Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34215 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34215 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nata il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 22/05/2025 del Tribunale di Bari; visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le memorie depositate dalle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO NOME, che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La terza interessata NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del 22 maggio 2025 con cui il Tribunale di Bari ha rigettato il riesame avverso il decreto con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, in data 17 dicembre 2024, ha disposto il sequestro preventivo dell’autocarro tg.to TARGA_VEICOLO e di 4.860 bombole di gas in quanto pertinenti al reato di truffa aggravata.
La ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 240 cod. pen., 94 d.l.gs. 141/2024, 2 decisione quadro 2005/212GAI e 17 carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonchØ carenza, della motivazione in ordine all’invocata illegittimità della confisca del veicolo in quanto di proprietà di un terzo di buona fede.
A giudizio della difesa, la decisione dei giudici di merito si porrebbe in contrasto con il principio affermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea (sentenza 14 gennaio 2021, C-393/19) secondo cui Ł inammissibile la confisca di uno strumento utilizzato per commettere un reato qualora esso appartenga ad un terzo di buona fede.
Detta pronuncia avrebbe, quindi, sancito l’insussistenza di un meccanismo automatico di confisca di un bene appartenente ad un soggetto estraneo alla commissione del reato e ribadito il contrasto tra ogni legislazione nazionale che preveda una confisca senza che il terzo di buona fede sia messo nelle condizioni di disporre di un effettivo mezzo giuridico di tutela con quanto disposto dall’art. 2 della decisione quadro 2005/212/GAI e dall’art. 17, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
Nel caso di specie, gli atti utilizzabili per la decisione non fornirebbero elementi logico-fattuali da cui desumere alcuna violazione di obblighi di diligenza da parte della ricorrente da cui
fosse derivata la possibilità di un uso illecito del veicolo di sua proprietà ovvero la sussistenza di collegamenti, diretti o indiretti, con la consumazione del reato.
3.La ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 94 d.l.gs. 141/2024 nonchØ contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui l’ordinanza impugnata avrebbe escluso la buona fede della COGNOME sulla base di elementi meramente congetturali.
La motivazione avrebbe, infatti, fatto riferimento al rapporto di coniugio tra la ricorrente e NOME COGNOME, apoditticamente indicato come colui che ‘ gestiva le transazioni relative al trasporto ‘ in assenza di alcun elemento indiziario attestante un coinvolgimento dei coniugi nella commissione dei reati rubricati.
Il Tribunale, inoltre, avrebbe valorizzato le dimensioni dell’autoarticolato e la circostanza che tali tipi di veicoli sono abitualmente adoperati dai contrabbandieri di idrofluorocarburi, senza tenere conto della mancanza di elementi da cui desumere la partecipazione della ricorrente alle condotte illecite oggetto di indagine ovvero a pregresse attività di contrabbando della medesima specie.
Si deduce, inoltre, che la ricorrente avrebbe assolto ai propri obblighi di diligenza, come comprovato dalla documentazione esibita (fattura n. 4 del 02.12.2024; packing list n. 4 del 02.12.2024; dichiarazione di importazione n. 24 NUMERO_DOCUMENTO; certificato NUMERO_DOCUMENTO.NUMERO_DOCUMENTO n. NUMERO_DOCUMENTO; CMR n. 18 del 02.12.2024), nonchØ dall’ulteriore documentazione relativa alle bombole (dichiarazione di esportazione albanese; CMR del 02.12.2024 emesso da RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE; fattura n. 4 del 02.12.2024 di RAGIONE_SOCIALE per RAGIONE_SOCIALE) con cui la parte venditrice e l’acquirente avrebbero attestato il rispetto della normativa in materia di trasporto bombole di idrofluorocarburi.
I giudici dell’appello, con motivazione contraddittoria ed illogica, avrebbero, in conclusione, indebitamente assimilato la posizione della ricorrente a quella degli indagati, in assenza di elementi attestanti un difetto di vigilanza da parte della COGNOME e meno che mai un suo coinvolgimento nella realizzazione delle condotte illecite, come peraltro ammesso dallo stesso Pubblico ministero nel parere datato 08 aprile 2025.
4.La ricorrente, con il terzo motivo di impugnazione, lamenta violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. nonchØ carenza della motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora .
I giudici del riesame avrebbero ravvisato il periculum in mora sulla base di argomentazioni generiche e astratte – quali il quantitativo ingente delle bombole trasportate, le dimensioni del camion in sequestro ed il richiamo a ‘plurimi episodi’ emersi nell’ultimo anno in diversi contesti territoriali, senza esplicitare un concreto collegamento tra la libera disponibilità dei beni e il rischio di reiterazione del reato con specifico riguardo alla posizione della ricorrente. La motivazione impugnata non avrebbe dato conto degli elementi idonei a dimostrare la strumentalità del bene in sequestro alla possibile commissione di ulteriori reati o al protrarsi delle conseguenze di quello per cui si procede, risolvendosi in una serie di enunciazioni assertive fondate su una erronea ed illogica sovrapposizione del ruolo del terzo di buona fede con la posizione degli indagati.
