Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4170 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4170 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a COSENZA il 09/01/1993
avverso l’ordinanza del 07/03/2024 del TRIB. LIBERTA di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
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Nessun avvocato è presente
RITENUTO IN FATTO
Con provvedimento del 30/05/2023, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro ha disposto il sequestro preventiv avente ad oggetto beni intestati a NOME COGNOME perché ritenuti nella effet disponibilità del padre, NOME COGNOME indagato per il delitto di cui all’art. 73 9 ottobre 1990, n. 309.
Tra i beni sequestrati figurava la ditta individuale di NOME COGNOME c relativo compendio aziendale e disponibilità finanziarie, anch’essa ritenu riconducibile all’indagato COGNOME.
1.2. Con istanza del 26/09/2023, la difesa di NOME COGNOME chiedeva il dissequestro della ditta individuale dopo aver eccepito la carenza motivazionale del provvedimento genetico sotto il profilo del fumus delicti e del periculum in mora e l’insussistenza dei suddetti presupposti applicativi, altresì contestando ritenuta delimitazione temporale delle condotte illecite e il giudizi sproporzione tra i redditi dichiarati e il valore dei beni oggetto del provvedime ablativo alla luce delle risultanze dell’elaborato tecnico di parte. Al riget Giudice, la difesa di NOME COGNOME interponeva appello, ribadendo le argomentazioni appena richiamate.
Con ordinanza del 07/03/2024, il Tribunale di Catanzaro ha rigettato l’appello, altresì evidenziando come NOME COGNOME oltre alle contestazioni eleva nell’odierno procedimento per spaccio di stupefacenti, sia gravemente indiziato di appartenenza, con ruolo apicale, alla ‘ndrangheta cosentina dall’anno 2012 e con condotta perdurante nell’ambito del procedimento denominato Reset: condotta che implica, a detta del Tribunale, un programma criminoso autosufficiente e fisiologicamente protratto nel tempo, così come individuato da Gip.
Tanto premesso, il Tribunale ha primariamente richiamato la preclusione, affermata dall’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, per terzo, estraneo al reato, di contestare la sussistenza del fumus delicti e del periculum in mora, potendo questi solo allegare elementi indicativi dell’effettiva titolarità dei beni sottoposti al vincolo. Il suo vaglio si sarebbe pertanto li alle sole allegazioni potenzialmente idonee a determinare la revoca del sequestro, secondo il condiviso orientamento giurisprudenziale, concernenti la perimetrazione temporale delle condotte illecite ascritte ad NOME COGNOME nonché le deduzioni tecniche volte a significare l’assenza del requisito della sproporzi patrimoniale in capo al nucleo familiare dell’indagato. Ciò detto, il Tribunale condiviso le conclusioni rassegnate dal Gip, avuto riguardo all’ampiezza
temporale delle condotte delittuose ascritte all’indagato NOME COGNOME e complesso degli elementi in atti attestanti la sproporzione dei beni in seques rispetto ai redditi dichiarati e ai proventi delle attività economiche gestit nucleo familiare COGNOME.
