Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 13852 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 13852 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 02/04/2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME -Presidente-
NOME COGNOMErelatore- Sent. n. 614/25
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE – 2/4/2025-
NOME COGNOME R.G. n. 4562/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
1.NOME COGNOME n. in Albania il 4/3/1991
2.NOME COGNOME n. in Albania il 21/8/1993, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
3.Mati Alba n. in Albania il 28/7/1997, in proprio e quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
avverso l’ordinanza del Tribunale di Macerata in data 28/1/2025
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sost. Proc.Gen. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio nei confronti di COGNOME limitatamente al secondo motivo, con rigetto nel resto, nonché per il rigetto degli altri ricorsi; chiedendone
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi, l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata ordinanza il Tribunale di Macerata rigettava gli appelli proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME in proprio e nella qualità, e di NOME COGNOME avverso il provvedimento del Gip che, in data 31/12/2024, aveva disatteso le istanze di dissequestro, anche solo parziale, dei beni sottoposti a sequestro preventivo quale profitto del reato nell’ambito del procedimento per i delitti di cui agli artt. 416, 316ter , 648bis , 648ter , 512bis cod.pen., commessi nell’esecuzione di lavori di ristrutturazione edile godendo dei benefici pubblici previsti dal c.d. decreto rilancio (‘supernobus’).
2.Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore degli imputati, Avv. NOME COGNOME deducendo, con unico atto:
2.1 il vizio di motivazione ex art. 125 cod.proc.pen. in relazione alle consulenze tecniche di parte depositate a confutazione dalla difesa e, in ogni caso, violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza della misura.
Il difensore, dopo aver rammentato che l’estensione dell’originario provvedimento di sequestro preventivo disposta dal Gip del Tribunale di Macerata in data 19/9/24 si fondava su una serie di consulenze tecniche depositate tra novembre 2023 e gennaio 2024, oltre che su un’annotazione della Polizia Giudiziaria del maggio 2024, segnala che -all’atto della richiesta di revoca o riduzione della misura cautelare reale- aveva depositato due elaborati di propri consulenti al fine di contestare gli assunti accusatori, dei quali sia il Gup che il Collegio del riesame hanno omesso la valutazione, limitandosi ad affermare che le valutazioni tecniche ivi espresse non risultano idonee a contrastare le risultanze esposte dai consulenti del Pubblico Ministero, senza spiegare le ragioni alla base di siffatte conclusioni e senza considerare che lo stesso consulente dell’accusa si era detto non in grado di replicare alle osservazioni difensive concernenti sia la congruenza dei prezzi applicati sia le preliminari verifiche effettuate dalla società cessionaria dei crediti d’imposta RAGIONE_SOCIALE
Secondo il difensore l’ordinanza impugnata è venuta meno all’obbligo di valutare il contenuto delle consulenze prodotte, limitandosi a segnalare che la circolare dell’Agenzia delle Entrate in materia di prezzi era successiva agli accertamenti dei consulenti del P.m., omettendo di considerare tutti gli elementi dalle stesse emergenti e contrastanti con la tesi accusatoria. Inoltre, il collegio cautelare, in violazione del principio di proporzionalità, non ha chiarito le necessità alla base di un vincolo che ha ad oggetto un importo superiore ad otto milioni di euro;
2.2 la violazione degli artt. 316ter , 240, 322ter cod.pen. e 321 cod.proc.pen. in relazione al quantum sequestrabile per equivalente nei confronti dell’indagata COGNOME nonché la violazione dell’art. 125 cod.proc.pen.
Il difensore con riguardo alla posizione della sola COGNOME censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui ha richiamato un inesistente vincolo di solidarietà passiva tra i coimputati in contrasto con i principi di recente affermati dalle Sezioni Unite. Premesso che nei confronti della ricorrente, committente pro-quota dei lavori relativi all’immobile di INDIRIZZO in Tolentino, è stato disposto il sequestro per equivalente nella misura di euro 2.104.091, segnala che detto importo non è stato mai acquisito dall’imputata, dovendo ritenersi quale unico beneficiario della liquidazione effettuata dalla società cessionaria il RAGIONE_SOCIALE e che, comunque, il profitto è stato determinato sommando i lavori pertinenti le proprietà di Mati Alba e Mati Marsida. Aggiunge che dalla documentazione prodotta il credito ceduto relativo alla posizione della ricorrente ammonta ad euro 580.419,00 ma l’ordinanza impugnata ha ritenuto di disattendere la richiesta di riduzione sull’assunto della responsabilità solidale degli imputati, ciascuno dei quali risponderebbe per l’intero importo in difformità rispetto al principio richiamato nell’informazione provvisoria 12/2024 delle Sezioni Unite;
2.3 la violazione degli artt. 316ter , 322ter cod.pen. e 321 cod.proc.pen. in relazione al profitto confiscabile e ai costi sostenuti.
Il difensore deduce che il Tribunale cautelare ha violato i principi che presidiano la corretta determinazione del profitto confiscabile, non avendo a tal fine tenuto conto dei costi sostenuti dal Gruppo Marma per l’esecuzione delle opere e dell’ammontare delle imposte versate. Secondo i ricorrenti il profitto doveva essere quantificato al netto delle effettive utilità conseguite dal danneggiato nell’ambito del rapporto sinallagmatico, come più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità;
2.4 la violazione dell’art. 321 cod.proc.pen. in relazione alle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE e all’insussistenza di esigenze cautelari. Vizio di motivazione ex art. 125 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo è manifestamente infondato. Il difensore assume la mancata considerazione delle consulenze tecniche di parte prodotte a sostegno della richiesta di revoca o riduzione del sequestro preventivo adottato nei confronti dei ricorrenti, sebbene alle pagg. 10-11 dell’ordinanza impugnata risulti, al contrario, che il Collegio cautelare ha preso in carico i rilievi di maggior pregnanza, fornendo risposta sia alla questione della congruità dei prezzi applicati dall’impresa esecutrice dei lavori che alla due diligence effettuata dallo studio COGNOME per conto della cessionaria RAGIONE_SOCIALE A supporto del difetto di decisività dei rilievi sul prezzario utilizzato, il Tribunale ha ricordato che, alla luce delle imputazioni
provvisorie, l’ipotesi d’accusa validata in sede cautelare è fondata non solo sulla diffusa maggiorazione dei prezzi dei materiali ma anche sull’asseverazione e conseguente liquidazione di interventi mai realizzati o realizzati solo parzialmente. L’ordinanza impugnata ha, inoltre, legittimamente evocato il principio reiteratamente affermato in sede di legittimità in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente secondo cui, ai fini della determinazione del profitto confiscabile e fatti salvi i casi di manifesta sproporzione tra il valore dei beni oggetto del provvedimento ablatorio ed il “quantum” del profitto del reato indicato nella richiesta al giudice per le indagini preliminari della pubblica accusa, il tribunale non ha il potere di compiere accertamenti diretti a verificare il rispetto del principio di proporzionalità, pur essendo tenuto tuttavia a valutare il contenuto dell’eventuale consulenza tecnica presentata dalla parte ricorrente (Sez. 3, n. 29431 del 10/05/2019, Fraone, Rv. 276272 – 01; Sez. 6, n. 53834 del 26/10/2017, Tibi, Rv. 271575 – 01). In particolare, in relazione al riesame o all’appello avverso una misura cautelare reale si è condivisibilmente affermato che il tribunale non è tenuto a dirimere le questioni tecniche e contabili per la cui risoluzione è necessario il ricorso ad un accertamento peritale, costituendo questo un mezzo istruttorio incompatibile con l’incidente cautelare (Sez. 3, n. 19011 del 11/02/2015, Citarella, Rv. 263554 – 01).
2. Il terzo motivo che lamenta la mancata considerazione dei costi sostenuti al fine della quantificazione del profitto è generico e, comunque, manifestamente infondato. Il collegio cautelare a pag. 9 ha spiegato che ‘ la clamorosa sproporzione per eccesso del valore dei costi sostenuti e dei lavori di volta in volta asseverati da professionisti rispetto a quelli realmente effettuati dal Gruppo RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei singoli committenti’ e la pluralità di violazioni urbanistiche, amministrative e finanziarie accertate in sede di consulenza comportano la radicale impossibilità di riconoscere in favore della società crediti di qualsivoglia importo con la conseguenza che i corrispettivi dei crediti ceduti devono essere considerati alla stregua di profitto direttamente derivante dagli illeciti in contestazione.
Con detta affermazione la difesa non si rapporta in termini puntuali evocando i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia di sequestro del profitto nell’ambito di rapporti sinallagmatici non radicalmente viziati (c.d. reati in contratto), trascurando la specifica e articolata disciplina dettata in relazione ‘superbonus’ e in particolare le ipotesi di decadenza dai benefici fiscali previste dall’art. 13 ter come novellato dal D.L. 77/2021 (decreto Semplificazioni bis) nelle ipotesi di mancata presentazione della CILA (comunicazione inizio lavori asseverata), mancata corrispondenza dei dati risultanti dalla predetta comunicazione alle effettive caratteristiche dell’immobile; assenza o false attestazioni in ordine agli originari titoli abilitativi della costruzione.
E’ d’uopo richiamare al riguardo il decreto di sequestro preventivo del 19/9/2024 nel quale il Gip emittente per ciascuno degli immobili oggetto di interventi agevolati, fonte dei crediti di imposta ceduti, ha segnalato plurime e rilevanti irregolarità riguardanti il profilo urbanistico delle opere, le ricorrenti e diffuse carenze delle comunicazioni di inizio lavori, il mancato rispetto degli standard di efficientamento energetico richiesto, la sistematica inattendibilità delle scritture di cantiere, tra cui in particolare i computi metrici.