5. In data 29 agosto 2025 il difensore della ricorrente ha depositato memoria con la quale ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo ed il secondo motivo non sono consentiti in sede di legittimità, perchØ involgenti non violazioni di legge ma difetti di motivazione già denunciati con il gravame ed affrontati in termini precisi e concludenti dal Tribunale.
1.1. Appare necessario, in proposito, ricordare che avverso le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, il ricorso per cassazione Ł ammesso solo per violazione di legge, per censurare, cioŁ, errores in iudicando o errores in procedendo commessi dal giudice di merito, la cui decisione risulti di conseguenza radicalmente viziata.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il difetto di motivazione può integrare gli estremi della violazione di legge solo quando l’apparato argomentativo che dovrebbe giustificare il provvedimento manchi del tutto, sia fondato su affermazioni che non risultano ancorate alle peculiarità del caso concreto o risulti privo dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dall’organo investito del procedimento (vedi Sez. U. n. 5876 del 13/02/2004, Ferazzi, Rv. 226710- 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656; da ultimoSez. 2, n. 11320 del 13/12/2022, COGNOME, non massimata).
1.2. Le doglianze espresse nel primo e nel secondo motivo di ricorso, al di là della cornice nella quale sono inserite, si risolvono in censure rivolte contro la motivazione, peraltro con incursioni non consentite, nell’analisi del merito, si tratta dunque di motivi di certo non compatibili con il limite della violazione di legge previsto dall’art. 325 cod. proc. pen.
Ciò posto, occorre evidenziare che la ricorrente, pur lamentando formalmente violazione di legge e apparenza di motivazione, contesta in realtà la concreta ricostruzione della vicenda resa dal Tribunale e ciò a fronte di un iter argomentativo, coerente con le emergenze investigative e scevro da vizi logici.
Il riferimento alla violazione di legge ed alla apparenza della motivazione Ł chiaramente strumentale ad una rivalutazione della vicenda nel merito, avendo il Tribunale adeguatamente motivato sulle ragioni in base alle quali ritiene infondate le censure difensive e basato la propria decisione su elementi indiziari -desumibili dai verbali di perquisizione e sequestro nonchØ dalle informative di p.g. in atti- ritenuti idonei ad escludere la buona fede della COGNOME, intesa come assenza di condizioni in grado di configurare a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito di quanto in sequestro (vedi pag. 5 dell’ordinanza impugnata).
Il Tribunale ha, quindi, inteso dare seguito al principio di diritto secondo cui anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto che vanti un titolo sui beni da sequestrare o confiscare sia giuridicamente da tutelare (cfr. Sez. 1, n. 68 del 17/10/2013, COGNOME, Rv. 258394 – 01; Sez. 1, n. 48673 del 23/09/2015, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 265427-01; da ultimo Sez. 3, n. 22092 del 14/05/2025, COGNOME, non massimata).
1.3. La normativa sovranazionale di cui la difesa, con il primo motivo di ricorso, lamenta la violazione non rileva nel caso di specie in considerazione del fatto che il principio affermato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea (non confiscabilità dei beni di proprietà di terzi estranei alla commissione del reato) presuppone che il terzo versi in una condizione di buona fede, circostanza che -nel caso oggetto di giudizio- Ł stata esclusa dai giudici di merito i quali hanno affermato, con motivazione esaustiva ed esente da manifesta illogicità, la negligenza della COGNOME nell’affidamento del veicolo sottoposto a sequestro.
Il terzo motivo di ricorso con cui si lamenta la carenza di motivazione in ordine al periculum in mora Ł, invece, fondato, avendo l’ordinanza impugnata omesso di confrontarsi con le ragioni di doglianza dalla difesa puntualmente rappresentate in sede di gravame cautelare.
In relazione al disposto sequestro impeditivo deve essere affermato che il rapporto di strumentalità tra la res in sequestro ed il reato deve essere essenziale e non meramente
occasionale; ciò per evitare di allargare a dismisura il concetto di sequestrabilità, poichØ l’istituto del sequestro preventivo, nel perseguire fini di difesa sociale, non può sacrificare in modo indiscriminato i diritti patrimoniali dei cittadini, sottraendo a questi la disponibilità di cose che Ł in sØ stessa lecita, a meno che non si tratti di disponibilità oggettivamente e specificamente predisposta per l’attività criminosa.
Ciò premesso occorre chiarire come la giurisprudenza di legittimità abbia significativamente affermato, in linea con una interpretazione costituzionalmente e convenzionalmente orientata del sequestro preventivo funzionale alla confisca, la necessità del ricorso ad una soluzione ermeneutica che vincoli tale tipologia di sequestro ad una motivazione anche sul periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio.
Solo in tal modo, infatti, Ł possibile garantire la coerenza del provvedimento ablatorio con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità propri della misura cautelare reale, evitando appunto un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade,Rv. 281848 – 01, in motivazione).
Al riguardo la Corte ha chiarito, in particolare, che l’onere di motivazione può ritenersi assolto solo allorchØ il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, in caso di restituzione al proprietario, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato, dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca (Sez. 6, n. 32582 del 05/07/2022, COGNOME, Rv. 283619; Sez. 6, n. 826 del 29/11/2022, COGNOME, Rv. 284145 – 01).
La natura “obbligatoria” della confisca non rende “obbligatorio” anche il sequestro ad essa funzionale, perchØ, ai sensi dell’art. 321, cod. proc. pen., norma generale e onnicomprensiva, il giudice “può”, e quindi non “deve”, adottare la misura cautelare. In conclusione, solo una soluzione ermeneutica che, come affermato nella richiamata sentenza Ellade, « vincoli il sequestro preventivo funzionale alla confisca ad una motivazione anche sul periculum in mora garantirebbe coerenza con i criteri di proporzionalità, adeguatezza e gradualità della misura cautelare reale, evitando un’indebita compressione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti, quali il diritto di proprietà o la libertà di iniziativa economica, e la trasformazione della misura cautelare in uno strumento, in parte o in tutto, inutilmente vessatorio ».
La motivazione del provvedimento impugnato risulta apparente sì da dar luogo ad un vizio di violazione di legge, con riguardo al punto della necessità di anticipazione della cautela reale, funzionale ad impedire la reiterazione dei reati della medesima specie nonchØ ad assicurare l’eventuale futura confisca.
Lo scarno percorso motivazionale seguito dai giudici di appello non risponde ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalla difesa.
Deve essere, in particolare, rilevato che i giudici di merito – limitandosi ad affermare che, qualora i beni in sequestro rimanessero nella disponibilità degli indagati, gli stessi ‘ potrebbero continuare a reiterare le condotte criminose di cui all’addebito ‘ (vedi pag. 4 del provvedimento impugnato) – nulla ha argomentato in ordine alla sussistenza di un periculum in mora in caso di restituzione di quanto in sequestro alla proprietaria NOME COGNOME.
Ritiene la Corte che il Tribunale sia incorso nel vizio di legittimità dedotto risultando
apodittica l’affermazione del periculum in mora in relazione alla libera disponibilità di quanto in sequestro, essendosi trasposta la pericolosità dei soggetti indagati ai beni considerati, così esulandosi dall’orientamento di legittimità secondo il quale il periculum deve presentare i requisiti della concretezza ed attualità e richiede che sia dimostrata con ragionevole certezza l’utilizzazione del bene per la commissione di ulteriori reati o per l’aggravamento o la prosecuzione di quello per cui si procede (Sez. 6, n. 18183 del 23/11/2017, Polifroni, Rv. 272928 – 01).
In particolare, appare evidente che la differente posizione rivestita dalla ricorrente, la quale non Ł stata iscritta nel registro degli indagati non essendo emersi -allo stato- elementi attestanti un suo diretto coinvolgimento nell’attività di contrabbando di idrocarburi-, avrebbe reso necessaria una specifica indicazione dei motivi che hanno indotto i giudici dell’appello a ritenere sussistente un pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei reati nel caso in cui la COGNOME fosse rientrata nella disponibilità dei mezzi sottoposti a vincolo reale, quantomeno in termini di probabilità del collegamento di tali beni con ulteriori attività delittuose.
Va, infine, rimarcato che i giudici di appello non hanno motivato alcunchØ in ordine alla prospettata inidoneità della misura adottata dal giudice della cautela reale al perseguimento delle finalità impeditive; trattandosi del sequestro di un veicolo, privo di peculiarità intrinseche (quali, ad esempio, dispositivi occulti) che lo rendano particolarmente idoneo alla commissione di ulteriori trasporti illeciti e, quindi, facilmente sostituibile con l’acquisizione temporanea di altro veicolo, di tal che la finalità impeditiva sarebbe facilmente frustrata, con conseguente ulteriore profilo di carenza motivazionale del provvedimento oggetto di ricorso. 4. Si impone, di conseguenza, l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al periculum in mora con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale in dispositivo indicato, affinchØ si uniformi ai principi di diritto qui affermati, colmando le rilevate lacune motivazionali.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al periculum e rinvia per nuovo giudizio sul puntoal tribunale di bari competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p. dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 16/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME