Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18185 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18185 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a ROMA il 25/04/1994 NOME nato a ROMA il 04/08/1993
avverso l’ordinanza del 06/09/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME con le quali si è chiesto il rigetto del ricorso presentato nell’interesse della ricorrente COGNOME e l’annullamento dell’ordinanza impugnata nei confronti del ricorrente COGNOME
Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame, formulata nell’interesse di COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo del GIP di quel Tribunale avente a oggetto, tra l’altro, la somma di euro 11.730,00 e di euro 1.500,00, sequestrate all’esito della perquisizione domiciliare condotta nei confronti del COGNOME, per il quale si procede per il reato di cui all’art 73, co. 5, d.P.R. n. 309/1990, siccome trovato, all’esito di un servizio di osservazione che aveva rilevato movimenti ritenuti riconducibili a un’attività di spaccio, i possesso di gr. 8,61 di hashish e di gr. 0,81 di cocaina, somme rivendicate dalla DEL PELO come proprie e frutto di attività lecita.
Il Tribunale, ricostruita la vicenda che ha condotto al sequestro delle somme, ha rilevato che l’attività di PG era stata complicata dall’esistenza di un vero e proprio servizio di vedette, avendo gli operanti ciononostante accertato che il COGNOME era uscito più volte dall’abitazione, intrattenendosi per breve tempo con diversi avventori, poi allontanatisi. La perquisizione domiciliare era stata condotta servendosi di un cane antidroga che aveva consentito di reperire, oltre alle sostanze stupefacenti, anche la maggior somma di denaro nella stessa stanza nella quale erano state trovate le sostanze stupefacenti, e la minor somma nella camera da letto che il COGNOME riferiva essere della compagna e convivente DEL COGNOME
La richiesta di convalida era stata giustificata sia ai sensi dell’art. 73, co. 7-bis, che ai sensi dell’art. 85 bis, d.P.R. n. 309/1990, avendo il giudice della convalida, tuttavia, erroneamente ritenuto non potersi disporre nella specie la c.d. confisca allargata, versandosi in ipotesi di cui all’art. 73, co. 5, d.P.ER. n. 309/1990, contrario rientrante tra le ipotesi di reato per le quali la misura è ora consentita seguito dell’intervenuta modifica a opera dell’art. 4 co. 3-bis del d.l. n. 123/2023 conv. nella legge n. 159/2023.
In ogni caso, il Tribunale ha ritenuto che la DEL PELO, terza interessata rispetto al decreto impugnato, non avesse dimostrato la titolarità delle somme in sequestro. In particolare, quanto alla maggior somma, il Tribunale ha ritenuto non credibile che essa costituisse provento di una transazione avente a oggetto un’autovettura di proprietà della donna, la vendita risalendo al 21/03/2023, risultando inverosimile che dell’originaria somma di euro 25.000,00, la stessa conservasse nel medesimo ambiente nel quale era custodito lo stupefacente e il materiale utile al confezionamento, un residuo di quell’entrata, con il prevedibile rischio di una riconducibilità del denaro all’illecito traffico. Quanto, invece, alla minor somma, Tribunale non ha ritenuto che la stessa fosse riconducibile alle entrate lecite della DEL COGNOME, ritenendo non provato il contratto di assunzione lavorativa, sottoscritto solo dalla donna e non anche dal presunto datore di lavoro, neppure essendo stata
allegata una busta paga, altresì rilevando che anche tale, ulteriore importo era stato rinvenuto grazie al cane antidroga, circostanza che lasciava presumere l’esistenza di tracce di stupefacente anche su tali banconote.
Avverso l’ordinanza, la difesa ha proposto ricorsi con il medesimo atto, formulando tre motivi.
Con il primo, svolto per entrambi, ha dedotto violazione dell’art. 321, per difetto del requisito della pertinenzialità tra le somme sequestrate e il reato per il quale si procede a carico del COGNOME (detenzione illecita di sostanze stupefacenti), essendo stata la misura ricollegata, invece, a un’attività di cessione che non costituisce oggetto della contestazione formulata. Sotto altro profilo, si è pure censurata la ritenuta sussistenza di un pericolo derivante dalla disponibilità del denaro, atteso che la condotta di detenzione non potrebbe essere portata a ulteriori conseguenze, avendo i giudici del Tribunale sostanzialmente operato una modifica dell’imputazione, prerogativa rimessa al pubblico ministero. In ogni caso, anche a voler ricondurre il sequestro alla c.d. confisca allargata, difetterebbe il presupposto delle indagini patrimoniali.
