Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 305 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 305 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nata a Gela il 23/10/1998
avverso il decreto emesso il 04/04/2024 dal Tribunale di Caltanissetta visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Caltanisetta ha rigettato la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME e ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione di cui all’art. 240bis cod. pen., disposto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Caltanissetta in data 1 marzo 2024.
In questo provvedimento il Giudice per le indagini preliminari ha disposto il
sequestro dell’immobile adibito ad abitazione di proprietà della ricorrente, terza interessata e moglie di NOME COGNOME, sottoposto ad indagine per i reati di cui agli artt. 416 bis cod. pen., quale partecipe dell’associazione criminale mafiosa Cosa Nostra, nella famiglia COGNOME, e 74, 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME terza interessata, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento.
Con un unico motivo di ricorso, il difensore deduce la violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 321 cod. proc. pen.
Il difensore premette che l’immobile adibito ad abitazione sottoposto a sequestro è stato realizzato su un appezzamento di terreno indiviso sito nella INDIRIZZO della INDIRIZZO di Gela, lasciato in eredità da NOME COGNOME ai figli NOME e NOME COGNOME e alla nipote NOME COGNOME.
Il difensore censura la mancanza della motivazione in ordine alla dimostrazione dell’effettivo reimpiego delle somme illecitamente ricavate dall’attività di narcotraffico asseritamente posta in essere da NOME COGNOME nella costruzione dell’abitazione sul terreno di cui era titolare la convivente NOME COGNOME.
Il difensore censura, altresì, il vizio di mancanza di motivazione in ordine al periculum in mora, in quanto non essendo l’immobile di proprietà di NOME, ovvero dell’autore delle condotte criminose contestate, non vi sarebbe il rischio del trasferimento a terzi dell’immobile sottoposto a sequestro a terzo.
L’immobile, peraltro, sarebbe di proprietà non solo della ricorrente, ma anche di NOME COGNOME e NOME COGNOME, persone del tutto estranee agli illeciti contestati.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 8 luglio 2024, il Procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Per delibare adeguatamente le censure proposte dalla ricorrente, occorre premettere che le Sezioni unite di questa Corte, nel precisare l’ambito del sindacato spettante al giudice in sede di riesame del sequestro preventivo, hanno sancito che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione
dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; conf., ex plurimis: Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656).
Non può, pertanto, essere dedotto quale vizio di motivazione mancante o apparente la pretesa sottovalutazione di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal giudice o che, comunque, risultino assorbiti dal tenore complessivo delle argomentazioni poste a fondamento del provvedimento impugnato.
Con unico motivo il difensore censura l’omessa motivazione in ordine alla dimostrazione dell’effettivo reimpiego delle somme ricavate dal narcotraffico gestito da NOME nella costruzione dell’abitazione sul terreno di cui era titolare la convivente. Il difensore censura, altresì, il vizio di carenza di motivazione i ordine al periculum in mora.
4. Il motivo è ammissibile.
4.1. Secondo un orientamento assai diffuso nella giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritt alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del ben l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare (così, tra le tantissime, Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019, COGNOME, Rv. 276700-01, e Sez. 6, n. 42037 del 14/09/2016, COGNOME, Rv. 268070-01).
Ritiene, tuttavia, il Collegio che questo orientamento sovrapponga corrette considerazioni relative alla legittimazione a ricorrere del terzo in sede cautelare reale al distinto tema dell’ambito dei poteri processuali riconosciuti a tale soggetto.
Il terzo, se non offre dimostrazione di essere il soggetto nella “disponibilità” del bene, non è persona «che avrebbe diritto alla restituzione» dello stesso, e, quindi, non è proprio legittimato a proporre ricorso per cassazione, e ancor prima riesame o appello, avverso i provvedimenti che hanno disposto il sequestro preventivo (cfr. art. 325 cod. proc. pen., ma anche 322 e 322-bis cod. proc. pen.).
L’art. 322 cod. proc. pen., peraltro, riconosce espressamente alla persona che vanta il diritto alla restituzione delle cose sequestrate, pur se diversa dall’indagato, la facoltà di proporre richiesta di riesame «anche nel merito».
In tema di impugnazioni cautelari reali, dunque, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo impeditivo è legittimato a dedurre, in sede di riesame, anche l’insussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, posto che, se gli si consentisse di far valere unicamente l’effettiva titolarità o disponibilità del bene e questa fosse incontroversa o, comunque, irrilevante ai fini del mantenimento del vincolo, si priverebbe di utilità il gravame di merito cautelare, escludendo quella verifica sulla legittimità del sequestro che l’indagato non ha interesse a richiedere, in quanto privo del titolo alla restituzione del bene (Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039 – 01); l’orientamento maggioritario determina, dunque, un’ingiustificata disparità di trattamento del terzo rispetto all’indagato unico soggetto legittimato a far valere l’inesistenza dei presupposti della cautela reale (Sez. 3, n. 3034 del 14/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285746).
Questi rilievi sono confermati anche dall’esame dello statuto europeo del sequestro finalizzato alla confisca.
La direttiva 2014/42/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014, relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, espressamente salvaguarda i diritti fondamentali dei terzi nell’attuazione della presente direttiva, come precisato dal considerando n. 33.
L’art. 8, par. 1, della direttiva sancisce, inoltre, che «Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti previsti nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale».
Il par. 4 del medesimo articolo aggiunge che «Gli Stati membri dispongono che vi sia l’effettiva possibilità di contestare il provvedimento di congelamento in sede giurisdizionale da parte delle persone i cui beni ne sono l’oggetto, in conformità delle procedure del diritto nazionale».
Lo statuto europeo della confisca, dunque, non conosce un diverso perimetro di tutela del diritto di difesa del terzo rispetto a quello della persona sottoposta indagini o dell’imputato e, anzi, osta a interpretazioni che legittimino tal divaricazione.
La direttiva 2024/1260/UE del Parlamento europeo e del Consigli del 24 aprile 2024 riguardante il recupero e la confisca dei beni, ulteriormente approfondisce questa tendenza.
Il considerando n. 48, infatti, prevede che «el caso di provvedimenti di confisca in base alle disposizioni sulla confisca estesa e sulla confisca di patrimonio ingiustificato, le circostanze che potrebbero essere contestate dall’interessato al momento di impugnare il provvedimento di confisca dinanzi a un organo
giurisdizionale dovrebbero comprendere anche i fatti specifici e gli elementi di prova disponibili sulla base dei quali i beni in questione sono considerati come derivanti da condotte criminose».
L’art. 3, par. 10, della medesima direttiva, del resto, unifica nella nozione di «interessato», sia la persona fisica o giuridica nei confronti della quale è stato emesso un provvedimento di congelamento o confisca, che il soggetto terzo i cui diritti in relazione ai beni oggetto di un provvedimento di congelamento o di confisca siano pregiudicati direttamente da tale provvedimento.
Muovendo da tali rilievi il Collegio ritiene che la ricorrente, terza interessata e proprietaria del bene di cui invoca la restituzione, sia legittimata a dedurre nel giudizio di legittimità anche censure relativa alla violazione di legge in ordine al periculum in mora.
4.2. Il primo motivo è, tuttavia, infondato.
4.3. Infondata è, infatti, la prima censura, in quanto per adottare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione non occorre dimostrare, come opina la ricorrente, che i lavori di costruzione della casa sequestrata siano stati effettivamente realizzati a mezzo di somme provento di attività illecita, ma è sufficiente la prova della sproporzione dei redditi disponibili rispetto a quel dichiarati.
Il Tribunale del riesame ha rilevato con motivazione congrua, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, che NOME COGNOME, boss mafioso e padre della ricorrente, e NOME COGNOME, compagno della ricorrente, unitamente ai rispettivi nuclei familiari, e alla stessa NOME COGNOME hanno tratt sostentamento dal fiorente narcotraffico gestito, conducendo un tenore di vita assai elevato e assolutamente sproporzionato rispetto ai modesti redditi dichiarati.
