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Sequestro preventivo Superbonus: la Cassazione decide

La Cassazione conferma un sequestro preventivo su crediti fiscali derivanti da una presunta frode Superbonus. L’imputato sosteneva vizi procedurali e l’insussistenza dei reati, ma la Corte ha rigettato il ricorso, chiarendo i limiti del diritto di replica nelle procedure cautelari e la legittimità di un annullamento solo parziale del sequestro.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo Superbonus: la Cassazione decide

Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su importanti aspetti procedurali e sostanziali legati al sequestro preventivo nell’ambito delle presunte frodi sui crediti fiscali del Superbonus. La decisione offre chiarimenti cruciali sulla gestione delle misure cautelari reali, sul diritto di difesa nelle udienze di riesame e sulla configurabilità dei reati connessi a false asseverazioni. Analizziamo insieme i punti salienti di questa pronuncia.

I Fatti di Causa: una presunta frode sui crediti fiscali

Il caso nasce da un’indagine su una società e il suo legale rappresentante, accusati di aver creato un vasto sistema illecito per ottenere crediti d’imposta fittizi legati al c.d. “Superbonus”. Le accuse includevano associazione per delinquere, emissione di fatture per operazioni inesistenti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e false asseverazioni. Di conseguenza, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.i.p.) aveva disposto un ingente sequestro preventivo, sia sui crediti fiscali ancora nel cassetto fiscale della società o ceduti a terzi, sia per equivalente sui beni dell’indagato e della società stessa.

Il Tribunale del Riesame, adito dalla difesa, aveva parzialmente annullato il provvedimento, limitatamente ad alcune pratiche per le quali la difesa aveva fornito prove documentali che il G.i.p. aveva omesso di valutare. Tuttavia, il resto del sequestro era stato confermato. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e il sequestro preventivo

La difesa ha basato il ricorso su tre motivi principali, tutti incentrati sulla legittimità del sequestro preventivo confermato dal Tribunale del Riesame:

1. Violazione del Diritto di Difesa: Si lamentava che durante l’udienza di riesame, il Pubblico Ministero aveva parlato per ultimo, depositando una memoria, senza che alla difesa fosse concessa una replica finale.
2. Annullamento solo Parziale: Secondo il ricorrente, una volta accertata l’omessa valutazione da parte del G.i.p. della memoria difensiva, il Tribunale del Riesame avrebbe dovuto annullare l’intero decreto di sequestro, e non solo una parte di esso.
3. Insussistenza dei Reati: Si contestava la configurabilità stessa dei reati, sostenendo che le fatture non erano false in quanto i lavori, sebbene non conclusi al momento dell’asseverazione, sarebbero stati ultimati entro la scadenza normativa. Di conseguenza, mancava il presupposto del reato (il c.d. fumus commissi delicti).

La Decisione della Corte e la validità del sequestro preventivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in ogni suo punto, confermando la piena legittimità del sequestro preventivo. Vediamo come ha argomentato su ciascuna censura.

Diritto di replica e procedura camerale

Sul primo motivo, la Corte ha ribadito un principio consolidato: la regola del dibattimento, secondo cui la difesa deve avere l’ultima parola (art. 523 c.p.p.), non si applica automaticamente alle procedure camerali come il riesame. Questi procedimenti hanno una natura più snella e incidentale. L’essenziale è che il difensore sia sentito; l’ordine degli interventi non è causa di nullità. Nel caso specifico, alla difesa era stata comunque data la possibilità di replicare sulla nuova documentazione prodotta in udienza dal PM.

Annullamento parziale e valutazione degli elementi a difesa

La Cassazione ha ritenuto corretto l’operato del Tribunale del Riesame. Ha chiarito che non tutti gli argomenti difensivi sono ‘elementi a favore’ la cui omessa valutazione causa la nullità dell’ordinanza. Rientrano in questa categoria solo i dati di natura oggettiva, concludente e fattuale (come le certificazioni sui lavori effettivamente eseguiti), non le mere argomentazioni difensive o le interpretazioni alternative (come i rilievi sulla ‘buona fede’ dell’indagato).

Di conseguenza, il Tribunale ha agito correttamente annullando il sequestro solo per quelle pratiche supportate da prove oggettive ignorate dal G.i.p., e confermandolo per il resto. Un’ordinanza cautelare che riguarda più reati è ‘frazionabile’, e il vizio che colpisce una parte non travolge necessariamente l’intero provvedimento.

La sussistenza del ‘Fumus Commissi Delicti’

Infine, la Corte ha giudicato infondata la contestazione sulla sussistenza dei reati. Il Tribunale del Riesame aveva adeguatamente motivato la presenza del fumus commissi delicti, evidenziando come la stessa società, nelle sue memorie, avesse ammesso la falsità delle asseverazioni, parlando di un tentativo di ‘ri-asseverare’ le pratiche. Le false attestazioni sull’ultimazione dei lavori, presentate per ottenere i crediti, costituiscono il nucleo del reato, a prescindere dal fatto che i lavori potessero essere completati in futuro.

Le Motivazioni

La sentenza si fonda su una distinzione netta tra le garanzie del dibattimento processuale e le esigenze di celerità delle procedure cautelari. La Corte sottolinea che il procedimento di riesame, pur garantendo il contraddittorio, non richiede le stesse formalità del processo di merito. Per quanto riguarda la valutazione delle prove, la decisione chiarisce che il giudice del riesame ha il potere-dovere di distinguere tra prove fattuali, che se ignorate possono viziare il provvedimento, e mere argomentazioni legali, che vengono assorbite nella valutazione complessiva. Questo principio permette un annullamento ‘chirurgico’ e parziale del provvedimento cautelare, preservandone la validità per le parti non affette dal vizio. Infine, sul merito, la Corte ribadisce che il momento consumativo dei reati di truffa e false attestazioni si colloca nell’istante in cui la falsa documentazione viene utilizzata per ottenere un profitto ingiusto (i crediti d’imposta), rendendo irrilevanti gli eventi successivi come l’effettivo completamento dei lavori.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, consolida gli strumenti investigativi e cautelari nella lotta alle frodi in materia di bonus edilizi, confermando la legittimità del sequestro preventivo anche a fronte di complesse strategie difensive. In secondo luogo, definisce con chiarezza i confini del diritto di difesa nelle procedure di riesame, bilanciando il diritto al contraddittorio con le finalità di speditezza del rito. Infine, offre un criterio guida per distinguere gli elementi probatori che impongono un obbligo di motivazione analitica da parte del giudice da quelle che sono semplici tesi difensive, rendendo più prevedibile l’esito dei ricorsi contro le misure cautelari reali.

In un’udienza di riesame per un sequestro, la difesa ha sempre diritto di parlare per ultima?
No. Secondo la Cassazione, la regola che garantisce alla difesa l’ultima parola è prevista per il dibattimento processuale e non si applica automaticamente alla procedura di riesame, che ha una natura più snella. L’importante è che il diritto del difensore di essere sentito sia garantito, mentre l’ordine degli interventi non è causa di nullità.

Se il giudice non valuta una memoria difensiva, il sequestro preventivo deve essere annullato completamente?
Non necessariamente. La Cassazione ha chiarito che il sequestro può essere annullato solo parzialmente, cioè limitatamente ai reati o alle pratiche a cui si riferiscono gli specifici elementi di prova oggettivi (e non mere argomentazioni) che il giudice ha omesso di valutare. L’ordinanza cautelare rimane valida per tutte le altre accuse non interessate dal vizio.

Attestare lavori come completati per ottenere crediti Superbonus è reato anche se i lavori vengono finiti in un secondo momento?
Sì. La Corte ha confermato che la falsità delle asseverazioni al momento della loro presentazione per ottenere i crediti fiscali è sufficiente per integrare il reato (il cosiddetto fumus commissi delicti). Il fatto che i lavori vengano eventualmente completati in una data successiva non sana l’illiceità della condotta originaria, che ha permesso di conseguire un profitto ingiusto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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