Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22462 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22462 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nata a Cinquefrondi il 10/01/1996, avverso l’ordinanza del 13/02/2025 del Tribunale di Reggio Calabria; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 13 febbraio 2025, il Tribunale di Reggio Calabria ha dichiarato inammissibile l’appello proposto dalla ricorrente avverso l’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Reggio Calabria del 22/01/2025, con la quale Ł stata rigettata l’istanza di dissequestro e restituzione della somma di denaro contante di euro 85.000,00 e di tre orologi posti sotto sequestro con decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria del 24/09/20222, eseguito il 06/10/2022, in quanto la predetta somma e i tre orologi erano riconducibili ai regali di nozze ricevuti dalla istante e dal marito, NOME COGNOME in occasione del matrimonio da loro contratto il 15/09/2022.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME propone ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 73, comma 7-bis, e 74, comma 7-bis, d.P.R. n. 309/1990, 240-bis cod. pen. e 321 cod. proc. pen. per erronea applicazione della legge penale, per avere il giudice a quo ritenuto che il denaro contante e gli altri beni sottoposti a sequestro preventivo fossero proventi di attività delittuosa posta in essere da COGNOME NOME e non beni, di legittima provenienza, nella disponibilità del terzo interessato NOME COGNOME
Lamenta la ricorrente vizio di legge, non avendo il giudice a quo valutato la nuova prova introdotta dalla difesa, vale a dire il documento olografo in cui erano state appuntate, a suo tempo, le specifiche e legittime provenienze del denaro e dei restanti beni oggetto di contenzioso, considerata la ravvicinata distanza temporale della data della celebrazione del matrimonio tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (15/09/2022) e della data dell’arresto di NOME COGNOME (06/10/2022) rendevano ipotesi plausibile che la somma di denaro rinvenuta all’interno dell’abitazione il 06/10/2022 fosse imputabile ai doni nuziali.
Aggiunge la difesa che l’onere della prova della provenienza illecita della somma dovrebbe
spettare all’Ufficio di Procura, per cui, una volta che il terzo interessato, pur non essendone tenuto, abbia provato la legittima provenienza delle somme possedute, attraverso il documento acquisito agli atti, il giudice ha il dovere di restituire il bene al legittimo proprietario, mentre le argomentazioni secondo le quali mancavano i riscontri delle dichiarazioni testimoniali dei singoli invitati e della effettività della cerimonia svolta al ristorante miravano a negare, a tutti i costi, il valore della prova documentale fornita.
Allo stesso modo, quanto ai tre orologi sottoposti a sequestro, la motivazione del Tribunale era apparente, essendo certo che dal documento prodotto si evinca che due regali risultano essere stati donati, ribadendo in proposito che non spetta al terzo interessato dimostrare l’origine lecita del bene, bensì alla pubblica accusa provare che la res appartenga all’imputato e che, di conseguenza, il bene sia di origine illecita.
E’ pervenuta memoria dell’avv. NOME COGNOME, difensore di NOME COGNOME, con la quale, in replica alle conclusioni del Procuratore Generale, si sostiene l’erroneità nel considerare assertiva la tesi difensiva secondo cui la somma di 88.500,00 euro rinvenuta all’interno di una busta con allegato manoscritto derivasse dai regali del matrimonio tra NOME COGNOME e NOME COGNOME con la conseguenza che, se la menzionata somma di denaro in sequestro Ł proveniente dai regali nuziali, la ricorrente ha ex lege diritto, quantomeno, alla restituzione del 50% di quelle somme.
CONSIDERATO IN DIRITTO
In via preliminare deve richiamarsi la costante affermazione di questa Corte secondo cui il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., Ł ammesso per sola violazione di legge, in tale nozione dovendosi ricomprendere sia gli ” errores in iudicando ” o ” in procedendo “, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (vedasi Sez. U, n. 25932 del 29/5/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, COGNOME, Rv. 245093; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Rv. 269656). Ed Ł stato anche precisato che Ł ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perchØ sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l'” iter ” logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 6589 del 10/1/2013, NOME, Rv. 254893).
Per motivazione assente deve intendersi quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Rv. 248129; Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, n.m.) o che Ł graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Rv. 252898). La motivazione apparente, invece, Ł solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si Ł fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Rv. 196361).
Di fronte all’assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell’atto.
Deve, inoltre essere ricordato che secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 4170 del 19/09/2024, dep. 2025, Pezzi, Rv. 287396; Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165; Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME, Rv. 286439), cui il Collegio aderisce, «in tema di sequestro preventivo, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e
l’assenza di collegamento concorsuale con l’indagato» (Sez. 6, n. 24432 del 18/04/2019, COGNOME, Rv. 276278; Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070; Sez. 6, n. 34704 del 05/08/2016). E’ stato, infatti, osservato che la titolarità del bene afferisce al dato preliminare della legittimazione per proporre impugnazione e precede ogni eventuale ulteriore problematica riguardante il perimetro delle censure che il terzo, in tale qualità, può proporre, agendo per la restituzione di quanto sequestro; si rileva inoltre, che, in mancanza di prova dell’effettiva titolarità del bene, ove pure venisse accolto il ricorso del terzo nella parte avente ad oggetto i presupposti della misura, la conseguenza sarebbe la revoca della confisca, ma con restituzione al soggetto ritenuto effettivo titolare del bene, sicchŁ alcun risultato concretamente utile ne conseguirebbe per il terzo stesso (in tal senso, con specifico riferimento alla disciplina delle misure di prevenzione, Sez. 1, n. 35669 dell’11/05/2023, n.m.).
Tanto premesso, il ricorso Ł manifestamente infondato, dovendo ritenersi che, nel caso di specie, non sia configurabile nØ una violazione di legge, nØ un’apparenza di motivazione, avendo il Tribunale del riesame adeguatamente illustrato le ragioni poste a fondamento della decisione di inammissibilità dell’appello cautelare.
2.1 Deve essere ricordato che il sequestro Ł stato disposto in relazione ai reati di cui agli artt. 74 d.P.R. n. 309/1990, aggravato ex artt. 61-bis e e 416-bis.1 cod. pen. (capo 1), nonchØ di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 (capi 2, 3, 8, 10, 14, 16, 18 e 19), ai sensi degli artt. 85-bis d.P.R. n. 309/90 e 240-bis cod. pen., nei confronti di NOME COGNOME destinatario di misura custodiale con ordinanza del 24/09/2022 e poi condannato alla pena di anni quindici, mesi otto di reclusione ed euro 47.000,00 di multa dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, che lo ha ritenuto responsabile dei reati ascritti, ordinando la confisca di quanto in sequestro.
In particolare, l’art. 85-bis d.P.R. n. 309/90 dispone che, nei casi di condanna o di applicazione della pena su accordo delle parti a norma dell’articolo 444 cod. proc. pen., per taluno dei delitti previsti dall’articolo 73 d.P.R. n. 309/90, si applica l’articolo 240-bis cod. pen.L’art. 240-bis cod. pen., a sua volta, consente la confisca di beni di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati di cui il condannato risulti titolare, anche per interposta persona, dei quali abbia la disponibilità e non fornisca una credibile dimostrazione della lecita provenienza.
2.2 E, nell’ambito del perimetro del giudizio di legittimità in tema di misure cautelari reali, limitato come sopra ricordato ai soli profili di violazione di legge, le deduzioni svolte nel ricorso sono infondate, non essendosi il ricorrente adeguatamente confrontato con le argomentazioni dei giudici cautelari, che hanno fornito una non illogica spiegazione della impossibilità ovvero inverosimiglianza della prospettazione difensiva secondo cui la documentazione fornita giustificava la legittima provenienza dei beni.
E’ stato infatti affermato nella ordinanza impugnata come il manoscritto di tre pagine, riportante una lista di nominativi e di corrispettivi in denaro, rinvenuto durante le operazioni di polizia giudiziaria, era generico nella parte in cui valeva a dimostrare la provenienza lecita dei tre orologi marca ‘Rolex’, dal momento che il documento menzionava, accanto ai nomi di NOME COGNOME e di tale COGNOME, due soli regali e non tre e non specificava trattarsi di orologi di lusso. Quanto alla somma in contanti di 88.500,00 euro, illustrava non illogicamente il Tribunale a) come non emergesse la circostanza che la lista fosse tenuta insieme alla somma di euro 88.500,00 e che, quindi, fosse ad essa riconducibile, b) come il rinvenimento di somme di denaro ulteriori e diverse, separatamente conservate (1.120,00 euro, 2.190,00 euro, 5.640,00 euro), non dimostrava che la lista manoscritta fosse riconducibile proprio alla somma di euro 88.500,00, c) come non fossero stati allegati al documento manoscritto elementi ulteriori, quali lista degli invitati al matrimonio o prova del ricevimento di nozze o dichiarazioni dei soggetti interessati, precisando infine non risultare neanche se le donazioni fatte fossero state effettuate nei confronti di un coniuge, e di quale fra essi, o di entrambi, considerando che il coniuge della ricorrente era risultato dedito al narcotraffico, con condanna inflitta dal giudice di primo grado.
Ciò posto, tenuto conto dei limiti del controllo esercitabile in questa sede sulla motivazione del
provvedimento impugnato, non appare censurabile la conclusione cui Ł giunto il Tribunale, la cui motivazione oggettivamente esistente e tutt’altro che apparente esclude il vizio di violazione di legge eccepibile in questa sede.
In conclusione, alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 28/05/2025 Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME