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Sequestro preventivo terzo: obbligo di motivazione

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di sequestro preventivo terzo per vizio di motivazione. Il caso riguardava i beni di una società, sequestrati nell’ambito di un procedimento per riciclaggio a carico di un altro soggetto. La Suprema Corte ha stabilito che il Tribunale del riesame non può limitarsi a richiamare la sentenza di condanna non definitiva, ma deve motivare in modo autonomo e specifico il nesso tra i beni del terzo e il reato contestato, specificando se ne costituiscano il corpo o il profitto.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo su Beni di Terzi: la Cassazione Chiarisce l’Obbligo di Motivazione Autonoma

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale a tutela dei diritti dei terzi estranei al reato: il provvedimento che dispone un sequestro preventivo terzo deve essere sorretto da una motivazione autonoma e specifica, che non può limitarsi a un semplice rinvio a una sentenza di condanna non ancora definitiva. Questa decisione chiarisce come l’autorità giudiziaria debba bilanciare le esigenze cautelari con la protezione della proprietà altrui.

I Fatti del Caso: Sequestro e Ricorso della Società Terza

La vicenda trae origine da un decreto di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca, emesso dalla Corte di Appello nei confronti dei beni di una società. La misura era collegata al profitto del reato di riciclaggio per il quale un soggetto era stato condannato in primo grado. I beni in questione includevano conti correnti intestati alla società, ritenuta terza rispetto al reato contestato.

Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del riesame, confermava il sequestro. Contro questa decisione, la società proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. In particolare, sosteneva che il Tribunale del riesame non avesse affrontato il tema cruciale, ovvero la sua effettiva proprietà dei beni, limitandosi a richiamare la sentenza di condanna (non ancora irrevocabile) dell’imputato. La difesa evidenziava che un terzo ha sempre il diritto di chiedere la restituzione dei propri beni, e che il giudice del riesame ha l’obbligo di valutare autonomamente i presupposti della misura cautelare.

L’Analisi della Cassazione sul Sequestro Preventivo Terzo

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ricordato che il riesame è un mezzo di impugnazione con effetto interamente devolutivo. Ciò significa che il Tribunale del riesame deve procedere a una verifica completa e autonoma dei presupposti legittimanti l’adozione della misura, ovvero il fumus commissi delicti (la parvenza di reato) e il periculum in mora (il pericolo nel ritardo).

Nel caso specifico, la Cassazione ha rilevato una grave lacuna motivazionale nel provvedimento impugnato. Il Tribunale non aveva spiegato le ragioni per cui i beni della società ricorrente fossero riconducibili all’attività di riciclaggio contestata all’imputato. Non era stato chiarito se tali beni costituissero il ‘corpo del reato’ o il ‘profitto del reato’. Questo silenzio rendeva impossibile comprendere il nesso tra i beni sequestrati e l’illecito penale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha affermato che il provvedimento impugnato doveva essere annullato con rinvio al Tribunale di Roma. Il punto centrale della decisione risiede nell’obbligo per il giudice del riesame di fornire una motivazione specifica sulla riferibilità dei beni sequestrati al reato, specialmente quando questi appartengono a un soggetto terzo. Il semplice fatto che una sentenza di primo grado abbia condannato un individuo per riciclaggio non è sufficiente a giustificare automaticamente il vincolo reale sui beni di un’altra entità giuridica.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il Tribunale del riesame, pur avendo implicitamente riconosciuto la proprietà dei beni in capo alla società (escludendone la restituzione a un altro soggetto), era rimasto completamente silente sulla richiesta di restituzione avanzata dalla società stessa. Questo vizio logico e giuridico ha reso inevitabile l’annullamento.

Conclusioni: L’Importanza della Motivazione Specifica

La sentenza in esame rafforza un principio cardine dello stato di diritto: le misure che incidono sulla proprietà privata devono essere sempre supportate da una motivazione puntuale e completa. Quando un sequestro preventivo colpisce i beni di un terzo estraneo al reato, non basta un generico collegamento con un procedimento penale a carico di altri. Il giudice deve esplicitare il nesso logico-giuridico che lega quei beni specifici al reato, dimostrando perché siano da considerarsi corpo o profitto dell’illecito. In assenza di tale rigorosa motivazione, il provvedimento è illegittimo e deve essere annullato.

Un tribunale del riesame può confermare un sequestro preventivo a carico di un terzo semplicemente richiamando una sentenza di condanna non definitiva dell’imputato principale?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il tribunale del riesame deve compiere una valutazione autonoma e fornire una motivazione specifica sulla riconducibilità dei beni del terzo al reato, non potendosi limitare a richiamare la sentenza di condanna non ancora passata in giudicato.

Qual è l’obbligo principale del tribunale del riesame quando valuta un sequestro preventivo?
Il tribunale del riesame è tenuto a motivare, anche se sinteticamente, sulla sussistenza sia del fumus commissi delicti (la probabilità del reato) sia del periculum in mora (il pericolo nel ritardo), verificando tutti i presupposti per l’adozione della misura cautelare in modo autonomo.

Cosa deve dimostrare il provvedimento che dispone il sequestro di beni appartenenti a una società terza?
Il provvedimento deve spiegare in modo chiaro le ragioni per le quali i beni della società sono riconducibili all’attività illecita contestata all’imputato, specificando se costituiscono ‘corpo del reato’ o ‘profitto del reato’ di riciclaggio. Una motivazione generica o assente su questo punto rende il provvedimento illegittimo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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