Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 39147 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 39147 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso di NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA,11, avverso l’ordinanza in data 30/11/2023 del Tribunale di Trento, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATI -0
1.Con ordinanza in data 30 novembre 2023 il Tribunale del riesame di Trento ha rigettato il riesame proposto da NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso in data 7 novembre 2023 dal G.i.p. del Tribunale di Trento per plurime violazioni del Testo Unico Stupefacenti.
Ricorre per cassazione l’indagato sulla base di quattro motivi: con il primo, deduce la violazione di legge per l’assenza di un’autonoma valutazione da parte del G.i.p. del quantum del profitto confiscabile, vizio non sanabile da parte del Tribunale del riesame; con il secondo, la violazione di legge per assenza grafica di motivazione sul quarto e sul quinto motivo di riesame in merito alle memorie e
al criterio utilizzato del moltiplicatore, in particolare il Tribunale del riesame non aveva risposto alle censure sull’errore di calcolo del profitto, basato sulle cessioni al dettaglio quando vi erano state sostanziose cessioni infragruppo, sull’utilizzo del moltiplicatore monetario applicato alle singole dosi droganti anziché al grammo, sull’errata quantificazione della sostanza stupefacente sequestrata nonché sull’omessa detrazione della somma di euro 73.500, sull’omessa considerazione, nell’ambito della quantificazione del profitto dell’attività associativa illecita, dell’episodio indicato al capo D16) di incolpazione, in cui gli indagati NOME COGNOME e NOME COGNOME si sarebbero accordati per rivendere la cocaina precedentemente acquistata al prezzo di 40 o di 48 euro al chilo così ottenendo un guadagno netto di otto euro al chilo; con il terzo, la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito al periculum in mora; con il quarto, la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’applicazione dell’art. 240-bis cod. proc. pen., per adesione acritica al decreto del G.i.p. e senza spiegazioni in merito al sequestro delle somme giacenti sul conto corrente su cui era solo delegato a operare.
CONSIDERATO IN DIRMO
3. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente è ristretto in carcere per l’associazione stupefacenti e numerosi episodi di cessione e detenzione di ingenti quantitativi di stupefacenti e il ricorso per cassazione avverso la misura cautelare personale è stato rigettato con sentenza di questa Sezione n. 10102 del 22/02/2024, dep. 08/03/2024. Non è dunque in discussione il grave quadro indiziario dei reati ascritti al NOME.
Nei suoi confronti è stato emesso un primo decreto di sequestro preventivo ai sensi degli art. 321 cod. proc. pen., 240 e 240-bis cod. pen., 73, comma 7-bis e 85 d.P.R. n. 309 del 1990 sino al raggiungimento della somma provento di reato determinata in euro 4.263.756,00, decreto annullato per difetto di motivazione in ordine al periculum in mora, e un secondo decreto confermato dal Tribunale del riesame e oggetto del presente ricorso.
Il primo, il secondo e il quarto motivo attengono alla sussistenza dei presupposti della confisca allargata, alla quantificazione del profitto e alla possibilità per il Tribunale del riesame di integrare la motivazione. L’ordinanza impugnata ha risposto a tutte le questioni sottoposte dall’indagato per cui non ricorre il vizio di violazione di legge ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti cautelari di natura reale è consentito unicamente per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692; Sez. 3, n. 4919 del 14/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269296; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656). Innanzi tutto, il Tribunale del riesame ha constatato che il G.i.p. aveva argomentato in merito ai presupposti della confisca allargata richiamando la nota della Guardia di Finanza del 3 novembre 2023, ciò che ha consentito al Tribunale di pronunciarsi sul quantum confiscabile in termini di congruità. Sebbene l’ordinanza impugnata segnali la tecnica redazionale adottata dal G.i.p., sintetica e per relationem, è significativo che, al contempo, abbia espresso un giudizio d’incensurabilità e abbia poi potuto sviscerare la censura principale della quantificazione del profitto. Peraltro, la relatio non costituisce di per sé adesione acritica alla ricostruzione della Guardia di finanza, per cui il primo motivo va disatteso, risolvendosi in una censura formale, di mero stile.
Il secondo motivo invece attiene al moltiplicatore. A differenza di quanto prospettato dalla difesa, vi è puntuale risposta nell’ordinanza al quarto e al quinto motivo di riesame. Il Tribunale, avallando il lavoro degli inquirenti, ha ritenuto accettabile la quantificazione del profitto della struttura associativa in termini di sommatoria dei profitti dei reati-fine, per i quali sono state applicate misure cautelari personali nei confronti di vari indagati. In generale, ha ricordato, per un verso, che il Tribunale del riesame non ha poteri istruttori (tra le più recenti, Sez. 6, n. 46036 del 26/10/2023, Valentino, Rv. 285475 – 01), siccome incompatibili con la speditezza del procedimento incidentale “de libertate”, dovendo decidere in ordine alla legittimità della misura sulla base delle risultanze processuali già acquisite o di quelle eventualmente allegate dalle parti nel corso dell’udienza, per altro verso, ha evidenziato che il ricorrente non aveva prodotto alcuna consulenza di parte per contraddire le conclusioni della Guardia di finanza. A ben vedere dunque, alla stregua delle considerazioni svolte in ordinanza e qui sinteticamente riportate, tale seconda censura non è declinata in termini di violazione di legge bensì di vizio di motivazione che esula dai limiti cognitivi del giudice di legittimità come fissati dall’art. 325 cod. proc. pen.
Il terzo motivo riguarda il periculum in mora. Il Tribunale del riesame ha verificato che il G.i.p. aveva sanato la lacuna allorché aveva emesso il nuovo decreto, perché aveva sottolineato il rischio della dispersione di beni e denaro, considerato che il ricorrente era soggetto che svolgeva l’attività del narcotraffico con professionalità, con riacquisto e rivendita di stupefacenti, anche per interposta persona, e che i profitti ricavati erano elevatissimi. La giurisprudenza ritiene che il provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria, diretta o per equivalente, ex arti. 73, comma 7-bis, e 74, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, pur se relativo a somme di denaro, deve contenere la concisa
motivazione del “periculunn in mora”, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablatorio rispetto alla definizione del giud dovendosi escludere ogni automatismo decisorio che colleghi la pericolosità alla mera natura obbligatoria della confisca, in assenza di previsioni di segno contrari e quindi, a esempio, non basta la mera natura fungibile del denaro (Sez. 3, n 9206 del 07/11/2023, Fiore, Rv. 286021). Nel caso in esame, il Tribunale del riesame ha ben richiamato la parte del decreto del G.i.p., che peraltro ha dedicat al periculum le pag. 41, 42 e 43 del decreto, in cui si fa riferimento all’attivit reimpiego dei beni all’acquisto di nuove forniture di stupefacenti in ragione del professionalità mostrata dall’indagato. Si tratta di motivazione non apparente, pe cui anche il terzo motivo si appalesa di mero stile.
La quarta censura infine attiene alla confisca. Il G.i.p. ha citato l’art bis, gli art. 74, comma 7-bis e 73, comma 7-bis, d.P.R. n. 309 del 1990, trattandosi di beni patrimoniali equivalenti ai profitti ricavati dall’attività criminosa, gli a e 240-bis cod. pen. Il Tribunale del riesame ha ritenuto sufficiente tale indicazio accompagnata al rinvio alla nota della Guardia di finanza. Sul punto va ulteriormente osservato che si tratta del profitto dell’associazione e dell’indagato disposta ai sensi dell’art. 74 comma 7bis d.P.R. 309/1990 e che in tal caso essendo il reato di associazione per delinquere idoneo a generare u profitto, quest’ultimo è sequestrabile ai fini della successiva confisca equivalente – nei casi previsti dalla legge – in via del tutto autonoma rispet quello prodotto dai reati fine, essendo costituito dal complesso dei vantag direttamente conseguenti dall’insieme di questi ultimi, siano essi attribuibili ad o più associati, anche non identificati, posto che l’istituzione della “soci sceleris” è funzionale alla ripartizione degli utili derivanti dalla realizzazion programma criminoso (Sez. 2, n. 30255 del 03/03/2017, COGNOME, Rv. 270705 01; Sez. 3, n. 44912 del 07/04/2016, COGNOME, Rv. 268772 – 01). La deduzione del ricorrente è quindi del tutto avulsa dall’interpretazione giurisprudenziale de norme in materia. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con conseguente alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso, 1’8 maggio 2024
Il Consigliere estensore