Con il secondo motivo, nell’interesse del solo COGNOME, la difesa ha dedotto vizio della motivazione quanto al fumus commissi delicti, il dato ponderale essendo compatibile con l’uso personale, in difetto di allegazioni di passaggi tra gli asserit avventori e il COGNOME.
Infine, con il terzo motivo, formulato nell’interesse della sola DEL PELO, ha dedotto vizio della motivazione quanto alla legittima provenienza delle somme sequestrate, avendo il Tribunale considerato la documentazione attestante la vendita dell’auto in base a considerazioni del tutto soggettive, a fronte di un atto pubblico di compravendita, quanto alla mancata allegazione delle buste paga, le stesse non trovandosi nella disponibilità della ricorrente, bensì del suo commercialista, un’eventuale richiesta in tal senso potendo produrre l’effetto di allarmare il datore di lavoro e incrinarne il rapporto fiduciario.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso presentat nell’interesse della DEL PELO e l’annullamento del provvedimento nei confronti del SALIOLA.
Con separata ordinanza, il procedimento n. 7470/2025 (n. 11 del ruolo) è stato riunito al presente per motivi di connessione oggettiva e soggettiva.
Considerato in diritto
I ricorsi sono inammissibili.
Il ricorso nell’interesse del SALIOLA è inammissibile per difetto del relativo interesse.
L’indagato non COGNOME titolare GLYPH del GLYPH bene GLYPH oggetto GLYPH di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto e attuale all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME. Rv. 281098 – 01; Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, Rv. 277753 – 04; n. 35015 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280005 – 01).
Nella specie, la difesa ha del tutto omesso di valutare tale profilo, svolgendo, in sostanza, una sorta di inammissibile intervento ad aiudivandum rispetto all’impugnazione proposta dal soggetto, terzo interessato, che ha rivendicato la titolarità delle somme.
Il ricorso proposto nell’interesse della COGNOME è inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi.
Quanto alla prima censura, in tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo può dedurre soltanto la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene l’insussistenza di un suo contributo al reato attribuito all’indagato, non potendo contestare, invece, l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (Sez. 4, n. 4170 del 19/09/2024, Pezzi, Rv. 287396 – 01; Sez. 3, n. 23713 del 23/04/2024, COGNOME, 286439 – 01; n. 36347 del 11/7/2019, Pica, Rv. 276700 – 01). Pertanto, alla luce di tali principi, deve ritenersi che il motivo sia manifestamente infondato, la stessa avendo riguardato i presupposti applicativi della misura reale.
Tale orientamento, peraltro, ha trovato avallo nella recente pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte che, con riferimento alla diversa ipotesi della confisca di prevenzione, hanno affermato il principio per cui “in caso di confisca di prevenzione avente ad oggetto beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare esclusivamente l’effettiva titolarità dei beni confiscati” (cfr. notizia decisione del 27/03/25). Le doglianze con le quali si contesta la sussistenza dei presupposti del sequestro sono pertanto inammissibili.
Sotto altro profilo, poi, va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge (art. 325, cod. proc. pen.), in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, COGNOME, Rv. 285608 01; n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01; Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, COGNOME, Rv. 254893 – 01).
Alla stregua di tali principi, pertanto, deve ritenersi anche la non deducibilità delle ulteriori, due censure difensive, con le quali la difesa ha dedotto solo un vizio della motivazione che non può neppure considerarsi assente nel senso sopra precisato. Il Tribunale, pur limitandosi a una rettifica solo formale dell’errore contenuto nel decreto di convalida, quanto alla confiscabilità delle somme ai sensi dell’art. 85 bis, d.P.R. n. 309/1990, a seguito dell’intervento legislativo del 2023, ha tuttavia valutato l’assolvimento dell’onere probatorio incombente sul terzo interessato che rivendicava la titolarità del bene in sequestro e ha ritenuto non dimostrato l’assunto difensivo, alla luce degli elementi allegati a difesa (vendita dell’autovettura e presunto svolgimento di attività lavorativa).
Nessuna violazione di legge, pertanto, è ravvisabile, neppure sotto forma di assenza dei requisiti minimi del ragionamento giustificativo, peraltro del tutto congruo quanto alla ritenuta insussistenza del rapporto di lavoro, neppure minimamente intaccata dalle osservazioni difensive, avendo la stessa difesa, infatti, ammesso la mancata produzione delle buste paga, senza neppure contestare l’allegazione di un contratto non sottoscritto dalla parte datoriale; ma anche quanto alla ritenuta inverosimiglianza della riconducibilità del denaro al ricavato di una vendita avvenuta nel 2023.
All’inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Previa riunione al presente procedimento di quello recante il n. 7470/2025 (n. 11 del ruolo odierno) dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Deciso in data 07 maggio 2025.
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La Consigliera est.
Il Presiden
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