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Sequestro preventivo superbonus: Cassazione annulla

Una società edile, accusata di aver generato crediti fiscali fittizi legati al Superbonus, subisce un ingente sequestro. La Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento, criticando la motivazione del tribunale come generica e apparente. La Suprema Corte ha stabilito che le dichiarazioni di pochi clienti non possono giustificare un sequestro preventivo superbonus sull’intera massa di crediti, richiedendo un’analisi più rigorosa, specifica e proporzionata. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro Preventivo Superbonus: La Cassazione Annulla per Motivazione Carente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7021/2024, ha annullato un’ordinanza che confermava un ingente sequestro preventivo superbonus a carico di un’impresa edile. La decisione sottolinea un principio fondamentale: le misure cautelari reali devono fondarsi su una motivazione analitica e non meramente apparente, soprattutto quando le accuse si basano su elementi indiziari parziali. Questo intervento della Suprema Corte stabilisce un importante precedente sulla necessità di un rigoroso accertamento della proporzionalità e del nesso causale tra le presunte irregolarità e i beni sequestrati.

I Fatti di Causa: Un Sequestro da Oltre 4 Milioni di Euro

Il caso ha origine da un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Monza per un valore di oltre 4,3 milioni di euro in crediti d’imposta. Tali crediti erano stati ceduti a una società di impianti, secondo l’accusa, in modo indebito. La contestazione principale era legata al reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316-ter c.p.), basata sulla presunta falsa attestazione del raggiungimento del 30% dei lavori entro la data perentoria del 30 settembre 2022, condizione essenziale per beneficiare del Superbonus 110%.

Gli amministratori della società avevano impugnato il provvedimento, sostenendo la regolarità delle operazioni e presentando documentazione a supporto. Tuttavia, il Tribunale del riesame aveva rigettato l’appello, ritenendo decisive le sommarie informazioni rese da alcuni committenti, i quali avevano dichiarato la mancata esecuzione dei lavori entro i termini. Il Tribunale aveva considerato questa circostanza come “assorbente”, senza approfondire gli altri elementi difensivi.

L’Appello in Cassazione e i Motivi del Ricorso

Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa ha articolato diversi motivi di ricorso, lamentando la violazione di legge e una motivazione omessa o apparente. I punti salienti dell’impugnazione includevano:

* Valutazione parziale delle prove: Il Tribunale avrebbe ignorato elementi cruciali come le asseverazioni dei direttori dei lavori, i visti di conformità, i contratti d’appalto e le fatture d’acquisto dei materiali.
* Insufficiente base probatoria: Le dichiarazioni di un numero limitato di committenti (circa 20 su 132 cantieri) sono state considerate insufficienti per dimostrare una frode sistematica.
* Errata interpretazione normativa: La difesa contestava la rigida interpretazione del Tribunale sul calcolo del 30% dei lavori, che escludeva l’acquisto dei materiali e altri costi accessori.
* Mancanza di proporzionalità: Il sequestro è stato applicato all’intera massa dei crediti fiscali senza una distinzione analitica tra posizioni potenzialmente irregolari e quelle legittime.

L’Analisi della Cassazione sul sequestro preventivo superbonus

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, giudicando la motivazione dell’ordinanza impugnata come “carente e, a tratti, meramente apparente”. Il Collegio ha rilevato una grave lacuna nell’argomentazione del Tribunale, che si è limitato a considerare “assorbenti” le dichiarazioni di alcuni committenti senza compiere un’analisi approfondita.

La Cassazione ha evidenziato che non è emerso alcun elemento che consentisse di “correlare causalmente” le dichiarazioni di un gruppo ristretto di clienti ai crediti fiscali oggetto del sequestro nella loro totalità. Inoltre, il Tribunale ha omesso di motivare le ragioni per cui tali dichiarazioni parziali potessero giustificare la presunzione di falsità della totalità delle operazioni, violando i principi di adeguatezza e proporzionalità della misura cautelare.

Le Motivazioni della Decisione: La Necessità di un Giudizio Analitico

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella critica a un approccio giudiziario generico e non specifico. Per giustificare un sequestro preventivo superbonus, non è sufficiente affermare che esistono indizi di irregolarità su alcuni cantieri. È necessario, invece, un esame puntuale che colleghi ogni singolo credito sequestrato a una specifica condotta illecita.

La Corte ha specificato che il giudice del rinvio dovrà:

1. Specificare per ogni credito d’imposta le ragioni per cui debba considerarsi fittizio.
2. Valutare approfonditamente la contestata falsità dell’attestazione del 30% dei lavori, tenendo conto dei chiarimenti delle autorità competenti e delle allegazioni difensive, incluse quelle sulla rilevanza di lavori non agevolati e costi professionali.
3. Analizzare il nesso causale tra crediti “rifiutati” o stornati e quelli effettivamente sequestrati, verificando se abbiano generato un credito d’imposta “azionabile”.

In sostanza, la Cassazione ha imposto al giudice del merito di abbandonare le generalizzazioni per abbracciare una ricostruzione dettagliata del presunto meccanismo fraudolento, cessione per cessione.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio e Principi per il Nuovo Giudizio

La sentenza si conclude con l’annullamento dell’ordinanza e il rinvio degli atti al Tribunale di Monza per un nuovo giudizio. Questo dovrà essere condotto seguendo i rigorosi principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte. La decisione rappresenta un importante monito per l’autorità giudiziaria che procede in materia di bonus edilizi: la complessità della normativa e la gravità delle misure cautelari reali esigono un livello di motivazione elevato, che non può essere soddisfatto da argomentazioni sbrigative o presunzioni generalizzate. Per le imprese del settore, questa pronuncia rafforza le garanzie difensive, esigendo che ogni accusa di frode sia provata in modo analitico e non basata su campionamenti o inferenze induttive non adeguatamente supportate.

È sufficiente la testimonianza di alcuni clienti per giustificare un sequestro preventivo superbonus sull’intero ammontare dei crediti di un’azienda?
No. Secondo questa sentenza della Cassazione, la motivazione del sequestro deve essere analitica e proporzionata. Le dichiarazioni di solo una parte dei committenti non possono giustificare automaticamente il sequestro della totalità dei crediti fiscali senza una correlazione causale specifica e una valutazione sulla proporzionalità della misura.

Come deve essere motivato un provvedimento di sequestro preventivo in materia di Superbonus?
Il provvedimento deve essere motivato in modo non apparente o generico. Deve specificare per ogni credito d’imposta le ragioni per cui è ritenuto fittizio, valutare analiticamente le prove a carico e a discarico (incluse le asseverazioni dei tecnici), e dimostrare il nesso di pertinenzialità tra le condotte contestate e i beni sequestrati.

Cosa ha stabilito la Cassazione riguardo al calcolo del 30% dei lavori per il Superbonus?
La Cassazione non ha stabilito una regola definitiva sul calcolo, ma ha censurato il giudice inferiore per aver liquidato la questione in modo sbrigativo. Ha rinviato la causa al Tribunale affinché riesamini la questione tenendo conto dei chiarimenti forniti dalle Autorità competenti e delle allegazioni difensive, comprese quelle relative alla possibile rilevanza delle attività non agevolate e dei costi professionali nel raggiungimento della soglia del 30%.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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