.
lette le conclusioni del difensore di COGNOME, Avvocato NOME COGNOME rassegnate con memoria trasmessa in Cancelleria tramite PEC in data 18 febbraio 2025
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Firenze, nella veste di giudice del riesame delle misure cautelari reali, ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso quello stesso Tribunale aveva disposto nei confronti di NOME COGNOME persona sottoposta ad indagini, e delle società, RAGIONE_SOCIALE, terze interessate, il sequestro preventivo di somme di denaro nella loro disponibilità, finalizzato alla loro confisca diretta, in quant costituenti profitto del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo I).
Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori e procuratori speciali, NOME COGNOME e le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
2.1. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME consta di due motivi.
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 216, 223 e 224 L.F. e 321 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione apparente in ordine al “fumus commissi delicti”.
E’ dedotto che il Tribunale, nel valutarne la sussistenza, si sarebbe limitato alla verifica dell’astratta sussumibilità del fatto nell’ipotesi di reato contestata al capo quand’invece sarebbe stato obbligato ad accertare l’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconducibilità dell’evento all condotta dell’indagata e, comunque, avrebbe dovuto tener conto delle concrete risultanze processuali nonché delle specifiche contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta in contestazione. Così facendo, peraltro, il Giudice del riesame avrebbe reso una motivazione apparente in ordine al contributo offerto dalla ricorrente alla spoliazione del patrimonio della fallita RAGIONE_SOCIALE; in effetti, – si sostiene – il concorso della RAGIONE_SOCIALE nella bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo I) sarebbe stato desunto da elementi privi di univoca valenza indiziante, oltretutto isolatamente considerati, ossia: l’attività lavorativa da lei espletata alle dipendenze della società fallita – nella qualit segretaria dell’amministratore di diritto, NOME COGNOME -; il tenore di una conversazione telefonica intercettata, da lei intrattenuta con NOME COGNOME, interessato, a far data dal 2019, alle sorti della RAGIONE_SOCIALE; la sua qualità di socia della RAGIONE_SOCIALE, destinatari pagamenti disposti dalla RAGIONE_SOCIALE. Elementi, questi, che, comunque, avrebbero meritato di essere apprezzati al lume delle allegazioni e delle deduzioni difensive atte a chiarire quale fosse stato il ruolo effettivamente avuto dall’indagata nella vicenda.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 240, comma 1, cod. pen. e 321, comma 2, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione apparente in ordine al periculum in mora.
E’ dedotto che il Tribunale, fraintendendo il principio di diritto, enunciato dal dirit vivente, secondo cui la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, va sempre qualificata
come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, avrebbe indebitamente sovrapposto la nozione di fungibilità del denaro con quella di pertinenzialità del denaro stesso rispetto al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale contestato. Donde, il provvedimento impugnato sarebbe connotato da un assoluto vuoto motivazionale in ordine agli elementi di fatto atti a comprovare che le somme di denaro, per un ammontare pari ad Euro 68.995,89, depositate nel conto corrente intestato alla ricorrente fossero effettivamente il profitto delle condotte distrattive in danno dell RAGIONE_SOCIALE; somme, queste, che, in ogni caso, non erano mai entrate nel patrimonio della ricorrente, avendone ella disposto per la gran parte per estinguere debiti delle società delle quali era stata socia.
2.2. L’atto di impugnativa nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE sviluppa due motivi.
Il primo motivo denuncia l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto il profilo del mancato rispetto dei requisiti necessari per disporre nei confronti del soggetto terzo, estraneo al reato, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del relati profitto.
Il Tribunale, senza neppure considerare che, stando alla stessa contestazione, nessun profitto in denaro era scaturito dal delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo I), poiché il pagamento dell’immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE ceduto alla RAGIONE_SOCIALE aveva avuto luogo tramite l’accollo del mutuo, rivelatosi non liberatorio della venditrice, da parte dell’acquirente, aveva ritenuto che le disponibilità denaro delle società ricorrenti fossero riconducibili al detto cifIgkita per il solo fatto che NOME COGNOME che ne era stato amministratore, fosse stato anche amministratore della fallita RAGIONE_SOCIALE e, in tale veste, fosse stato chiamato a rispondere del delitto bancarotta sopra indicato.
Il secondo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al fumus commissi delicti e al periculum in mora.
