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Sequestro preventivo terzo: la disponibilità del bene

La Corte di Cassazione si pronuncia su un caso di sequestro preventivo terzo, confermando che i beni intestati a una persona estranea alle indagini possono essere sequestrati se si dimostra la disponibilità effettiva da parte dell’indagato. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso della terza interessata, poiché contestava la valutazione dei fatti e non una violazione di legge, ribadendo che la disponibilità concreta prevale sulla titolarità formale dei beni.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo Terzo: La Disponibilità Effettiva dei Beni Prevale sulla Proprietà Formale

La recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità e rilevanza pratica: il sequestro preventivo terzo. La pronuncia chiarisce fino a che punto i beni di una persona, non direttamente indagata, possano essere soggetti a un vincolo cautelare a causa del suo legame con un soggetto sottoposto a indagini penali. La decisione sottolinea come la “disponibilità” effettiva di un bene da parte dell’indagato possa prevalere sulla titolarità formale, legittimando il sequestro.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo di denaro e beni emesso nei confronti di una donna, considerata terza interessata rispetto alle indagini a carico del suo compagno. Quest’ultimo era accusato di gravi reati, tra cui la gestione e l’investimento di ingenti somme di denaro di provenienza illecita. I beni sequestrati, tra cui gioielli, contanti e pelletteria, erano stati rinvenuti presso l’abitazione della donna, dove l’indagato risultava domiciliato.

La donna proponeva istanza di riesame, sostenendo che i beni fossero di sua esclusiva proprietà e che mancasse la prova di un effettivo controllo da parte del compagno. Sottolineava inoltre come la loro relazione sentimentale non fosse una convivenza legalmente riconosciuta e che l’uomo risiedesse formalmente altrove. Il Tribunale del riesame, tuttavia, rigettava la sua istanza, confermando il provvedimento di sequestro. Contro questa decisione, la donna ricorreva in Cassazione.

La Decisione della Corte e la regola del sequestro preventivo terzo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione risiede nella natura del ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali. Tale ricorso, ai sensi dell’art. 325 del codice di procedura penale, è ammesso solo per “violazione di legge”.

La Corte ha chiarito che in questa nozione rientrano gli errori nell’applicazione delle norme giuridiche, ma non le censure sulla valutazione dei fatti compiuta dal giudice del riesame. Criticare la motivazione è possibile solo se questa è del tutto mancante, palesemente contraddittoria o illogica, al punto da non rendere comprensibile il ragionamento del giudice. Nel caso di specie, la ricorrente contestava proprio l’interpretazione degli elementi fattuali che avevano portato il Tribunale a ritenere i beni nella disponibilità dell’indagato, un tipo di censura non ammessa in sede di legittimità.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente applicato i principi giuridici e fornito una motivazione adeguata, seppur sintetica. I giudici del riesame avevano evidenziato diversi elementi concreti a sostegno della tesi della disponibilità dei beni da parte dell’indagato:

1. Uso di un’autovettura: Un’auto di lusso, pur essendo oggetto di un contratto di leasing stipulato durante le indagini, era pacificamente utilizzata dall’indagato, al cui interno erano stati trovati beni e documenti a lui riconducibili.
2. Dispositivi elettronici: Telefoni e tablet sequestrati avevano come codice di sblocco la data di nascita del figlio che l’indagato aveva avuto con la ricorrente, un chiaro indizio di uso condiviso o comunque di accesso da parte dell’uomo.
3. Mancanza di prova contraria: La ricorrente non aveva fornito alcuna prova concreta della proprietà esclusiva degli altri beni (gioielli, contanti) rinvenuti nella sua abitazione, dove l’indagato era di fatto domiciliato.

La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, in caso di sequestro preventivo per equivalente su beni intestati a un terzo, il giudice deve valutare la disponibilità effettiva. L’onere della prova di tale disponibilità spetta al pubblico ministero, e in questo caso è stata ritenuta assolta.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza. Stabilisce che, ai fini del sequestro preventivo terzo, il criterio determinante non è la proprietà formale, ma il controllo sostanziale che l’indagato esercita sui beni. Una semplice relazione sentimentale o una convivenza di fatto possono diventare il presupposto per estendere il vincolo cautelare ai beni del partner, qualora emergano elementi concreti che dimostrino un potere di fatto dell’indagato su di essi. Per i terzi, ciò significa che, per proteggere i propri beni, è fondamentale essere in grado di dimostrare in modo inequivocabile la propria esclusiva titolarità e disponibilità, specialmente in contesti di stretta relazione personale con un soggetto indagato.

Possono essere sequestrati beni intestati a una persona non indagata?
Sì, i beni formalmente intestati a un terzo possono essere oggetto di sequestro preventivo se viene dimostrato che l’indagato ne ha la disponibilità effettiva, ovvero esercita su di essi poteri e un controllo di fatto assimilabili a quelli del proprietario.

Quali prove sono sufficienti per dimostrare la ‘disponibilità’ di un bene da parte dell’indagato?
La prova può derivare da un insieme di indizi concreti. Nel caso esaminato, elementi come l’uso esclusivo di un’auto, la conoscenza di codici di sblocco di dispositivi elettronici legati a dati personali dell’indagato e la domiciliazione di fatto presso l’abitazione del terzo sono stati ritenuti sufficienti a fondare la presunzione di disponibilità.

È possibile impugnare un sequestro in Cassazione contestando la valutazione delle prove?
No, il ricorso per Cassazione contro un’ordinanza di sequestro preventivo è consentito solo per violazione di legge. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti e delle prove compiuta dal Tribunale del riesame, a meno che la motivazione del provvedimento non sia completamente assente o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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