Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 8390 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 8390 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., avverso l’ordinanza emessa in data 11/09/2024 dal Tribunale di Pesaro.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere dott.ssa NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME c ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Pesaro, adito in sede di riesame ex art. 324 cod. proc. pen., confermava il decreto di sequestro preventivo, emesso il 16 luglio 2024 dal Giudice per le indagi preliminari del medesimo Tribunale nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante dell’indicato Consorzio, e finalizzato a confisca, diretta o per equivalente, del profitto del reato di cui agli artt. 81, comma 2, ter cod. pen. pari all’importo di euro 1.438.825,03.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t, per il tramite del difensore di fiducia, con cu dedotto:
1.1 -violazione di legge, in relazione all’art. 316 ter cod. pen., per avere i Giudici di merito ritenuto erroneamente sussistente il “fumus commissi delicti” sull’assunto che il Consorzio avesse indebitamente conseguito crediti di imposta 110% nonostante: a) la stipula di contratti di appalto tra il Consorzio e i committenti privati; b) la congruità ( rispetto a quanto in nel prezzario regionale) degli importi unitari indicati nei computi metrici allegati ai cont appalto; c) la congruità delle lavorazioni indicate nei computi metrici allegati ai contra appalto ; d) la coerenza della quantificazione delle spese tecniche; e) la esistenza dei vist conformità e delle asseverazioni tecniche rilasciate da professionisti; f) la stipula di contra subappalto tra il Consorzio e le ditte consorziate; g) la coerenza tra le fatture emesse subappaltatori e l’importo dei lavori indicati nel contratto di subappalto; h) la corrispond tra le lavorazioni indicate nel computo metrico e quanto effettivamente realizzato.
La effettiva realizzazione dei lavori appaltati e la indicazione nel contratto di appalt «reale valore economico» degli interventi censiti – secondo il ricorrente- avrebbe consentito d escludere il fumus del reato in contestazione.
Ha, altresì, osservato il difensore che il Consorzio – nello stipulare i contratti di appalt privati committenti – si era assunto le responsabilità, civili e penali, dell’appaltatore sebbene per Statuto non perseguisse finalità di lucro, poteva in ogni caso perseguire un «utile oggettivo» da reinvestire nelle attività del consorzio stesso.
Il Consorzio, nel caso specifico, avendo assunto la qualifica contrattuale di appaltatore e no di “General Contractor”, era libero, nel rispetto dei limiti indicati dal prezzario region indicare il prezzo di appalto, di ricaricare su tale prezzo i costi di gestione e di funzionam (a cui il consorziato era chiamato a partecipare) e di appostare detti importi ulteriori in fa ponendoli a carico del committente privato.
Il complessivo modus operandi era stato, dunque, rispettoso dell’art. 119 d.l. 19 maggio 2020 n.34, essendo rimborsabile il credito corrispondente all’importo che il committente dei lavori deve pagare all’appaltatore;
-violazione di legge, in relazione all’art. 316 ter cod. pen., e vizio di motivazion omissione sotto il profilo del dolo del reato.
Ha osservato il difensore come il Consorzio avesse indicato in fattura i costi di gestio sostenuti nell’interesse delle imprese consorziate e che pertanto non avesse conseguito alcun indebito vantaggio fiscale; inoltre, la detraibilità delle spese e la esatta individuazione spese ammissibili aveva dato luogo ad interventi chiarificatori da parte dell’Agenzia del Entrate e dello stesso legislatore;
violazione di legge e vizio di motivazione, per omissione, in relazione al periculum in mora i che i Giudici di merito avrebbero ritenuto in modo del tutto assertivo e ritenendo sufficient
riferimento ad un generico rischio di dispersione del patrimonio. Era stato erroneamente ritenuto il rischio concreto di dispersione dei beni, benchè non fossero state mai poste in essere condotte distrattive, pur nella consapevolezza del procedimento penale già dal mese di settembre del 2023 e nonostante gran parte dei crediti cautelativamente sospesi fossero stati sbloccati e monetizzati dal Consorzio, senza porre in essere condotte distrattive.
Ha, infine, rilevato il difensore come anche in relazione alla individuazione del profitto reato il credito d’imposta era nettamente inferiore a quello individuato dalla Guardia Finanza, per l’avvenuto conteggio dell’IVA relativa alle spese tecniche nella uguale misura del 10%.
In data 31 dicembre 2024, il ricorrente ha depositato memorie difensive e motivi nuovi con cui ha dedotto:
il superbonus non è un contributo, finanziamento, mutuo o erogazione di fondi pubblici, ma un vantaggio fiscale (i.e. detrazione fiscale del 110°h) che il contribuente può ottenere possiede una sufficiente capienza di imposta. In ogni caso, seppure il superbonus fosse qualificabile come sovvenzione – poiché il riferimento alla “sovvenzione” è stato inserito n testo della norma incriminatrice solo a decorrere dal 29 marzo 2022 e poiché le condotte in contestazione risalirebbero tutte ad epoca anteriore all’entrata in vigore della novel mancherebbe il fumus del reato ex art. 2 cod. pen.;
l’art. 119 d.l. cit. si rifer sce alle «spese documentate e rimaste a carico del contribuente», mentre non reca alcuna distinzione tra spese ammissibili e non ammissibili, distinzione introdotta ed indicata solo ex post nelle circolari dell’Agenzia dell’Entrate;
il quantum del credito d’imposta è stato in ogni caso indicato per eccesso, non essendo state conteggiate le imposte pagate, i costi sostenuti et similia, con il conseguente sequestro di importi superiori a quanto asseritamente dovuto;
il periculum in mora è stato desunto dalla incapienza di risorse finanziare sequestrate rispetto all’ammontare del profitto, senza tuttavia valutare che il Consorzio si fosse asten dal compiere atti distrattivi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
In limine litis, per la pregiudizialità logica della questione sollevata dal ricorrent motivi nuovi, va rilevato come, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (Sez. Un., n. 7537 de116/12/2010, COGNOME, Rv. 249104; Sez. 3, n. 37248 del 20/06/2024, Degni e altri, Rv. 287052), la disposizione normativa dell’art. 316 ter cod. pen.- nell’utilizzare la formulazione amplissima di « contributi, sovvenzioni, finanziamenti, mutui agevolati o alt
erogazioni dello stesso tipo, comunque denominati, concessi o erogati dallo Stato, da altri ent pubblici o dalle Comunità europee»- si estenda anche al conseguimento di crediti fiscali.
«Si ha erogazione, pur in assenza di un’elargizione di una somma di denaro, quando il richiedente ottiene un vantaggio economico che viene posto a carico della comunità, come ad esempio nell’ipotesi di un’esenzione dal pagamento di una somma dovuta ad un soggetto pubblico».
Pertanto, anche il c.d. “superbonus” introdotto con il di. 19 maggio 2020 n.34., in quant “erogazione”, rientra nel perimetro normativo dell’art. 316ter cod. pen.
Fatta questa premessa ed entrando in medias res, si legge nell’impugnato provvedimento che il Consorzio RAGIONE_SOCIALE– operativo nel settore edile e dedito alla esecuzione di «lavori di completamento e di finitura di edifici NCA»- aveva appaltato a partire dal 2020 lavo di ristrutturazione edile (per i quali era previsto il credito di imposta 110% c.d. Superbon presso svariati committenti privati, proponendo agli stessi l’opzione di sconto in fattura, per subappaltare i lavori commissionatigli presso le singole società consorziate.
All’esito della procedura il Consorzio appaltante, avendo il privato committente optato pe lo sconto in fattura, aveva maturato un credito di imposta, che per l’importo di eu 1.438.825,03 veniva sottoposto al sequestro preventivo di cui si discute.
3.1. Ed invero, secondo i giudici di merito, il Consorzio avrebbe operato in modo fraudolento ed incassato somme non dovute, per avere indicato nella fattura rilasciata ai committenti «costi» non sostenuti per l’esecuzione delle opere previste per il c.d. superbonus: tanto emergeva dal divario netto che si riscontrava in tutti i contratti di appalto tra gli i (minori) fatturati dalle imprese subappaltanti e quelli (maggiori) fatturati dal Conso appaltante.
3.2. Tale modus operandinon contestato in fatto dal ricorrente- secondo la prospettazione difensiva non integrerebbe, tuttavia, il fumus del reato di cui all’art. 316 ter cod. pen. sia sotto il profilo oggettivo, perché la maggiorazione portata in fattura era esattamente corrispondent ai «costi di gestione e spese di funzionamento dell’organizzazione consortile» effettivamente sostenuti dal Consorzio e quindi ai costi che – a norma dell’art. 119 d.l. 19 maggio 2020, n. – andavano posti a carico del committente, sia sotto il profilo soggettivo perché la differe tra costi ammessi e non ammessi era stata chiarita solo a seguito di successivi intervent normativi ed amministrativi (i.e. la Circolare dell’Agenzia delle Entrate risaliva al 23 gi 2022).
3.3. E’ utile premettere che, nel controllo sulle valutazioni compiute dal giudice di merito materia di misure cautelari reali, la Corte di cassazione può censurare soltanto quei vizi del motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudic (ex multis, Sez. Un., n 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 – 01).
E, nella specie, la motivazione dell’ordinanza impugnata è tutt’altro che priva dei requis minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza.
Ed infatti, il thema è stato, con persuasive e convincenti argomentazioni, scrutinato nel provvedimento impugnato (cfr pagg. 11 e ss), là dove i Giudici di merito hanno congruamente chiarito che « i costi di gestione del Consorzio » – a prescindere dalle forme contrattuali sc per regolare i rapporti con i committenti – non rientrano nella categoria “normativa” previs dall’art. 119 d.l. cit. , perché non funzionalmente collegabili agli interventi “agevolabil sono stati in concreto realizzati dalle società sub appaltanti .
L’articolo in questione, infatti, nell’indicare le spese «documentate e sostenute» presuppone e richiede un nesso di stretta funzionalità con gli interventi realizzati che non è rinvenibi crediti (rectius «costi di gestione e di funzionamento della organizzazione consortile») che il Consorzio può avere maturato nei confronti delle società consorziate sub appaltanti.
I Giudici di merito congruamente hanno poi rilevato (pag.11 in nota 19) come il credito asseritamente maturato dal Consorzio nei confronti delle singole imprese non fosse “documentato”, perché liberamente determinabile dal Consorzio e, pertanto, non verificabile nel suo ammontare.
Analogamente la censura ulteriore relativa alla mancanza del dolo del reato è stata adeguatamente e logicamente affrontata dai Giudici di merito, che hanno correttamente attribuito “significanza probatoria” della “finalità fraudolenta” dell’operazione nel suo comple ( pag. 12 nota 16) alla circostanza che nei contratti di subappalto non vi era alcun riferimen all’esistenza di computi metrici recanti prezzi differenti da riconoscersi in favore del Consor subappaltante in relazione agli interventi edilizi appaltati
4.1. Va comunque sottolineato che, in relazione alla verifica del fumus, necessaria al fine di disporre una misura cautelare reale, per quanto la stessa possa riguardare anche il coefficiente psicologico del dolo, nondimeno deve ritenersi che sia sufficiente dare atto di elementi che non consentano ictu °cui/ di escluderne la sussistenza (Sez. 3, n. 26007 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276015; Sez. 2, n. 18331 del 22/04/2016, COGNOME, Rv. 266896). In tale prospettiva può darsi rilievo a quanto rilevato dal Tribunale (cfr. nota a pag. 11) circa la modifica della moduli solo dal maggio 2021 e circa il riferimento contenuto nell’accordo del 24/2/2021 con RAGIONE_SOCIALE.p.a. alla veste di generai contractor. In ogni caso l’addotta condizione di incertezza sulla natura delle spese detraibili non destruttura la portata logica de motivazione: va infatti rimarcato che l’errore sul precetto penale e/o extrapenale, specie n caso di operatore professionale, rileva solo se l’agente abbia potuto trarre il convinciment della correttezza dell’interpretazione normativa da un comportamento positivo degli organi amministrativi, rtq da un complessivo, pacifico orientamento giurisprudenziale ( ex multis Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, COGNOME, Rv. 197885; Sez. 4, n. 32069 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248339), o, comunque, abbia fatto tutto il possibile per richiedere alle autori competenti i chiarimenti necessari e, inoltre, si sia informato in proprio, ricorrendo ad esp
giuridici, così adempiendo il dovere di informazione (Sez. 3, n. 35694 del 05/04/2011, COGNOME, Rv. 2 1225).
Inammissibili, infine, perché prive di specificità, sono le ulteriori censure relat assenti errori di calcolo del credito di imposta per mancato conteggio di non meglio precisat costi e/o imposte versate.
Il Tribunale – anche in parte qua (pag. 20 del provvedimento)GLYPH ha, con puntuali argomentazioni, rilevato come la censura non fosse supportata da documentazione, da cui eventualmente «desumere gli importi delle imposte versate (e/o compensate) dal Consorzio e (specificamente riferite ai crediti di imposta “incriminati”» , e come, in ogni caso, dirimente l’oggettiva incapienza della somma, rinvenuta e sottoposta a sequestro ( pari all’importo di euro 371.746,28), rispetto alla entità del profitto del reato (pari a 1.438.825,03), stimata sulla base di una ponderata valutazione dei dati fattuali sino ad or acquisiti.
Il ricorrente ha, altresì, contestato il provvedimento sotto il profilo del periculum in mora.
L’esegesi seguita dal Tribunale del riesame (pagg. 15 e ss) si pone in perfetta linea d continuità con i principi sanciti dalle Sez. Un. “Ellade” e dalla successiva giurisprudenza legittimità in subiecta materia ( ex multis, Sez. 3 n 44874 del 1’11/10/2022, Fricano, Rv.283769) : il periculum in mora può essere desunto, in via alternativa, tanto da elementi oggettivi attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitative beni attinti dal vincolo, quanto da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’oner che lascino fondatamente ritenere il compimento di atti dispositivi comportanti depauperamento del patrimonio.
Il Tribunale, infatti, ha rappresentato in modo puntuale come l’entità del credito, l’incapie del patrimonio personale del ricorrente, la propensione dimostrata dal COGNOME ad investire le proprie risorse finanziarie nell’acquisto- in un arco temporale ristretto e anche dopo esse venuto a conoscenza del procedimento penale a suo carico- di beni non compatibili con la situazione economica e patrimoniale fossero elementi “sintomatici” di un ragionevole pericolo di dispersione dei beni con il pregiudizio di una eventuale confisca in favore dello Stato.
La difesa per contrastare tale motivazione non ha segnalato efficaci elementi in grado di neutralizzare il periculum in mora. Le censure, infatti, sono ripetitive di temi già congruamente scrutinati e pertanto prive di specificità, risolvendosi comunque nella contestazione del motivazione.
Al rigetto del ricorso segue ope legis la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/01/2025