Anche le censure svolte nel secondo motivo in relazione alla posizione di COGNOME sono destituite di fondamento. La difesa lamenta che la ricorrente in quanto committente pro quota dei lavori relativi all’immobile di Tolentino, INDIRIZZO non poteva essere destinataria del provvedimento di sequestro per l’intero importo di euro 2.104.091, pari al credito ceduto a Enel per Italia.
Va preliminarmente chiarito che, alla luce dell’imputazione provvisoria riportata nella richiesta di sequestro preventivo, COGNOME COGNOME risponde di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di reati contro il patrimonio, in particolare truffe, indebite percezione di erogazioni pubbliche, riciclaggio, fittizia intestazione di beni, risultando, quale moglie di NOME COGNOME interposta proprietaria della totalità delle quote della srl RAGIONE_SOCIALE, amministratrice unica della stessa e, in proprio e nella qualità, fittizia intestataria degli immobili siti in Tolentino, INDIRIZZO e INDIRIZZO, nonché dei reati di riciclaggio (capo 13), indebita percezione di erogazioni pubbliche ( capo 14) e fittizia intestazione di beni ex art. 512bis cod.pen. (capo 15) nell’interesse del marito. In detto contesto la ricorrente risulta, secondo la prospettazione d’accusa, mera interposta sia con riguardo alla qualità di socia unica nonché amministratrice della RAGIONE_SOCIALE che in relazione alla proprietà di alcune unità immobiliari site in Tolentino, INDIRIZZO facenti capo al coniuge. Le restanti unità dello stesso complesso sono fittiziamente intestate, secondo le risultanze dell’incolpazione e dell’ordinanza impugnata, a NOME COGNOME, sorella di NOME COGNOME e cognata della ricorrente.
3.1 La difesa lamenta che il Collegio cautelare ha violato il principio, desumibile dall’informazione provvisoria delle Sezioni Unite del 12/2024, relativa a decisione della quale non sono ancora note le motivazioni, secondo cui in caso di concorso di persone nel reato deve essere esclusa ogni forma di solidarietà passiva e la confisca deve essere disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto concretamente conseguito.
Nella specie la sostanziale unicità del centro di imputazione degli interessi patrimoniali del gruppo familiare e la conseguente impossibilità di graduare, alla luce degli elementi disponibili, l’entità dell’arricchimento dei singoli concorrenti in conseguenza della condotta contestata alla ricorrente rende le doglianze difensive destituite di fondamento.
La giurisprudenza di questa Corte, espressione dell’orientamento recepito dal massimo consesso nomofilattico, ha, infatti, chiarito in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente che la misura cautelare può essere disposta indifferentemente nei confronti di ciascuno dei concorrenti nel reato anche per l’intera entità del profitto accertato, quantunque senza duplicazioni e nel rispetto dei canoni della solidarietà interna, solo nel caso in cui la natura della fattispecie concreta ed i rapporti economici ad essa sottostanti non consentano d’individuare, allo stato degli atti, la quota di profitto in concreto conseguita dai singoli concorrenti (Sez. 6, n. 33757 del 10/06/2022, Primitivo, Rv. 283828 – 01; n. 10612 del 05/12/2023, dep. 2024, Bianco, Rv. 286168 – 01; Sez. 3, n. n. 24350 del 21/02/2024, Rv. 286548 – 01; n. 11617 del 06/03/2024, COGNOME, Rv. 286073 – 02)
Il quarto motivo è generico e, comunque, manifestamente infondato. Il difensore assume che i giudici della cautela hanno disatteso la richiesta di dissequestro delle quote sociali della RAGIONE_SOCIALE sebbene la stessa non sia stata interessata dagli interventi in materia di superbonus, limitandosi a ritenere perduranti le esigenze volte ad impedire la reiterazione dei reati per cui si procede.
In disparte la già richiamata natura fittizia dell’intestazione delle quote e dell’amministrazione della società, deve rilevarsi che la compagine e la ricorrente COGNOME in veste di amministratrice risultano coinvolte nell’operazione di riciclaggio descritta al capo 13, consistita, secondo l’incolpazione elevata, nel reimpiego di parte del denaro riveniente dalle illecite cessioni di credito nell’acquisto dell’immobile sito in Tolentino, INDIRIZZO. Le richiamate emergenze circa la natura simulata dell’assetto sociale e l’utilizzo dell’ente per la consumazione di reati strettamente connessi al sistema truffaldino danno conto della incensurabilità della valutazione espressa dal collegio cautelare circa la permanenza dei presupposti della misura impeditiva in atto.
Alla luce delle considerazioni che precedono, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con condanna dei proponenti al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo, non ravvisandosi cause d’esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 2 aprile 2025
La Consigliera estensore La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME