Sequestro Preventivo a un Terzo: L’Obbligo di Motivazione
La recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale della procedura penale: il sequestro preventivo terzo. Quando beni appartenenti a un soggetto estraneo all’indagine vengono sequestrati, quali sono i doveri del giudice? La Corte, con una decisione che distingue nettamente tra denaro contante e beni di famiglia, ribadisce che ogni provvedimento restrittivo deve essere supportato da una motivazione congrua e non meramente apparente, pena l’annullamento.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un’indagine per reati fiscali a carico di un imprenditore. Nel corso delle perquisizioni, le autorità rinvengono e sottopongono a sequestro preventivo una cospicua somma di denaro contante (€ 37.000), diversi gioielli e preziosi per un valore di circa € 62.000, e tre orologi di lusso. Questi beni si trovavano nella disponibilità della moglie dell’indagato, la quale si dichiarava terza interessata e legittima proprietaria.
La donna proponeva istanza di riesame, sostenendo che il denaro fosse il frutto di 37 anni di risparmi matrimoniali e che i gioielli fossero antichi beni della sua famiglia d’origine. Il Tribunale del riesame, tuttavia, rigettava parzialmente la sua richiesta. Pur disponendo la restituzione degli orologi, confermava il sequestro del denaro e dei gioielli, ritenendo inverosimile la provenienza lecita della somma e non considerando le argomentazioni sui preziosi.
Contro questa decisione, la donna proponeva ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge per motivazione carente o meramente apparente.
Il Sequestro Preventivo Terzo e il Dovere di Motivazione
La Corte di Cassazione accoglie parzialmente il ricorso, operando una distinzione fondamentale tra le diverse tipologie di beni sequestrati. Questo passaggio è centrale per comprendere i limiti del sequestro preventivo terzo.
La Decisione sul Denaro Contante
Riguardo alla somma di € 37.000, la Corte dichiara il ricorso infondato. Il Tribunale del riesame aveva fornito una motivazione logica e adeguata: la donna non aveva dimostrato di possedere fonti di reddito proprie e l’unica fonte di reddito familiare era l’attività del marito indagato. In assenza di prove documentali che attestassero una provenienza diversa, era ragionevole presumere che il denaro fosse il provento dell’attività illecita del coniuge. La motivazione, quindi, non era apparente ma basata su elementi concreti.
La Decisione sui Gioielli
La conclusione è diametralmente opposta per quanto riguarda i gioielli. La Cassazione rileva che il Tribunale del riesame aveva completamente omesso di motivare le ragioni per cui respingeva la tesi difensiva, secondo cui si trattava di beni di famiglia. Il provvedimento impugnato non offriva alcuna argomentazione per contrastare l’assunto della ricorrente.
Questa omissione, secondo la Suprema Corte, integra una vera e propria “violazione di legge”. Infatti, la giurisprudenza consolidata equipara la motivazione totalmente assente a quella meramente apparente, ovvero quella motivazione così generica e astratta da non rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione fonda la sua decisione sul principio sancito dall’art. 325 c.p.p., che ammette il ricorso contro le ordinanze in materia di misure cautelari reali solo per violazione di legge. La nozione di “violazione di legge” è stata interpretata estensivamente dalle Sezioni Unite, fino a ricomprendere i vizi di motivazione così radicali da renderla inesistente o puramente apparente.
Nel caso del denaro, il Tribunale aveva esposto un ragionamento logico: in un nucleo familiare monoreddito, il denaro contante non giustificato si presume proveniente dall’unica fonte di reddito, che in quel caso era sospettata di essere illecita. La difesa della ricorrente, basata su mere affermazioni, non era sufficiente a scalfire questa presunzione.
Per i gioielli, invece, il silenzio del Tribunale ha rappresentato un vizio insanabile. Non basta ignorare una tesi difensiva; il giudice ha l’obbligo di prenderla in esame e confutarla con argomentazioni logico-giuridiche. Omettendo di farlo, il Tribunale ha violato il fondamentale obbligo di motivazione, rendendo la sua decisione illegittima su quel punto.
Le Conclusioni
In conclusione, la sentenza ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro dei gioielli, rinviando il caso al Tribunale di Roma per una nuova valutazione che dovrà essere adeguatamente motivata. Il sequestro del denaro è stato invece confermato.
Questa pronuncia offre un’importante lezione pratica: chi agisce come terzo interessato per ottenere la restituzione di beni sequestrati deve fornire prove concrete sulla loro provenienza lecita. Tuttavia, specularmente, il giudice del riesame ha l’obbligo di esaminare attentamente tutte le argomentazioni difensive e di fornire una motivazione completa e logica per ogni sua decisione, specialmente quando conferma una misura così incisiva come il sequestro preventivo.
Quando un terzo può opporsi a un sequestro preventivo disposto nei confronti di un’altra persona?
Un terzo può opporsi quando vanta un diritto di proprietà o un altro diritto reale sui beni sequestrati e può dimostrare che tali beni sono estranei al reato per cui si procede. La sua richiesta deve essere supportata da elementi concreti che ne provino la legittima provenienza.
Perché la Corte ha deciso diversamente per il denaro e per i gioielli?
La Corte ha confermato il sequestro del denaro perché la ricorrente non ha fornito alcuna prova della sua origine lecita, rendendo plausibile la tesi che provenisse dall’attività illecita del marito, unico percettore di reddito. Ha invece annullato il sequestro dei gioielli perché il Tribunale non ha fornito alcuna motivazione per rigettare la tesi difensiva che si trattasse di beni di famiglia, violando così l’obbligo di motivazione.
Cosa si intende per ‘violazione di legge’ in un ricorso contro un sequestro?
In questo contesto, la ‘violazione di legge’ non è solo l’errata applicazione di una norma, ma include anche la mancanza totale di motivazione o una motivazione ‘apparente’, cioè talmente generica, illogica o contraddittoria da non far comprendere il ragionamento del giudice. La totale omissione di valutazione di una tesi difensiva, come nel caso dei gioielli, rientra in questa categoria.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10988 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10988 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/01/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da COGNOME NOME nata a Roma il 9 ottobre 1968 avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Roma il 14 ottobre 2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. sentito l’avv. NOME COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta di riesame avanzata da NOME COGNOME in qualità di terza interessata nei confronti della somma di 5.380 C in sequestro, per carenza di legittimazione; ha annullato il decreto di sequestro preventivo relativamente a tre orologi di marca Bulgari, disponendone la restituzione alla ricorrente, e ha confermato il sequestro della somma di 37.000 C circa e dei gioielli e preziosi contenuti in una cassetta di sicurezza nella disponibilità della Pavoncello, per un valore di circa 62.000 C 2.Avverso detta ordinanza propone ricorso Pavoncello quale terza interessata deducendo:
2.1 violazione dell’obbligo di motivazione poiché il Tribunale ha reso una motivazione meramente apparente, non esponendo le ragioni a base della decisione di conferma del sequestro e non rendendo comprensibile la scelta di respingere l’istanza di restituzione della somma di 37.000 C che la ricorrente aveva accumulato in 37 anni di matrimonio e nulla argomentando in ordine ai gioielli e preziosi rinvenuti, che appartengono alla famiglia COGNOME, storica famiglia ebraica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è parzialmente fondato.
Deve premettersi che, secondo l’art. 325, comma 1, cod.proc. pen., il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in sede di riesame avverso il provvedimento impositivo di misura cautelare reale, è ammesso solo per violazione di legge e, dunque, come anche ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, non per i vizi logici della motivazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. (tra le tante, sez.5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, conforme a Sez.U, n. 5876 del 2004, COGNOME).
La più autorevole giurisprudenza della Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, ritiene che in tale nozione vadano ricompresi sia gli errores in iudicando che gli errores in procedendo, ovvero quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez.U. n.25932 del 2008, COGNOME.
Nel caso in esame con decreto emesso dal GIP di Velletri l’11Marzo 2024 è stato apposto il vincolo reale su alcuni beni rinvenuti nella casa familiare di NOME COGNOME, coniuge convivente di NOME COGNOME, indiziato in relazione al reato previsto dall’art.2 del decreto legislativo 74/2000.
La somma di 37.000 C era contenuta in una busta inserita in una cassaforte ubicata in camera da letto, mentre i gioielli erano custoditi in una cassetta di sicurezza iniestata ai due coniugi. Il Tribunale, in relazione alla somma di 37000 C non ha considerato verosimile l’assunto della COGNOME, che ha dichiarato trattarsi dei risparmi da lei effettuati in 37 anni di matrimonio; la pretesa appartenenza della somma si fonda soltanto sulle dichiarazioni del coniuge indagato, NOME COGNOME interessato all’evidenza a rendere dichiarazioni in tal senso, e sulle affermazioni della stessa istante, che devono ritenersi inidonee poiché prive di supporto documentale, considerato che COGNOME è stato per anni l’unica fonte di reddito della famiglia e quindi la somma rinvenuta non può che essere provento delle sue attività. Alla stregua di queste considerazioni il ricorso è manifestamente infondato e generico in ordine alla somma di denaro di 37.000 euro, poiché a dispetto di quanto
sostenuto dalla difesa, il Tribunale non ha fatto ricorso ad una motivazione apparente, ma ha reso congrue argomentazioni, evidenziando che il denaro contante rinvenuto non può essere attribuito alla Pavoncello e deve ritenersi provenire dal marito, in quanto la stessa non ha neppure allegato fonti di reddito lecite proprie.
Di contro, in merito ai gioielli rinvenuti nella cassetta di sicurezza e indicati in dettaglio nel verbale di sequestro, il provvedimento impugnato non offre alcuna motivazione, neppure per respingere l’assunto difensivo secondo cui si tratterebbe di gioielli della famiglia di origine della donna. Così facendo, incorre nel vizio di violazione di legge denunziato con il ricorso, per avere omesso la prescritta motivazione.
Si impone di conseguenza l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro dei gioielli rinvenuti nella cassetta di sicurezza, con rinvio al Tribunale di Roma perché verifichi la fondatezza delle censure difensive e renda adeguata motivazione per esplicitare gli elementi di fatto e di diritto, nonchè l’iter logico posto a sostegno della decisione.
P.Q.M.
annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al sequestro dei preziosi e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell’art. 324comma 5 cod.proc.pen.. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Roma 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
La Presidente
NOME COGNOME