Il secondo profilo di censura investe il perimetro temporale delle condotte ascritte all’indagato NOME COGNOME, padre del ricorrente. Il Tribunale avre disatteso la doglianza sulla violazione del principio di ragionevolezza temporal sulla base delle contestazioni ascritte al predetto indagato. La difesa eviden che le contestazioni relative alle ipotesi di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 30 sono state annullate, in punto di gravità indiziaria, da questa Suprema Cort (Sezione Sesta) in data 28 febbraio 2024; e che il reato associativo è contesta a decorrere dall’anno 2012. Rispetto a quest’ultimo, non vi sarebbero indic rivelatori, se non una mera astratta presunzione, che NOME COGNOME abbi accumulato un patrimonio illecito per la sola partecipazione ad un’associazione di stampo mafioso. Mancherebbe, in particolare, una quantificazione di accumulazione illecita del patrimonio; il Tribunale, infatti, omette di motivare s beni riconducibili alla ditta individuale NOME COGNOME e di determinare, in term quantitativi, la sproporzione reddituale accertata a carico del nucleo familiare
3. Avverso la citata ordinanza del Tribunale di Catanzaro ricorre i difensore di NOME COGNOME che, con un unico articolato motivo, deduce violazione degli artt. 321, comma 2 e 125 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, p omissione o illogicità della stessa. Con un primo profilo di censura, il difensor duole che il Tribunale abbia disatteso le censure difensive volte a denunciare carenza del periculum in mora, sull’assunto che il terzo interessato non sia legittimato a lamentare la mancanza dei presupposti del sequestro, potendo egli unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del b Sostiene la difesa che l’anzidetto pericolo debba sempre costituire oggetto specifico vaglio giurisdizionale, incombendo sul giudice l’obbligo di motivazione rispetto ad esso. In proposito, richiama la sentenza n. 23062 della Sezione Sest di questa Corte, resa il 15/02/2023 (dep. il 25/05/2023), nonché la pronuncia delle Sezioni Unite “Ellade” (n. 36959 del 24/06/2021), secondo cui anche il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contene motivazione del periculum in mora, senza che rilevi il carattere facoltativo o obbligatorio della confisca. Nel caso in esame, il Tribunale di Catanzaro avrebb pertanto disatteso i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità pe ha convalidato il provvedimento ablatorio senza che lo stesso fosse motivato in ordine al periculum in mora. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
ricorrente, non essendosi confrontato con i dati rilevati dalla consulenza tecni di parte versata in atti, ove si evidenziano errori ed omissioni nei quali sar incorsa la p.g. nella disamina del patrimonio complessivo riconducibile a NOME COGNOME. La difesa evidenzia che devono essere sottratti dalla portata complessiv del patrimonio di NOME COGNOME i redditi riconducibili al fratello NOME: c operando, la sperequazione originaria diminuirebbe di oltre la metà rispetto quanto riportato dalla p.g. La motivazione sul punto sarebbe apparente laddove sostiene che la sproporzione reddituale veniva registrata per l’esercizio 2016 che non veniva colmata nelle annualità precedenti e successive, senza tuttavi illustrarne dettagliatamente i motivi. Né il Tribunale specifica le ragioni pe quali i redditi del ricorrente risulterebbero inadeguati rispetto all’av un’attività operante nel settore agricolo. Altrettanto immotivata sareb l’ordinanza impugnata laddove perviene alla conclusione che, nonostante il reimpiego di eventuali saldi positivi ottenuti nelle annualità precedenti, i cal stimati dal consulente di parte sono privi di riscontro documentale.
In ultimo, il ricorrente censura la motivazione dell’ordinanza impugnata laddove ha ritenuto inammissibili le censure difensive afferenti alla mancanza d motivazione del periculum in mora sulla scorta dell’assunto che, in tema di appello cautelare, il sindacato è limitato alla legittimità dell’ordinanza di r dell’istanza difensiva, potendo tale preclusione essere superata solo da un nuov elemento fattuale. Tale elemento nuovo sarebbe rappresentato, secondo la difesa, dall’anzidetta consulenza tecnica di parte. Nonostante la pendenza de ricorso avverso la primigenia ordinanza del riesame, a seguito del quale intervenuta sentenza di annullamento con rinvio da parte della Sesta Sezione della Corte di cassazione in data 13 marzo 2024, il Tribunale di Catanzaro, adit in sede di appello cautelare, ben avrebbe potuto nuovamente vagliare le medesime considerazioni difensive in tema di periculum in mora in relazione alla carenza di motivazione del provvedimento genetico ed operare il vaglio sulle allegazioni difensive nuove contenute nella consulenza tecnica di parte.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
In data 03/09/2024 sono pervenuti motivi nuovi nell’interesse dell’imputato, sottoscritti dai difensori, avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME Con il primo motivo, lamentano che l’originario decreto di sequestro preventivo non abbia dato conto delle ragioni specifiche per cui questo è stato dispost invocandone pertanto la nullità; con il secondo motivo, sostengono che la
motivazione del provvedimento del Tribunale di Catanzaro sia apparente perché riferita ad un’intercettazione di cui si contesta il contenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Occorre premettere che, in tema di sequestri probatori e preventivi, il ricorso per Cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., solo p violazione di legge.
In tale nozione si devono ricomprendere sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparat argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. Sez. U, 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656 – 01).
Larga parte della giurisprudenza di questa Corte, da cui non si individuano ragioni per discostarsi, ha ulteriormente precisato che il ricorso per violazione legge, a norma dell’art.325, comma primo, cod. proc. pen. può essere proposto solo per mancanza fisica della motivazione o per la presenza di motivazione soltanto apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, che può denunciarsi in sede d legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cu all’art.606, comma primo, lett.e), cod. proc. pen. (così Sez.2, n.5807 d 18/01/2017, Rv. 269119; Sez.5, n.35532 del 25/06/2010, Rv.248129; Sez.6, n.7472 del 21/01/2009, Rv.242916).
Tali principi valgono anche per il ricorso proposto dal terzo interessato all restituzione di un bene in sequestro, il quale non potrà far valere in sede legittimità, proprio in ragione del limite imposto dall’art. 325, comma 1, cod proc. pen., vizi attinenti alla motivazione del provvedimento impugnato.
Ciò premesso, non può non osservarsi come gran parte delle ragioni del gravame solo apparentemente attengano al vizio della violazione di legge, sostanziandosi, in realtà, in una estesa critica alla logicità e congruità motivazione del provvedimento.
Venendo al merito della regiudicanda, si osserva quanto segue.
La prima ragione di doglianza è infondata. Secondo un orientamento ampiamente consolidato in sede di legittimità in tema di sequestro preventivo, a
cui si è uniformato il Tribunale di Catanzaro, il terzo che affermi di avere dir alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del b l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza po contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (ex multis, Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME COGNOME, Rv. 286439; Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, Pica, Rv. 276700, e Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070). Al riguardo, è stato affermato, con specifico riferimento alla confisca di prevenzione, che tutti gli aspetti che concernono i presuppost applicativi della misura sono estranei alla sfera soggettiva del terzo intestata sicché, ammettere la possibilità di una contestazione di tali aspetti, andrebbe ledere il fondamentale principio secondo cui la legittimazione ad agire deve essere individuata in relazione alla titolarità del diritto oggetto del giudizio potendosi consentire una sorta di intervento ad adiuvandum del terzo in favore del destinatario della misura (da ultimo, vedi Sez. 6, n. 48761 del 14/11/2023 COGNOME, Rv. 285650). Invero, il dato dirimente è stato ravvisato nel fatto che, mancanza di prova dell’effettiva titolarità del bene, ove pure venisse accolto ricorso del terzo avente ad oggetto i presupposti della misura, la conseguenza sarebbe la revoca della confisca, ma con restituzione al soggetto ritenut effettivo titolare del bene, sicché alcun risultato concretamente utile conseguirebbe per il terzo (in tal senso, Sez. 1, n. 35669 dell’i 1/5/2023, n.m
La Corte non ignora il diverso orientamento (Sez. 6, n. 15673 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286335; Sez. 1, n. 19094 del 15/12/2020, dep.2021, COGNOME Franca, Rv. 281362) secondo cui il terzo intestatario del bene aggredito sarebbe legittimato a contestare, oltre a fittizietà dell’intestazione, anche la mancanza dei presupposti legali per confisca, tra cui la ragionevolezza temporale tra acquisto del bene e commissione del reato che legittima l’ablazione); il Collegio, tuttavia, ritiene maggiorme condivisibile l’orientamento prevalente più sopra richiamato, sui cui principi peraltro, si attesta anche una recentissima ulteriore pronuncia, successiv all’odierna deliberazione (Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME NOME, Rv. 287165, nella cui motivazione la Corte ha altresì evidenziato che, se s ritenesse il terzo legittimato a contestare i presupposti della misura, il ricorso dallo stesso azionato risulterebbe in ogni caso inammissibile per aspecificità de motivi, atteso che il predetto, in quanto soggetto estraneo al reato, non sareb in grado di contestare il “fumus commissi delicti” o il “periculum in mora”).
Per completezza argomentativa, occorre rilevare come la questione riguardante i presupposti del sequestro non possa essere dedotta in questa sede, essendo la stessa sub iudice, come ha ricordato il Tribunale di Catanzaro (p. 2,
ord. imp.), il quale ha esattamente evidenziato che la situazione di litispenden preclude allo stesso, in assenza di elementi nuovi, di vagliare le contestazi difensive al riguardo (litispendenza di cui peraltro dà atto anche lo ste ricorrente).
Quanto all’asserita novità delle allegazioni difensive, afferenti agli eleme riconducibili al patrimonio del ricorrente e contenuti nella consulenza tecnica parte, il Tribunale ha evidenziato l’inadeguatezza delle allegazioni consulenziali determinare il venir meno del rapporto di sproporzione reddituale, già accertato a carico del nucleo familiare e, pertanto, del sequestro della ditta individu NOME COGNOME, formalmente avviata da costui (terzo interessato) nell’anno 2016 – e pertanto in periodo coincidente con la commissione dei cosiddetti reati spi ascritti al padre, NOME COGNOME – allorquando il nucleo familiare presentava u disavanzo negativo di consistente portata (-69.957,68 euro).
Il Collegio peraltro rileva che le anzidette censure difensive, rientranti ne valutazione del fatto e relative all’accertamento del patrimonio del nucle familiare in questione, in quanto tutte evocanti il vizio di motivazione, so inammissibili, trattandosi, come detto in precedenza, di ricorso ammissibile unicamente per violazione di legge (art. 325 cod. proc. pen.), costituendo, come è noto, violazione di legge solo l’apparenza o la totale carenza di motivazione vizi non riscontrabili nel discorso giustificativo.
Quanto GLYPH alla GLYPH doglianza GLYPH sulla GLYPH precisa GLYPH individuazione GLYPH del GLYPH profitto dell’associazione, giova richiamare l’insegnamento di questa Corte Suprema per il quale il delitto di associazione per delinquere è idoneo di per sé a generare profitto, sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente, e nei previsti dalla legge, in via autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fine e prescindere da esso, (Sez. 5, n. 15205 del 25/02/2016, Edil RAGIONE_SOCIALE Rv. 266697; Sez. 3, ord. n. 26721 del 04/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 263945: “Il delitto di associazione per delinquere è idoneo a generare un profitto, che sequestrabile ai fini della successiva confisca per equivalente – nei casi previ dalla legge – in via del tutto autonoma rispetto a quello prodotto dai reati fin che è costituito dal complesso dei vantaggi direttamente conseguenti dall’insieme di questi ultimi, siano essi attribuibili ad uno o più associati, anche identificati, posto che l’istituzione della “societas sceleris” è funzionale ripartizione degli utili derivanti dalla realizzazione del programma criminoso). Ne caso di specie, il Tribunale, dopo avere ricordato, in punto di ragionevolezz temporale, che la contestazione associativa di stampo mafioso implica di per sé un programma criminoso autosufficiente e fisiologicamente protratto nel tempo, ha messo in evidenza, come più sopra detto, la contestualità dell’avvio dell’impresa individuale di NOME COGNOME e la condotta associativa contestata a
padre, osservando come siano rimasti privi di confutazione i dati redditual accertati a carico di NOME COGNOME il quale, nelle annualità antecedenti all’av dell’attività imprenditoriale, presentava redditi propri del tutto inadeguati ovv totalmente assenti.
I restanti motivi del ricorso restano assorbiti.
I motivi nuovi, che peraltro investono il primigenio decreto di sequestro preventivo, sono inammissibili: il primo motivo in quanto assorbito dalle considerazioni che precedono; il secondo, perché privo della necessaria correlazione con i motivi originariamente proposti.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 19 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presi ente