E’ dedotto che il Tribunale avrebbe omesso di prendere in considerazione le allegazioni difensive atte a comprovare come la società acquirente dell’immobile di proprietà della RAGIONE_SOCIALE avesse estinto il mutuo concesso dall’istituto di credito Intes San Paolo e come, in ogni caso, l’amministratore della venditrice, poi fallita, non avesse giammai ottenuto alcun beneficio personale dall’operazione negoziale contestata come distrattiva. Donde, con il prescindere dalla prova del nesso di pertinenzialità tra le somme sequestrate alle società ricorrenti e il reato, il Tribunale avrebbe finito per confermar una misura cautelare volta ad assicurare non la confisca diretta del denaro profitto del delitto di bancarotta, ma piuttosto la confisca per equivalente dello stesso, tuttavia non prevista in relazione al delitto di bancarotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La Afimak~ impugnata deve essere annullata per le sole ragioni di seguito indicate.
1. Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è infondato.
1.1. Giova ribadire che secondo il diritto vivente il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692).
1.2. Ne viene che, pur volendo prestare adesione all’orientamento interpretativo secondo cui nella valutazione del “fumus commissi delicti”, quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice non può limitarsi alla semplice verifica astratta della corretta qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali, delle contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa (Sez. 3, n. 8152 del 12/12/2023, dep. 2024, Rv. 285966; Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, dep. 2018, Rv. 272927; Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Rv. 265433; Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014, Rv. 261677; Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, Rv. 260921; Sez. 3, n. 26197 del 05/05/2010, Rv. 247694), non può essere proposta sotto l’egida formale del vizio di motivazione apparente la deduzione di sottovalutazione di argomenti difensivi, questa integrando piuttosto il vizio di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.
Argomenti difensivi che, invero, sono stati presi in considerazione dal Giudice censurato, che li ha disattesi, con motivazione comunque adeguata rispetto ai limiti del proprio sindacato, laddove ha evidenziato come il fumus della partecipazione di NOME COGNOME nel delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo I) fosse desumibile non solo dal contenuto della conversazione da lei intrattenuta con NOME COGNOME, dominus delle condotte distrattive in danno della Riviera Sri., comunque comprovante un ruolo gestionale e non meramente esecutivo dell’indagata (cfr. pag. 43 dell’ordinanza impugnata), ma anche dalla circostanza che destinataria della corresponsione ingiustificata di Euro 35.838,78, disposta dalla RAGIONE_SOCIALE nel maggio 2019, fosse stata la RAGIONE_SOCIALE, di cui ella era socia maggioritaria.
Consegue l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Pur vero che la natura fungibile del denaro non esonera l’accusa dall’onere di addurre elementi di prova a sostegno dell’avvenuto accrescimento della sfera patrimoniale del soggetto colpito dalla misura cautelare reale, funzionale alla confisca diretta del profitto del reato, deve, tuttavia, darsi atto di come la difesa di NOME COGNOME non abbia allegato, neppure in questa sede, dati inconfutabili, già sottoposti al giudice di merito, atti a comprovare che «le somme di denaro riversate sul conto corrente nella disponibilità della ricorrente (Euro 25.000,00 a titolo di acconti su fatture; Euro 1.000,00 a titolo di giroconti; Euro 21.500,00 con bonifici senza causale, per un totale di Euro 47.500,00)» (cfr. pag. 9 del ricorso) non fossero mai entrate a far parte del suo patrimonio. Allegazione che sarebbe stata tanto più necessaria in presenza dell’ulteriore affermazione (contenuta nel prosieguo dell’esposizione del motivo, cfr. pag. 9 del ricorso) a tenore della quale la ricorrente di quel denaro ne aveva, per la gran parte, disposto «per pagare debiti della RAGIONE_SOCIALE e in parte per saldare alteebiti di altre società della galassia RAGIONE_SOCIALE», tale enunciazione dovendo essere interpretata, secondo le comuni massime di esperienza, nel senso che quelle somme erano effettivamente entrate nel patrimonio di NOME COGNOME avendo ella avuto il potere di disporne.
Colgono, invece, nel segno i motivi articolati nell’interesse delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
2.1. Va ribadito che per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale non è prevista la confisca per equivalente del relativo profitto, di modo che il sequestro preventivo disposto in relazione ad esso è sempre funzionale alla confisca diretta (Sez. 5, n. 36223 del 28/06/2024, Rv. 286945; Sez. 5, n. 31186 del 27/06/2023, Rv. 285072).
