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Sequestro preventivo terzo: limiti e poteri del riesame

La Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di sequestro preventivo di rami d’azienda nell’ambito di un’indagine per autoriciclaggio. Una società terza, acquirente dei beni, ha impugnato il sequestro sostenendo la propria buona fede ed estraneità ai fatti. La Corte ha chiarito i poteri del Tribunale del riesame in sede di appello cautelare e i limiti entro cui il terzo può contestare i presupposti della misura. Pur rigettando gran parte dei motivi, ha annullato l’ordinanza per un vizio di motivazione sul ‘periculum in mora’, ovvero sulla reale necessità attuale del sequestro, rinviando la questione a un nuovo esame.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo terzo: la Cassazione sui poteri del riesame e il periculum

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 20393 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla disciplina del sequestro preventivo terzo e sui poteri del Tribunale del riesame. Il caso riguarda una complessa operazione societaria che ha portato al sequestro di rami d’azienda di proprietà di una società terza, la quale si professava estranea ai reati contestati di autoriciclaggio. La pronuncia analizza i confini entro cui un soggetto terzo può contestare una misura cautelare reale e sottolinea l’obbligo del giudice di motivare adeguatamente su tutti i presupposti del sequestro, incluso il periculum in mora.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dal fallimento di una prima società (la ‘Società Fallita’). Prima del fallimento, era stata costituita una seconda società (la ‘Società Gestrice’), di fatto riconducibile agli stessi soggetti che gestivano la prima, la quale aveva preso in affitto diversi rami d’azienda dalla Società Fallita.

Successivamente, una terza società (la ‘Società Ricorrente’), estranea alla compagine della Società Gestrice, acquistava dalla curatela fallimentare la proprietà di quattro di questi rami d’azienda, già in uso alla Società Gestrice. Poco dopo l’acquisto, la Società Ricorrente stipulava un contratto preliminare per rivendere gli stessi rami d’azienda alla Società Gestrice.

Le autorità inquirenti hanno ipotizzato che questa complessa operazione fosse finalizzata a un reato di autoriciclaggio, permettendo ai soci della Società Fallita di rientrare in possesso dei beni aziendali, ‘ripuliti’ attraverso il passaggio di proprietà. Di conseguenza, è stato disposto il sequestro preventivo non solo del patrimonio della Società Gestrice, ma anche dei quattro rami d’azienda di proprietà della Società Ricorrente. Quest’ultima ha quindi presentato istanza di dissequestro, sostenendo la propria buona fede e la totale estraneità all’illecito.

I Motivi del Ricorso e la Decisione della Cassazione

Il Tribunale del riesame aveva respinto la richiesta di dissequestro. La Società Ricorrente ha quindi fatto ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi, tra cui la violazione di legge riguardo ai poteri del Tribunale e una carenza di motivazione sui presupposti del sequestro, in particolare sul periculum in mora (il pericolo concreto e attuale legato alla libera disponibilità dei beni).

I Poteri del Tribunale del Riesame nell’Appello Cautelare

La Corte di Cassazione chiarisce un punto procedurale fondamentale: nell’ambito di un appello contro un provvedimento cautelare, il Tribunale del riesame ha un potere di cognizione pieno sui punti devoluti. Ciò significa che, anche di fronte a una motivazione del primo giudice mancante o insufficiente, il Tribunale non deve annullare con rinvio, ma ha il potere e il dovere di decidere nel merito, fornendo una propria, completa e autonoma motivazione. Questo potere integrativo è insito nella natura stessa dell’appello.

Analisi del sequestro preventivo terzo e limiti alla contestazione

La sentenza affronta la delicata questione dei limiti entro cui il sequestro preventivo terzo può essere contestato. Sebbene esista un orientamento che limita la contestazione del terzo alla sola titolarità del bene e all’assenza di collegamenti con l’indagato, la Corte adotta una visione più sfumata. Nel caso di specie, la Società Ricorrente non era un mero intestatario passivo, ma aveva avuto un ruolo attivo nella catena di operazioni contrattuali. Questo ruolo, sebbene da verificare nel merito se lecito o illecito, la legittimava a contestare il fumus commissi delicti, non in astratto, ma con riferimento alla propria asserita buona fede e alla mancanza di un contributo consapevole al reato.

Nonostante ciò, la Corte ha ritenuto che la motivazione del Tribunale sulla mancanza di buona fede della ricorrente fosse adeguata e non manifestamente illogica, respingendo i motivi di ricorso su questo punto.

Il Vizio di Motivazione sul Periculum in Mora

Il punto di svolta della decisione risiede nell’analisi del periculum in mora. La difesa della Società Ricorrente aveva sostenuto che ogni pericolo fosse già neutralizzato, in quanto l’intero patrimonio della Società Gestrice era già stato sottoposto a un altro vincolo cautelare, spossessando di fatto gli indagati di ogni potere gestionale. Di conseguenza, il sequestro dei beni di proprietà della ricorrente sarebbe stato superfluo e sproporzionato.

Su questo aspetto, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del tutto apparente e apodittica. I giudici del riesame si erano limitati ad affermare che il dissequestro avrebbe riconsegnato i beni agli amministratori di fatto della Società Gestrice, senza però spiegare perché il vincolo già esistente sul patrimonio di quest’ultima non fosse sufficiente a prevenire il pericolo. Questa mancata analisi costituisce un vizio di motivazione che impone l’annullamento dell’ordinanza.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si basano su un’attenta distinzione tra i vari presupposti della misura cautelare e i poteri del giudice d’appello. Da un lato, si riconosce al Tribunale del riesame un ampio potere di valutazione nel merito delle questioni devolute, anche sanando i vizi del primo provvedimento. Dall’altro, si ribadisce che tale potere deve essere esercitato con una motivazione completa e non apparente. La Corte ha stabilito che, mentre la valutazione sulla buona fede della società terza era stata sufficientemente argomentata dal Tribunale, lo stesso non si poteva dire per la valutazione sull’attuale necessità del sequestro (periculum in mora). L’affermazione generica del Tribunale non rispondeva alla specifica obiezione difensiva circa l’inutilità di un doppio vincolo cautelare, rendendo la motivazione carente e meritevole di annullamento.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di prima istanza per un nuovo giudizio. Il rinvio è limitato al solo punto della sussistenza del periculum in mora. Il Tribunale dovrà quindi riesaminare la questione e fornire una motivazione specifica e approfondita sulla reale e attuale necessità di mantenere il sequestro sui rami d’azienda di proprietà della Società Ricorrente, tenendo conto degli altri vincoli già apposti sul patrimonio della Società Gestrice. La sentenza rappresenta un importante monito sull’obbligo di una motivazione puntuale per ogni misura che incide sui diritti patrimoniali, specialmente quando a essere coinvolto è un soggetto terzo.

Un Tribunale del riesame può integrare o sostituire la motivazione mancante di un giudice di primo grado in un appello cautelare?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, nell’ambito dell’appello cautelare, il Tribunale del riesame ha il potere-dovere di decidere nel merito le questioni sollevate, fornendo una propria motivazione anche totalmente integrativa di quella omessa o insufficiente del primo giudice, senza dover annullare con rinvio.

Quali sono i limiti di contestazione per un terzo proprietario di beni sottoposti a sequestro preventivo?
Sebbene il terzo possa sempre contestare la sua titolarità e l’estraneità ai fatti, la sentenza suggerisce che, qualora il terzo abbia avuto un ruolo attivo nella catena di operazioni oggetto di indagine (e non sia un mero intestatario), è legittimato a contestare il ‘fumus’ del reato, specificamente in relazione alla propria assenza di contributo consapevole e alla propria buona fede.

Perché l’ordinanza di sequestro è stata annullata in questo caso specifico?
L’ordinanza è stata annullata non per questioni relative alla presunta colpevolezza o alla buona fede, ma per un vizio di motivazione sul ‘periculum in mora’. Il Tribunale del riesame non ha adeguatamente spiegato perché il sequestro fosse ancora necessario, nonostante un altro vincolo cautelare già gravasse sull’intero patrimonio della società utilizzatrice dei beni, potenzialmente già sufficiente a neutralizzare il pericolo di prosecuzione del reato. La motivazione è stata giudicata ‘apodittica’, cioè affermata senza una reale argomentazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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