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Sequestro preventivo terzi: i limiti all’impugnazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due terzi contro un sequestro preventivo terzi. La Corte stabilisce che i terzi, cui sono stati sequestrati beni, possono contestare solo la titolarità del bene e la propria estraneità al reato, ma non la competenza territoriale del giudice che ha emesso il provvedimento.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo terzi: quali difese sono ammesse?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6790 del 2025, torna a delineare i confini delle facoltà difensive del terzo coinvolto in un procedimento penale. Quando viene disposto un sequestro preventivo terzi, ovvero su beni di persone non indagate, quali sono gli argomenti che queste possono validamente sollevare? La pronuncia in esame offre una risposta chiara: il terzo può contestare la titolarità del bene e la propria estraneità ai fatti, ma non può mettere in discussione i presupposti della misura cautelare, come la competenza territoriale del giudice.

I Fatti del Caso

Il caso origina da un decreto di sequestro preventivo, diretto e per equivalente, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pistoia per reati fiscali. Il sequestro riguardava una somma di circa 26.000 euro in contanti, rinvenuta durante una perquisizione nell’abitazione della suocera dell’indagato principale. Nell’abitazione era presente anche il cognato dell’indagato.

I due familiari, qualificandosi come terzi proprietari della somma, hanno impugnato il provvedimento davanti al Tribunale del Riesame, che ha però confermato il sequestro. Successivamente, hanno proposto ricorso per cassazione, basando la loro difesa su un unico motivo: l’incompetenza territoriale del Tribunale di Pistoia. Secondo i ricorrenti, i reati più gravi contestati all’indagato (emissione di fatture per operazioni inesistenti) erano stati commessi nel circondario del Tribunale di Prato, luogo di emissione delle fatture e sede delle società coinvolte. Di conseguenza, l’intero procedimento sarebbe dovuto essere incardinato a Prato.

I limiti difensivi nel sequestro preventivo terzi

La questione giuridica sottoposta alla Suprema Corte è fondamentale: un terzo, i cui beni sono stati sequestrati, può contestare la competenza del giudice che ha emesso la misura? O le sue difese sono limitate ad altri aspetti?

La Corte di Cassazione ha risposto a questa domanda in modo netto, riaffermando un principio consolidato in giurisprudenza. Il terzo che subisce un sequestro può dedurre, sia in sede di merito che di legittimità, esclusivamente due questioni:
1. La propria effettiva titolarità o disponibilità del bene.
2. La propria totale estraneità al reato contestato all’indagato (cioè l’assenza di un proprio contributo, anche a titolo di colpa, alla commissione del reato).

Qualsiasi altra censura relativa ai presupposti della misura cautelare, come l’esistenza del fumus commissi delicti o, appunto, la competenza per territorio del giudice, è preclusa al terzo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendo le doglianze dei ricorrenti estranee a quelle che un terzo è legittimato a proporre. L’argomento relativo alla competenza territoriale del Tribunale di Pistoia, spiegano i giudici, attiene ai presupposti per l’applicazione della misura cautelare. La valutazione di tali presupposti è una questione che riguarda il rapporto tra l’accusa e l’indagato, non il terzo estraneo.

Consentire al terzo di contestare la competenza del giudice significherebbe attribuirgli un potere di sindacato su aspetti del procedimento che non lo riguardano direttamente, se non per gli effetti del sequestro. La sua posizione giuridica è tutelata dalla possibilità di dimostrare che il bene è suo e che non ha nulla a che fare con l’illecito. La contestazione della competenza, invece, è uno strumento difensivo proprio della persona sottoposta a indagini.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, ponendo paletti precisi all’azione difensiva del terzo inciso da un sequestro preventivo. Le implicazioni pratiche sono rilevanti: chi si trova in questa situazione deve concentrare la propria strategia difensiva sulla prova della proprietà del bene e sulla dimostrazione della propria buona fede ed estraneità ai fatti contestati. Tentare di scardinare il provvedimento cautelare attaccandone i presupposti generali, come la competenza territoriale, è una via destinata all’insuccesso, in quanto tali questioni sono riservate alla difesa dell’indagato.

Cosa può contestare un terzo i cui beni sono stati sequestrati in un procedimento penale?
Un terzo può contestare unicamente due aspetti: la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e la propria totale estraneità al reato contestato all’indagato, dimostrando di non aver contribuito in alcun modo alla sua commissione.

Un terzo può sollevare una questione di incompetenza territoriale del giudice che ha disposto il sequestro?
No. Secondo la costante giurisprudenza della Corte di Cassazione, la contestazione della competenza territoriale del giudice attiene ai presupposti della misura cautelare e, come tale, è un’eccezione che può essere sollevata solo dall’indagato, non dal terzo estraneo al reato.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i ricorrenti, in qualità di terzi, hanno fondato la loro impugnazione esclusivamente sulla presunta incompetenza territoriale del Tribunale, un motivo di censura che, per legge, non sono legittimati a proporre.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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