2.2. Confisca che è, comunque, diretta nell’ipotesi in cui il profitto del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale sia costituito da somme di denaro: in tal senso, infatti, si è espresso il diritto vivente, affermando, nella sentenza Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, C., Rv. 282037, che «La confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell’autore della condotta, e che rappresenti l’effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene, con la conseguenza che non è ostativa alla sua adozione l’allegazione o la prova dell’origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione».
Al riguardo, le Sezioni Unite hanno chiarito che la qualificazione in termini di confisca diretta del denaro «non determina la recisione del nesso di diretta derivazione causale tra il reato e il prezzo o profitto monetario sottoposto a confisca, bensì la necessaria conformazione di quel rapporto eziologico alla peculiare natura del denaro e alla sua concreta funzione economica. Per il denaro, il nesso di pertinenzialità col reato non può essere inteso come fisica identità della somma confiscata rispetto al provento del reato, ma consiste nella effettiva derivazione dal reato dell’accrescimento
patrimoniale monetario conseguito dal reo, che sia ancora rinvenibile, nella stessa forma monetaria, nel suo patrimonio. È tale incremento monetario che rappresenta il provento del reato suscettibile di ablazione, non il gruzzolo fisicamente inteso» (Sez. U, n. 42415/2021, in motivazione, punto 15).
2.3. Il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato esige, inoltre, ai fini della sua legittima applicazione nei confronti un terzo rimasto estraneo al reato medesimo, che siano provate le seguenti circostanze: ossia, che il terzo abbia ricavato vantaggi e utilità dal reato e che non sia stato in buona fede, dovendosi, altrimenti, ritenere violate le disposizioni di cui al terzo e al quart comma dell’art. 240 cod. pen. (Sez. 3, n. 34548 del 06/06/2023, Rv. 285207; Sez. 3, n. 29586 del 17/02/2017, Rv. 270250; Sez. 1, n. 29197 del 17/06/2011, Rv. 250804).
2.4. Tutto ciò posto, è evidente come il Giudice censurato non si sia affatto attenuto ai riportati principi di diritto. Ha convalidato, infatti, l’ipotesi accusatoria, fatta propria nel decreto di applicazione del sequestro preventivo delle somme di denaro nella disponibilità delle società ricorrenti, pacificamente estranee al delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale di cui al capo I), del quale quelle somme avrebbero costituito il profitto, limitandosi ad affermare che il principio secondo cui «È legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l’ente una persona estranea al detto reato» (Sez. U, n. 10561 del 30/01/2014, Gubert, Rv. 258647) può trovare applicazione anche ad altri reati (cfr. pag. 50 dell’ordinanza impugnata). Con tale argomentare, tuttavia, non solo non ha considerato che il profitto del reato tributario (che può consistere anche in un ‘risparmio di spesa’) ha delle caratteristiche del tutto peculiari e distinte rispetto al profitto del delitto di bancaro fraudolenta patrimoniale (che, normalmente, coincide con risorse del patrimonio dell’imprenditore fallito distolte dal loro scopo di garanzia delle ragioni dei creditori), m ha, oltretutto, omesso di indicare, in assenza di qualsivoglia riferimento alle società ricorrenti contenuto nel capo I) di imputazione, quali fossero gli elementi di fatto atti a denotare una mancanza di autonomia della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE rispetto al loro amministratore, NOME COGNOME già amministratore della fallita RAGIONE_SOCIALE, e, dunque, la loro strumentalizzazione da parte di questi alla stregua di contenitori ‘schermati’ in cui far confluire i proventi dell operate distrazioni in danno della RAGIONE_SOCIALE.. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.5. I rilevati ‘errores in iudicando’ impongono l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro preventivo disposto nei confronti delle società menzionate e la restituzione delle somme che he hanno costituito oggetto agli aventi diritto.
Vanno, dunque, disposti l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto. Il ricorso di COGNOME va, invece, rigettato con conseguente condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria dovrà provvedere agli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato limitatamente alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e dispone la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto. Rigetta il ricorso di COGNOME e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. Esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 25/02/2025