Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23243 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23243 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata a NAPOLI il 19/05/1983
avverso l’ordinanza del 31/01/2025 del TRIBUNALE di Santa Maria Capua Vetere Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con decreto del 27 dicembre 2024, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli Nord disponeva il sequestro preventivo di denaro nei confronti di NOME Michele (nato ad Aversa il 3.11.1982) perché ritenuto profitto del reato di truffa; il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con ordinanza del 31 gennaio 2025, rigettava la richiesta di revoca del sequestro preventivo.
A vverso l’ordinan za propone ricorso per cassazione il difensore di COGNOME NOMECOGNOME quale intestataria del conto corrente su cui erano depositate somme sottoposte a sequestro, eccependo:
2.1. mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza del requisito del periculum in mora , per cui si imponeva l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;
2.2. mancanza di motivazione in ordine alle deduzioni concernenti la mancata individuazione del profitto netto sequestrabile;
2.3. inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 322ter cod. proc. pen., 240 cod. pen. e 321 cod. proc. pen.: nel provvedimento di sequestro si sosteneva
che il rapporto di coniugio con NOME COGNOME sarebbe ex se sufficiente ad inferire un rapporto di disposizione delle somme presenti sul conto corrente sequestrato alla Caiazza; come però precisato da Sez. 1, n. 19801/2021, la delega ad operare rilasciata dal titolare di un conto corrente all’imputato, anche se non caratterizzata da limitazioni, non era sufficiente ex se a dimostrare la piena disponibilità da parte di quest’ultimo delle somme depositate, per cui il provvedimento impugnato avrebbe dovuto contenere precise argomentazioni sul fatto che NOME avesse la disponibilità del conto corrente sequestrato alla Caiazza, a prescindere dalla mera delega ad operare sul conto dello stesso; peraltro, la delega ad operare su conto corrente poteva giustificare un provvedimento ablatorio soltanto nel caso di sequestro finalizzato a confisca per equivalente.
3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. Si deve infatti rilevare che i motivi di ricorso non si confrontano in alcun modo con l’osservazione del Tribunale secondo la quale il terzo che si ritiene titolare di quanto in sequestro non può sindacare i presupposti della misura; sul punto, si deve ribadire che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ‘i n tema di sequestro preventivo, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato non può contestare la sussistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene stesso e l’assenza di collegamento concorsuale con l’indagato. (In motivazione, la Corte ha altresì evidenziato che, se si ritenesse il terzo legittimato a contestare i presupposti della misura, il ricorso dallo stesso azionato risulterebbe in ogni caso inammissibile per aspecificità dei motivi, atteso che il predetto, in quanto soggetto estraneo al reato, non sarebbe in grado di contestare il ” fumus commissi delicti ” o il ” periculum in mora “). (Sez. 2, n. 41861 del 03/10/2024, COGNOME, Rv. 287165-01).
3.2. Quanto alla quantificazione del profitto, anche in questo caso non vi è alcun confronto con la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui la stessa evidenzia che parte ricorrente, terza rispetto all’indagato, è carente di interesse in quanto non avrebbe diritto alla restituzione della somma, potendo il terzo soltanto eccepire la riconducibilità del bene a sé stesso e l’assenza di col legamenti con l’indagato (punto sul quale vi è motivazione da parte dell’ordinanza impugnata).
3.3. Quanto al terzo motivo di ricorso, è stata correttamente richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale ‘ La titolarità di una delega ad operare incondizionatamente su un conto corrente bancario intestato ad altri configura l’ipotesi di disponibilità richiesta dall’art. 322ter cod. pen. ai fini dell’ammissibilità del sequestro preventivo funzionale alla confisca per
equivalente ‘ (Sez. 3, n. 13130 del 19/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 27937702 ): l’ordinanza impugnata ha evidenziato che il rapp orto di coniugio tra la COGNOME e l’indagato NOME lasciava inferire un potere di disposizione da parte di NOME di esercitare autonomamente il possesso sulle somme in giacenza sul conto corrente, con motivazione perfettamente logica e, pertanto, immune da censure denunciabili in questa sede.
A i sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità -al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 05/06/2025