NOME COGNOME risultava, infatti, impossidente e la ricorrente godeva del reddito di cittadinanza per un importo di euro 1.920,00 annui.
Il Tribunale ha, peraltro, motivato in ordine ai presupposti legittimanti i sequestro richiesto, rilevando come gli interventi eseguiti per la costruzione della villa, risultata nella incontestata disponibilità dei coniugi NOMECOGNOME siano dovuti agli stessi.
Il Tribunale, al contempo, ha rilevato l’oggettiva insufficienza degli elementi allegati per giustificare, anche in considerazione delle modeste fonti lecite di approvvigionamento della ricorrente, un così consistente esborso finanziario al fine di realizzare il bene immobile in questione («una lussuosa villa»).
4.4. Infondata è anche la censura relativa alla dedotta carenza del periculum in mora.
Le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza “RAGIONE_SOCIALE“, hanno statuito che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc.
pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto all definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro delle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, NOME, Rv. 281848 – 01).
Le Sezioni unite hanno, infatti, rilevato come la motivazione relativa al periculum in mora sia necessaria nell’ottica del «rispetto dei criteri di proporzionalità la cui necessaria valenza, con riferimento proprio alle misure cautelari reali, e in consonanza con le affermazioni della giurisprudenza sovranazionale, questa Corte ha ritenuto di dovere a più riprese rimarcare al fine di evitare un’esasperata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata».
L’automatismo sul quale si fondava la precedente interpretazione giurisprudenziale, che considerava sussistente in re ipsa il periculum nel caso di sequestro preventivo prodromico alla confisca obbligatoria, è, infatti, antitetico rispetto al dettato costituzionale, consentendo alla misura cautelare reale di incidere, in via generalizzata e incondizionata, sui diritti fondamentali del soggetto attinto, anche in misura sproporzionata e più di quanto non lo possa la pronuncia di merito. In questa pronuncia le Sezioni Unite hanno, inoltre, affermato che l’onere di motivazione può ritenersi assolto allorché il provvedimento si soffermi sulle ragioni per cui, nelle more del giudizio, il bene potrebbe essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato.
La giurisprudenza di legittimità, in adesione ai principi di diritto enunciat dalle Sezioni unite, ha affermato che l’esistenza del periculum in mora quale presupposto di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. può essere desunta alternativamente tanto da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, quanto da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio (così Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, COGNOME, Rv. 283769).
Anche i provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca “allargata” di cui all’art. 240-bis cod. pen. e alla confisca obbligatoria di cui all’ 416-bis, comma settimo, cod. pen. devono contenere una concisa motivazione in ordine alla sussistenza del periculum in mora, illustrando, nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalità della misura reale, le ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo rispetto alla definizione del giudizi
(Sez. 5, n. 44221 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283810 – 01, in motivazione, la Corte ha chiarito che tra le ragioni anticipatorie, sufficienti a sostenere l’oner motivazionale richiesto, rientrano quelle attinenti al fatto che il bene potrebbe essere, nelle more del giudizio, modificato, disperso, deteriorato, utilizzato o alienato).
4.5. Il Tribunale di Caltanissetta ha fatto buon governo di questi principi in quanto/ha non incongruamente ritenuto sussistente il periculum in mora, richiamando gli «ingegnosi stratagemmi» impiegati dai coniugi NOMECOGNOME per occultare i proventi illeciti dell’attività di narcotraffico e sottrarli alla con
Inammissibili, da ultimo, sono le censure svolte dal difensore al fine di contestare l’insussistenza in fatto del periculum in mora, in quanto si risolvono in una sollecitazione ad una diversa ricostruzione di elementi probatori, non consentita nel giudizio di legittimità.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente deve, pertanto, essere condannata, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2024.