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Sequestro preventivo terzo: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un terzo interessato, figlio di un indagato per gravi reati, avverso un’ordinanza di sequestro preventivo. I beni, formalmente intestati al figlio, sono stati ritenuti nella disponibilità effettiva del padre. La Corte ha confermato la valutazione del Tribunale del riesame, che aveva rigettato l’istanza di dissequestro per l’assenza di prove sufficienti sulla provenienza lecita dei fondi utilizzati per l’acquisto dei beni, consolidando il principio del sequestro preventivo terzo.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo Terzo: La Cassazione Conferma il Vincolo sui Beni

Il tema del sequestro preventivo terzo rappresenta un punto cruciale nel contrasto ai patrimoni di origine illecita. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 39230 del 2024, offre un’importante analisi sui presupposti che legittimano il vincolo su beni formalmente intestati a soggetti estranei al reato, ma di fatto riconducibili all’indagato. Questo articolo esamina i fatti, il percorso logico-giuridico seguito dai giudici e le implicazioni pratiche della decisione.

I Fatti di Causa: La Vicenda Processuale

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti di un individuo indagato per reati di associazione di stampo mafioso e traffico di stupefacenti. La misura cautelare reale non colpiva solo i beni direttamente intestati all’indagato, ma si estendeva a una ditta individuale, conti correnti e un fabbricato formalmente intestati a suo figlio.

Secondo l’accusa, il figlio agiva come un mero “intestatario interposto” o “testa di legno”, mentre la gestione e la disponibilità effettiva del patrimonio erano da ricondurre al padre. Il figlio, in qualità di terzo interessato, ha proposto appello avverso il sequestro, cercando di dimostrare la provenienza lecita dei fondi con cui aveva costituito il suo patrimonio. Il Tribunale del riesame, tuttavia, ha rigettato l’appello, ritenendo le prove fornite insufficienti a giustificare la sproporzione tra i redditi dichiarati e il patrimonio accumulato. Di qui, il ricorso per cassazione.

Il Sequestro Preventivo Terzo e il Ruolo del Periculum in Mora

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, disciplinato dall’art. 321, comma 2, c.p.p., può colpire anche beni di cui l’indagato ha la disponibilità per interposta persona. L’onere della prova si sposta sul terzo, che deve dimostrare la legittima provenienza dei beni.

Un elemento centrale della vicenda è il periculum in mora, ovvero il pericolo che i beni possano essere dissipati prima della sentenza definitiva. In questo caso, il Tribunale del riesame aveva identificato tale pericolo nella natura stessa del compendio aziendale (terreni agricoli, beni strumentali, disponibilità finanziarie), la cui facile alienabilità rendeva concreto il rischio di vanificare una futura confisca. La Cassazione, in una precedente pronuncia sullo stesso caso, aveva stabilito che anche il terzo intestatario è legittimato a contestare la sussistenza di tale presupposto.

Le Doglianze del Ricorrente

La difesa del ricorrente ha contestato la decisione del Tribunale del riesame, sostenendo una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, ha lamentato la mancata considerazione di una somma di 300.000 euro, derivante da un risarcimento per un grave lutto familiare, che avrebbe giustificato la capacità economica del ricorrente. Inoltre, ha criticato la motivazione del sequestro originario come generica e apparente, basata su astratti riferimenti normativi e su soggetti estranei alla sua posizione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che le censure relative al periculum in mora erano già state oggetto di precedenti giudizi e non potevano essere riproposte in quella sede, deputata a valutare l’appello contro la decisione del G.I.P. sull’istanza di restituzione.

Nel merito, la Corte ha validato l’analisi del Tribunale del riesame, che aveva ritenuto la documentazione prodotta dal ricorrente insufficiente e non convincente. In particolare:

* Finanziamenti: Le rate dei finanziamenti per l’acquisto di motocicli non erano coperte da entrate lecite documentate.
* Risarcimento: La difesa si era limitata a un’allegazione non esaustiva, producendo la corrispondenza tra legali senza fornire prova del bonifico e della sua effettiva incidenza sul patrimonio familiare.
* Libretti di risparmio: Non era stata chiarita l’origine delle provviste, se derivanti da lavoro o da versamenti di contanti di matrice ignota.
* Acquisto immobile: L’acquisto, avvenuto in un periodo in cui il nucleo familiare dichiarava redditi irrisori, non era compatibile con le capacità economiche dimostrate, nonostante il prezzo di acquisto fosse apparentemente vantaggioso.

Il Tribunale, secondo la Cassazione, ha correttamente concluso che il ricorrente non aveva fornito la prova rigorosa della provenienza lecita dei fondi, confermando così la legittimità del vincolo reale.

Conclusioni: Le Implicazioni della Pronuncia

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di misure di prevenzione patrimoniale: di fronte a una sproporzione tra redditi dichiarati e patrimonio posseduto, l’onere di dimostrare la liceità della ricchezza grava sul soggetto colpito dalla misura. Nel caso del sequestro preventivo terzo, questa prova deve essere particolarmente rigorosa e analitica. Non sono sufficienti allegazioni generiche o documentazione parziale, ma è necessario fornire una ricostruzione completa e credibile dei flussi finanziari che hanno portato alla formazione del patrimonio. La decisione conferma la linea dura della giurisprudenza nel contrastare l’occultamento di beni di provenienza illecita attraverso l’intestazione fittizia a terzi.

Quando un bene intestato a un terzo può essere oggetto di sequestro preventivo?
Un bene intestato a un terzo può essere sequestrato quando vi sono elementi per ritenere che l’indagato ne abbia la disponibilità effettiva e che il terzo sia un intestatario fittizio (o ‘interposto’), al fine di eludere le misure patrimoniali.

Cosa deve dimostrare il terzo intestatario per ottenere la restituzione dei beni sequestrati?
Il terzo intestatario deve dimostrare in modo rigoroso e documentato la legittima provenienza dei fondi utilizzati per l’acquisto dei beni e la propria capacità economica, provando che il patrimonio è riconducibile a fonti lecite e non alla disponibilità dell’indagato.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate erano una riproposizione di questioni già decise nelle precedenti fasi del giudizio e perché la Corte ha ritenuto che il Tribunale del riesame avesse correttamente e analiticamente valutato l’insufficienza delle prove fornite dal ricorrente per dimostrare l’origine lecita del suo patrimonio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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