Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 38161 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 38161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME ROMA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
AVV_NOTAIO in difesa di NOME COGNOME, l’AVV_NOTAIO in difesa di NOME COGNOME e l’AVV_NOTAIO in difesa di NOME COGNOME insistevano raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.11 tribunale per le misure cautelari reali di Milano, decidendo in seguito all’a del pubblico ministero contro l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che a respinto la richiesta di sequestro preventivo “impeditivo” delle società facenti RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE NOME e NOME, accoglieva l’impugnazione e disponeva
il vincolo (il tribunale respingeva invece l’appello relativo al sequestro preventivo a fini d confisca).
Si procedeva per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione, falso, ed illecito reimpiego; reati consumati attraverso l’abuso delle agevolazioni fiscali previste dal d.l. n. 34 del 2020 che aveva introdotto la misura del c.d. “superbonus” edilizio.
Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 321, comma 1 cod. proc. pen.): il sequestro preventivo ímpeditivo della società “RAGIONE_SOCIALE” sarebbe illegittimo in quanto l’appello del pubblico ministero non si sarebbe confrontato con il contenuto del provvedimento reìettivo e sarebbe, pertanto, inammissibile; invero l’impugnazione non avrebbe dovuto incentrarsi sulla sussistenza dei gravi indizi di sussistenza della truffa nei confronti degli istituti banca – peraltro non procedibile per difetto di querela -, ma sulle esigenze cautelari, che il primo giudice aveva ritenuto insussistenti.
Ricorreva per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che deduceva:
3.1. violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.): non sarebbero stati indicati i reati che sono posti a base del vincolo, né quelli la cui esecuzione avrebbe dovuto essere impedita; segnatamente, si deduceva che non sarebbe stata dimostrata la funzionalità della attività di falsa fatturazione all’evasione e che, pertanto, mancherebbe il fumus del delitto contestato; a ciò si aggiungeva che la società “RAGIONE_SOCIALE“, contrariamente a quanto ritenuto, sarebbe stata effettivamente operativa in quanto aveva centotrenta dipendenti;
3.2. violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.): mancherebbe il fumus dei reati contestati, tenuto conto che le truffe erano improcedibili e che, nell’ipotesi accusatoria, le società riconducibili al ricorrente sarebbero state funzionati proprio a consumare le truffe.
Si deduceva, inoltre, che l’ordinanza sarebbe generica in ordine alla identificazione del ruolo degli indagati, considerato che faceva riferimento ai “COGNOME” indistintamente; si ribadiva, infine, che le società “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE” non sarebbero riferibili al ricorrente;
3.3. violazione di legge in ordine al fumus del reato di indebita compensazione: non sarebbe stato indicato in che misura sarebbe stata effettuata la compensazione illecita;
3.4. violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.): sarebbe insussistente il fumus del reato previsto dagli artt. 483 e 479 cod. pen.;
3.5. violazione di legge: non sarebbe stato identificato il “collegamento strumentale” tra le attività delle società vincolate facenti capo a NOME COGNOME, ovvero “RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE“; non vi sarebbe nessuna motivazione in ordine al p cautelare.
4.ricorreva per Cassazione anche il difensore di NOME COGNOME che deduceva:
4.1. violazione di legge (art.321 cod. proc. pen.): il giudice per le indagini prel aveva ritenuto insussistente il pericolo cautelare in relazione alla richiesta di s preventivo impeditivo della società “RAGIONE_SOCIALE“, ritenendo che non fosse stato dimos il “durevole asservimento” della società alla consumazione dei reati contestati; il pu ministero – a fronte delle argomentazioni del primo giudice – si sarebbe limitato a ripr la precedente richiesta non affrontando il tema del pericolo cautelare; l’appello sa pertanto, inammissibile;
4.2. violazione di legge (art. 321 cod. proc. pen.): l’ordinanza impugnata sar illegittima perché non avrebbe dimostrato il “durevole asservimento” delle società vinco alla consumazione dei reati in contestazione;
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME COGNOME il qu motivo di ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME (con il quale si lamenta il di motivazione in ordine al pericolo cautelare) sono infondati.
