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Sequestro preventivo stupefacenti: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di sequestro preventivo per stupefacenti di oltre 38.000 euro. La Corte ha confermato la legittimità della misura, basata sia sul pericolo che l’indagato potesse reinvestire il denaro in attività illecite (periculum in mora), sia sulla palese sproporzione tra la somma sequestrata e l’assenza di un’occupazione lecita dell’imputato. La difesa non ha fornito prove concrete sull’origine lecita del denaro, rendendo il ricorso generico e infondato.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Sequestro preventivo stupefacenti: i criteri della Cassazione

Il sequestro preventivo stupefacenti rappresenta uno strumento cruciale per contrastare il narcotraffico, bloccando le risorse economiche che lo alimentano. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi fondamentali che ne legittimano l’applicazione, soffermandosi in particolare sui concetti di pericolo e sproporzione patrimoniale. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire quando e perché una somma di denaro può essere legittimamente sequestrata.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal ricorso di un individuo, imputato per reati legati agli stupefacenti, avverso un’ordinanza del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva confermato un provvedimento di sequestro preventivo per una somma di 38.555,00 euro. L’ordinanza iniziale era stata emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), che aveva ritenuto la somma il provento dell’attività di spaccio.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, contestando la legittimità del sequestro sotto tre profili principali.

I Motivi del Ricorso

La difesa ha articolato il ricorso basandosi su tre argomentazioni principali:

1. Carenza di motivazione sul periculum in mora: Secondo il ricorrente, il Tribunale non avrebbe spiegato adeguatamente perché la libera disponibilità del denaro costituisse un pericolo concreto di aggravamento del reato, limitandosi a citare la quantità di stupefacente rinvenuta.
2. Violazione di legge: Si contestava la violazione dell’art. 85-bis del Testo Unico Stupefacenti (d.P.R. 309/1990), sostenendo che non sussistessero i presupposti applicativi per la confisca speciale prevista da tale norma.
3. Assenza del vincolo pertinenziale: La difesa lamentava la mancanza di un nesso diretto tra il denaro sequestrato e il reato contestato, sottolineando che il Tribunale non avrebbe considerato la possibile provenienza lecita della somma, parte della quale era già stata dissequestrata in un precedente procedimento.

La Decisione della Corte di Cassazione sul sequestro preventivo stupefacenti

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze della difesa. Gli Ermellini hanno ritenuto gli argomenti proposti generici e finalizzati a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

La Corte ha chiarito che il sequestro in esame aveva una duplice natura: da un lato, impeditivo, per evitare il reinvestimento del denaro nell’attività di narcotraffico; dall’altro, finalizzato alla confisca, in quanto il denaro era sproporzionato rispetto alla capacità economica dell’indagato e privo di giustificazione lecita.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su principi consolidati in materia. In primo luogo, il periculum in mora è stato ritenuto ampiamente dimostrato. Il Tribunale del Riesame aveva correttamente evidenziato come la professionalità dell’attività di spaccio e l’ingente quantitativo di droga gestito dall’indagato implicassero la necessità di movimentare continuamente cospicue somme di denaro. La disponibilità di tale liquidità avrebbe quindi agevolato la prosecuzione dell’attività criminale.

In secondo luogo, per quanto riguarda il sequestro preventivo stupefacenti finalizzato alla confisca, la Corte ha ribadito che i presupposti sono due: la disponibilità del bene da parte dell’indagato e la sproporzione del suo valore rispetto al reddito dichiarato o all’attività economica esercitata. Nel caso di specie, il possesso di quasi 40.000 euro da parte di un soggetto privo di un’occupazione lecita costituiva un indizio grave e sufficiente a giustificare la misura. La difesa, pur contestando il provvedimento, non ha mai fornito elementi concreti per smentire tale sproporzione.

Infine, riguardo alla presunta origine lecita del denaro, la Corte ha sottolineato come la difesa si sia limitata a un’affermazione generica, senza produrre alcuna documentazione o elemento sostanziale a supporto. Il semplice richiamo a un precedente dissequestro, avvenuto anni prima, non è stato ritenuto sufficiente a comprovare la legittima provenienza dell’intera somma sequestrata nel nuovo procedimento.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio cardine nella lotta al narcotraffico: il possesso di ingenti somme di denaro da parte di un soggetto privo di redditi leciti e coinvolto in attività di spaccio è un elemento sufficiente a giustificare il sequestro preventivo. Non è necessario dimostrare un nesso di derivazione diretta di ogni singola banconota dal reato, ma è sufficiente accertare il fumus commissi delicti e la presenza di seri indizi che legittimano la futura confisca, come la sproporzione patrimoniale. Spetta poi all’indagato fornire la prova contraria, dimostrando in modo documentato e credibile la provenienza lecita dei propri beni.

Quando è legittimo un sequestro preventivo di denaro per reati di droga?
È legittimo quando sussiste il ‘fumus commissi delicti’ (l’astratta configurabilità del reato) e un ‘periculum in mora’. Quest’ultimo può consistere sia nel pericolo che il denaro venga usato per commettere altri reati, sia nella presenza di seri indizi che ne giustificano la futura confisca, come la sproporzione tra la somma e il reddito lecito del possessore.

Cosa si intende per ‘sproporzione’ tra denaro e reddito ai fini del sequestro?
Si intende una chiara incongruenza tra il valore dei beni posseduti (in questo caso, una somma di 38.555,00 euro) e la capacità economica documentata del soggetto. Nel caso esaminato, l’imputato era privo di qualsiasi occupazione lecita, rendendo il possesso di tale somma palesemente sproporzionato.

Basta affermare che il denaro ha un’origine lecita per evitarne il sequestro?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente una mera affermazione. La difesa ha l’onere di fornire documentazione o elementi sostanziali concreti che comprovino l’effettiva provenienza lecita delle somme. In assenza di tali prove, l’argomentazione è considerata generica e inefficace.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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