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Sequestro preventivo: termini per le memorie

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo, confermando la perentorietà del termine di cinque giorni per il deposito di memorie difensive nel procedimento di appello cautelare. La Corte ha inoltre ribadito che la revoca di una misura cautelare personale non implica automaticamente la cessazione del pericolo che giustifica il sequestro dei beni, consolidando il principio del ‘giudicato cautelare’ in assenza di fatti nuovi.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo: La Cassazione sui Termini per le Memorie e il Giudicato Cautelare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti in materia di sequestro preventivo, affrontando due questioni processuali di grande rilevanza: la natura del termine per il deposito di memorie difensive e la stabilità delle decisioni cautelari. La pronuncia conferma il rigore procedurale richiesto nei procedimenti cautelari e i limiti entro cui è possibile rimettere in discussione un vincolo reale sui beni.

Il Fatto: Il Sequestro Preventivo di un’Azienda e il Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dal sequestro preventivo di una società, disposto nell’ambito di un’indagine che vedeva coinvolto, per reati associativi, il padre della legale rappresentante dell’azienda. La figlia, in qualità di terza interessata, aveva richiesto la revoca del sequestro, ma la sua istanza era stata respinta sia dal Giudice per le indagini preliminari sia, in sede di appello, dal Tribunale competente.

Contro quest’ultima decisione, la rappresentante legale della società ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente due violazioni di legge. In primo luogo, il Tribunale non avrebbe ammesso una memoria difensiva perché depositata tardivamente, a meno di cinque giorni dall’udienza. In secondo luogo, la conferma del sequestro sarebbe stata fondata su una valutazione del ‘periculum’ (il pericolo) astratta e slegata dalla situazione concreta, soprattutto dopo la revoca della misura cautelare personale nei confronti del padre.

La Decisione della Cassazione e il sequestro preventivo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, respingendolo integralmente e fornendo una chiara interpretazione delle norme processuali applicabili.

Il Termine di Cinque Giorni è Perentorio

Sul primo motivo di ricorso, la Cassazione ha stabilito che il termine di cinque giorni prima dell’udienza, previsto dall’art. 127 del codice di procedura penale per il deposito di memorie, è perentorio e non meramente ordinatorio. Ciò significa che il suo mancato rispetto comporta l’inammissibilità della memoria. I giudici hanno richiamato un recente intervento delle Sezioni Unite (sentenza Galati, 2024), che ha consolidato questo principio, specificando che la produzione di nuovi elementi probatori è consentita, ma sempre nel rispetto di tale termine perentorio, a garanzia del contraddittorio. Inoltre, la Corte ha sottolineato la violazione del principio di autosufficienza del ricorso, poiché la ricorrente non aveva allegato né trascritto il contenuto della memoria respinta, impedendo così ai giudici di legittimità di valutarne la rilevanza.

Il Giudicato Cautelare e la Valutazione del ‘Periculum’

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha ricordato che, in materia di sequestro preventivo, non è richiesta la prova di gravi indizi di colpevolezza, ma è sufficiente il cosiddetto ‘fumus commissi delicti’, ossia la mera parvenza di un reato. Una volta che le impugnazioni cautelari sono state esaurite, si forma un ‘giudicato cautelare’, che rende la decisione stabile allo stato degli atti. Tale decisione può essere rivista solo in presenza di fatti nuovi e sopravvenuti, non sulla base di argomentazioni diverse su questioni già decise.

Nel caso specifico, la revoca della misura personale a carico del padre non è stata considerata un fatto nuovo idoneo a eliminare il ‘periculum’ relativo alla società. La Corte ha ritenuto logica la motivazione del Tribunale, secondo cui il pericolo di aggravamento delle conseguenze del reato persisteva, poiché l’azienda era comunque ritenuta riconducibile al padre e la sua acquisizione era avvenuta in un’epoca precedente alla sua liberazione.

Le motivazioni

La decisione della Corte si fonda su due pilastri giuridici fondamentali. In primo luogo, il rigore formale delle procedure cautelari: il rispetto dei termini processuali, come quello di cinque giorni per le memorie, non è una mera formalità, ma una garanzia essenziale per il corretto svolgimento del contraddittorio. Ignorarlo significa rendere l’atto inammissibile. In secondo luogo, il principio di stabilità delle decisioni, incarnato dal ‘giudicato cautelare’. Una volta che un giudice ha valutato e confermato la sussistenza dei presupposti per un sequestro, quella valutazione non può essere continuamente rimessa in discussione con gli stessi argomenti. La Corte ha chiarito che il venir meno delle esigenze cautelari personali di un indagato è una circostanza distinta e non automaticamente correlata al pericolo che i beni, a lui riconducibili, possano essere utilizzati per proseguire l’attività criminosa o disperderne i proventi. La valutazione del ‘periculum’ per i beni segue una logica autonoma, legata alla loro specifica funzione e provenienza.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce l’importanza del rispetto delle scadenze processuali nei procedimenti cautelari, avvertendo che la loro violazione ha conseguenze definitive come l’inammissibilità. Per i professionisti legali, ciò significa pianificare con estrema attenzione il deposito di atti e memorie. Sul piano sostanziale, la pronuncia conferma la difficoltà di ottenere la revoca di un sequestro preventivo una volta che esso abbia superato il vaglio delle impugnazioni. Per poter rimettere in discussione il vincolo, non è sufficiente presentare nuove argomentazioni legali, ma è indispensabile dimostrare l’esistenza di fatti concreti, nuovi e successivi alla precedente decisione, in grado di modificare radicalmente la valutazione sul ‘fumus’ e sul ‘periculum’.

È possibile presentare una memoria difensiva dopo il termine di cinque giorni prima dell’udienza in un appello cautelare?
No, la Corte di Cassazione, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha stabilito che il termine di cinque giorni prima dell’udienza previsto dall’art. 127 cod. proc. pen. è perentorio e il suo mancato rispetto determina l’inammissibilità della memoria.

La revoca di una misura cautelare personale comporta automaticamente la revoca del sequestro preventivo sui beni dell’indagato?
No. La Corte ha chiarito che la cessazione delle esigenze cautelari personali non determina automaticamente il venir meno del ‘periculum’ che giustifica il sequestro preventivo dei beni. La valutazione del rischio relativo ai beni è autonoma e segue criteri differenti.

Cosa si intende per ‘giudicato cautelare’?
Significa che, una volta esauriti i ricorsi contro un provvedimento cautelare (come un sequestro), la decisione diventa stabile ‘allo stato degli atti’. Può essere modificata o revocata solo in presenza di elementi di fatto nuovi o sopravvenuti, ma non sulla base di argomenti diversi relativi a questioni già esaminate e decise.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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