1.1. In via preliminare, con riguardo alle condizioni che legittimano il sequ cautelare previsto dall’art. 321, comma 1 cod. proc. pen., il collegio riafferma che dell’adozione della misura cautelare del sequestro preventivo delle cose “pertinen reato”, finalizzato ad evitare la protrazione del reato, non è necessario accer differenza di quanto richiesto per il sequestro ai fini di confisca, l’esiste “collegamento strutturale” fra il bene da sequestrare e il reato commesso, in quan “pertinenza” richiesta dal primo comma dell’art. 321 cod. proc. pen. comprende non so le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituisc prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fat criminosa (Sez. 3, n. 9149 del 17/11/2015, dep. 2016, Plaka, Rv. 266454 – 01; Sez. 2 28306 del 16/04/2019, COGNOME Bineta, Rv. 276660).
1.2. Contrariamente a quanto dedotto, il tribunale legittimamente rilevava ch pubblico ministero, nel suo atto di appello, aveva puntualmente censurato le valutaz del giudice per le indagini preliminari in ordine alla insussistenza del pericolo ca (pagg. 36 e 37 dell’ordinanza impugnata).
Il pubblico ministero aveva, infatti, rilevato che la libera disponibilità dei be si chiedeva il vincolo – anche tenuto conto delle intestazioni fittizie – rischiava di a
le conseguenze dei reati in contestazione e di favorire la consumazione di reati di an natura. A conforto, nell’atto di appello si allegava che i cantieri edili erano, anco ed attivi e che soltanto l’azione dell’amministratore giudiziario nomiNOME dal tribuna le misure di prevenzione era riuscita ad arginare la situazione di allarmante ill creata dagli indagati con grave pericolo anche per le finanze pubbliche (pag. dell’ordinanza impugnata).
Tale apparato argomentativo, diretto ad evidenziare la sussistenza delle esige cautelari è stato legittimamente ritenuto sufficiente a contestare in maniera “specif l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari nella parte in cui aveva ritenuto sussistenza del “collegamento strumentale” tra le società delle quali si chiedeva il seq ed i reati per i quali si procede.
Ritenuta alla specificità dell’atto di impugnazione sul punto devoluto, il trib legittimamente rilevava inoltre – in coerenza con le indicazioni ermeneutiche cit condivise – che non era necessaria la dimostrazione del “collegamento strutturale” t bene vincolato ed il reato. E che ai fini del sequestro impeditivo era sufficiente dimo il durevole e costante utilizzo del bene a fini illeciti; veniva rilevato, altresì, che le società fossero state attinte da vincolo di prevenzione non ostava all’applic del vincolo penale tenuto conto della differente natura e finalità dei sequestri.
L’ordinanza impugnata, sul punto non si presta pertanto ad alcuna censura.
2.1 residui motivi del ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME COGNOME infondati.
2.1. Il primi quattro motivi di ricorso, con i quali si contesta la m dimostrazione del fumus dei reati posti alla base del vincolo, sono infondati.
In via preliminare si riafferma che il ricorso per cassazione contro ordina emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso solo per violazione legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo po sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenz completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario log seguito dal giudice. Tale principio, enucleato già nel 2004 con una pronuncia a Sez Unite (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710), è stato ulteriorme sviluppato e chiarito, sempre con pronuncia a Sezioni Unite, nel 2008 (Sez. U, n.25932 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692), e successivamente ribadito in numerose pronunce provenienti dalle sezioni semplici (tra le altre, Sez. 1, n. 6821 del 31/01/2012, Chie 252430; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME, Rv. 248129).
Quanto alla identificazione del fumus il collegio condivide, inoltre, la giurisprudenza secondo cui il giudice non può limitarsi alla semplice verifica astratta della c
qualificazione giuridica dei fatti prospettati dall’accusa, ma deve tener conto, i puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali, delle contestazioni dif sull’esistenza della fattispecie dedotta e dell’effettiva situazione emergente dagli forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sosten l’impostazione accusatoria (Sez. 3, n. 8152 del 12/12/2023, dep. 2024, Bonacci, 285966 – 01). E quella secondo cui il giudice, nel valutare il fumus commissi delícti, presupposto del sequestro preventivo, non può limitarsi all’astratta verifica sussumibilità del fatto in un’ipotesi di reato, ma è tenuto ad accertare l’esistenza di e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, indicativi della riconduc dell’evento alla condotta dell’indagato, pur se il compendio complessivo non d necessariamente assurgere alla persuasività richiesta dall’art. 273 cod. proc. pen. misure cautelari personali (Sez. 4, n. 20341 del 03/04/2024, Balint, Rv. 286366 – 0
Si tratta di una giurisprudenza che puntualizza, senza contrastarlo, il principio di affermato dalle Sezioni unite secondo cui la verifica delle condizioni di legittim sequestro preventivo da parte del tribunale del riesame o della Corte di cassazione può tradursi in anticipata decisione della questione di merito concernente la responsa della persona sottoposta ad indagini in ordine al reato oggetto di investigazione, ma limitarsi al controllo di compatibilità tra la fattispecie concreta e quella legale, preclusa ogni valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza e gravità degli stessi (Sez. U, Sentenza n. 7 del 23/02/2000, NOME, Rv. 215840 – 01
2.2. Tanto premesso il collegio rileva che le frodi correlate all’abuso agevolazioni fiscali previste dalla normativa sul c.d. “superbonus” possono – in astr essere dirette sia nei confronti degli Istituti di credito, che dello Stato, con concorrenti. E che le stesse generano un profitto identificabile sia nel denaro der dalla monetizzazione del credito, che nella proiezione cartolare di tale credito, alle banche. Il meccanismo truffaldino – che caratterizza la maggior parte delle a fraudolente connesse all’abuso delle agevolazioni fiscali previste dal d.l. n. 34 del richiede dunque la presentazione di fatture per operazioni di fatto inesistenti, ma a generano un credito fiscale illegittimo, cedibile e monetizzabile.
Si è già affermato, sul punto, che integra il fumus del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti la condotta di chi, avendo monetizz credito derivante dalla realizzazione di opere suscettibili di fruire dell’agevolazion del cd. “superbonus 110%” mediante la sua cessione o lo “sconto in fattura” ex art. 121 di. 19 maggio 2020, n. 34, effettui la fatturazione “in acconto” di spese relative non ultimate o non certificate, posto che l’emissione di tali fatture mira a s l’esistenza di spese in concreto non ancora sopportate e a creare fittiziam presupposto costitutivo del diritto alla detrazione (Sez. 3, n. 42012 del 13/10/20 Martino, Rv. 283767 – 01). E che i crediti di imposta ceduti ai sensi dell’art. 12
maggio 2020, n. 34 possono dar luogo, in quanto derivanti direttamente dal diri originario in capo al committente alla detrazione d’imposta di “costi in realtà non soste al delitto previsto dall’art. 10-quater, comma 2, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, se utilizzati in compensazione dal cessionario, avendo natura di crediti non spettanti o inesistenti 3, n. 45558 del 16/11/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 284054 – 01).
Si riafferma, inoltre, con specifico riguardo alla condotta di emissione di f inesistenti, che le spese per poter essere detratte con i vari bonus devono essere fatturate e pagate durante il periodo di vigenza dei bonus stessi e che il fatto che il beneficio fiscale sia condizioNOME all’effettiva esecuzione e completamento dei lavori dei lavori effettuare nel rispetto della normativa non elide la rilevanza penale della falsa fattu funzionale alla creazione del credito inesistente (Sez. 3, n. 42012 del 13/10/2022, §
Nel caso in esame: è vero, come dedotto, che mancano le querele degli istituti credito che hanno monetizzato i crediti inesistenti e che, pertanto, i reati di truffa delle banche sono improcedibili (la truffa ai danni dello Stato non risulta – ad contestata); ma è altresì vero che è stato dimostrato, con motivazione persuasiv esaustiva, il fumus dei reati di falsa fatturazione, indebita compensazione, riciclaggio autoriciclaggio (pagg. 18-36 dell’ordinanza impugnata), il che legittima l’applicazion vincolo cautelare contestato.
Nel caso di specie la sussistenza del fumus dei reati – ad oggi – contestati è stata verificata sulla base degli standard dimostrativi tipici dell’incidente cautelare real il provvedimento impugNOME non si presta, sul punto, ad alcuna censura.
Non superano la soglia di ammissibilità, invece, le doglianze che contestano motivazione, deducendo (senza allegazione degli elementi di prova travisati) che le soc erano operative in quanto avevano dei dipendenti. Si tratta di contestazioni, autosufficienti dirette a contestare non una violazione di legge, ma una parte – pe non decisiva – della motivazione, in contrasto con lo statuto delle impugnazioni governa la materia delle misure cautelari reali.
2.Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ri la parti private che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Ma alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il giorno 11 luglio 2024
L’estensore
La Presidente