Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35868 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35868 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato ad Adria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14.03.2024 emessa dal Tribunale di Rovigo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha l’accoglimento dei motivi di ricorso. AVV_NOTAIO insistito per
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Rovigo ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME e ha confermato il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta della somma di euro 147.360,00 o, per equivalente, di beni sino alla concorrenza di tali valore, quale profitto dei reati di cui all’art. 314 cod. pen., disposto dal Giudice per le indagin
preliminari presso il Tribunale di Rovigo in data 16 gennaio 2024 nei confronti del ricorrente.
Secondo questo provvedimento COGNOME, quale pubblico ufficiale, nella qualifica di direttore di stabilimento, nominato dall’RAGIONE_SOCIALE e di agente contabile per la movimentazione del tabacco, si sarebbe appropriato e avrebbe ceduto a terzi quantitativi di tabacchi lavorati esteri che erano nella sua custodia, in quanto sottoposti a sequestro perché privi del timbro dei Monopoli di Stato.
L’AVV_NOTAIO COGNOME, difensore dell’imputato, ricorre avverso tale ordinanza e ne chiede l’annullamento, proponendo quattro motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe omesso di dichiarare l’inefficacia dell’ordinanza genetica a seguito del decorso del termine di dieci giorni dalla trasmissione completa degli atti dal pubblico ministero.
Ad avviso del difensore, infatti, la trasmissione degli atti doveva intendersi avvenuta già in data 1 febbraio 2024 e, dunque, la decisione, essendo intervenuta in data 14 marzo 2024, sarebbe stata pronunciata oltre il termine di dieci giorni previsto a pena di inefficacia della misura cautelare reale.
2.2. Con il secondo motivo, il difensore censura l’inosservanza dell’art. 324 cod. proc. pen., in relazione all’art. 309 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe deciso il gravame proposto senza aver previamente acquisito le intercettazioni poste a fondamento del fumus commissi delicti.
La mancata acquisizione integrale RAGIONE_SOCIALE intercettazioni avrebbe, dunque, determinato una lesione del diritto di difesa del ricorrente.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso, il difensore eccepisce l’inosservanza dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione all’art. 309, comma 9 e 10, cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare in ordine a specifiche censure proposte dalla difesa nella memoria depositata all’udienza del 14 marzo 2024, sia con riferimento al fumus commissi delicti, che al periculum in mora.
Il Tribunale, in particolare, non avrebbe motivato in ordine al fatto che alcuni degli episodi contestati sarebbero stati commessi mentre il NOME era in ferie (dall’i al 4 ottobre del 2021) o lavorava in smart working.
Il Tribunale, inoltre, erroneamente avrebbe ritenuto sussistente il periculum in mora, pur a fronte della capienza del patrimonio del NOME e avrebbe valorizzato circostanze puramente congetturali.
2.4. Con il quarto motivo di ricorso, il difensore deduce l’inosservanza degli artt. 321 cod. proc. pen. e all’art. 545 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe illegittimamente rigettato la richiesta di riduzione del sequestro proposta dalla difesa.
Il difensore premette che, nei motivi depositati all’udienza del 14 marzo 2024, ha dedotto l’impignorabilità di parte RAGIONE_SOCIALE somme sequestrate, in quanto il vincolo reale, tra l’altro, ha attinto il conto corrente acceso presso l’istituto credito Montepaschi, cointestato al ricorrente e alla moglie, NOME COGNOME, e alimentato, in gran parte, dallo stipendio del COGNOME; in subordine, il difensore ha richiesto la riduzione del sequestro nei limiti sanciti dall’art. 545 cod. proc. pen.
Il Tribunale, tuttavia, ha rigettato la prima richiesta, rilevando che il conto corrente era alimentato esclusivamente dagli emolumenti del NOME e, di seguito, ha escluso la riduzione del vincolo reale, «ben potendo le ragioni di assicurazione alla confisca del profitto da reato essere utilmente contemperate con la tutela RAGIONE_SOCIALE condizioni minime di vita attraverso la sostituzione dei beni appresi con altri non oggetto del divieto di cui all’art. 545 cod. proc. pen.».
Con questa motivazione, tuttavia, il Tribunale avrebbe violato l’art. 545 cod. proc. pen., che sancisce proprio il carattere recessivo della confisca o del sequestro finalizzato alla stessa rispetto ai proventi indicati da tale disposizione.
Il Tribunale, dunque, avrebbe dovuto annullare o ridurre il sequestro in misura corrispondente all’importo RAGIONE_SOCIALE retribuzioni percepite dal NOME.
Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 28 febbraio 2023, il AVV_NOTAIO generale 18 luglio 2024, il AVV_NOTAIO generale AVV_NOTAIO ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.
Con il primo motivo il difensore deduce l’inosservanza dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe omesso di dichiarare l’inefficacia dell’ordinanza genetica a seguito del decorso del termine di dieci giorni dalla trasmissione completa degli atti dal pubblico ministero.
Il motivo è infondato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il termine perentorio di dieci giorni imposto dal combinato disposto degli artt. 324, comma 7 e 309, commi 9 e 10, cod. proc. pen. per la decisione del tribunale del riesame, decorre dal giorno della ricezione degli atti processuali e non dalla ricezione della richiesta di riesame (Sez. U, n. 38670 del 21/07/2016, Culasso, Rv. 267593) e, nel caso di trasmissione frazionata degli atti, dal momento in cui il tribunale ritenga completa l’acquisizione degli atti mancanti, nei limiti dell’effetto devolutivo dell’impugnazione (Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, Cavalli, Rv. 255582 – 01; Sez. 3, n. 31958 del 14/07/2020, Regina, Rv. 280025 – 01; Sez. 3, n. 36814 del 21/06/2017, COGNOME, Rv. 270954 – 01).
Il Tribunale del riesame ha fatto buon governo di tali consolidati principi, in quanto, a fronte della trasmissione frazionata degli atti dal pubblico ministero, ha congruamente ritenuto che la stessa potesse ritenersi completa a seguito della comunicazione del pubblico ministero del 5 marzo 2024.
Essendo stata adottata la decisione del riesame in data 14 marzo 2024, dunque, nessuna violazione del termine di dieci giorni è intervenuta.
L’eccezione di inefficacia della misura cautelare è, peraltro, infondata.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, infatti, statuito che nel procedimento di riesame avverso i provvedimenti di sequestro, il rinvio dell’art. 324, comma settimo, cod. proc. pen., alle disposizioni contenute nell’art. 309, comma decimo, cod. proc. pen., deve intendersi tuttora riferito alla formulazione originaria del predetto articolo; ne deriva che sono inapplicabili le disposizioni – introdotte nel predetto comma decimo dalla legge 8 aprile 2015, n. 47 – relative al termine perentorio per il deposito della decisione ed al divieto di rinnovare la misura divenuta inefficace (cfr. Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266790).
4. Con il secondo motivo, il difensore censura l’inosservanza dell’art. 324 cod. proc. pen., in relazione all’art. 309 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe deciso senza aver previamente acquisito le intercettazioni poste a fondamento del fumus commissi delicti.
5. Il motivo è infondato.
La mancata trasmissione RAGIONE_SOCIALE registrazioni e RAGIONE_SOCIALE relative trascrizioni RAGIONE_SOCIALE intercettazioni poste a fondamento della decisione non causa la nullità invocata dal ricorrente.
In tema di riesame, l’omesso deposito del cosiddetto “brogliaccio” di ascolto e dei files audio RAGIONE_SOCIALE registrazioni di conversazioni oggetto di intercettazione non è sanzionato da nullità o inutilizzabilità, dovendosi ritenere sufficiente la trasmissione, da parte del pubblico ministero, di una documentazione anche
sommaria ed informale, che dia conto sinteticamente del contenuto RAGIONE_SOCIALE conversazioni riferite negli atti della polizia giudiziaria, fatto salvo l’obbligo Tribunale di fornire congrua motivazione in ordine alle difformità specificamente indicate dalla parte fra i testi RAGIONE_SOCIALE conversazioni telefoniche richiamati negli atti quelli risultanti dall’ascolto in forma privata dei relativi files audio (ex plurimis: Sez. 6., n. 22570 del 11/04/2017, Cassese, Rv. 270036 – 01).
Analogo motivo di ricorso è, peraltro, stato ritenuto infondato dalla sentenza n. 32053 del 2024 di questa Corte, relativa al ricorso proposto da COGNOME avverso l’ordinanza del Tribunale di Venezia, che ha applicato ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen. la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio di pubblici uffici e servizi per mesi sei.
Con il terzo motivo di ricorso, il difensore eccepisce l’inosservanza dell’art. 324, comma 7, cod. proc. pen., in relazione all’art. 309, comma 9 e 10, cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe omesso di motivare in ordine a specifiche censure proposte dalla difesa nella memoria depositata all’udienza del 14 marzo 2024, sia con riferimento al fumus commissi delicti, che al periculum in mora.
7. Il motivo è infondato.
7.1. L’art. 325 cod. proc. pen. ammette il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale del riesame in materia di sequestro preventivo solo per violazione di legge.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (ex plurimis: Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 – 01; conf. Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023, Mannolo, Rv. 285608 – 01; Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 – 01).
7.2. L’ordinanza impugnata non presenta vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.
Il Tribunale di Rovigo ha congruamente rilevato che il fumus commissi delicti consegue alle dichiarazioni auto ed etero-accusatorie di NOME COGNOME, guardia giurata nel deposito dei Monopoli di Stato ad Adria, circa l’apprensione e la
cessione a terzi dei tabacchi lavorati esteri sottoposti a sequestro in concorso con COGNOME, che erano risultate riscontrate dalle chat intercorse con il ricorrente, dalla custodia RAGIONE_SOCIALE chiavi dei magazzini spettante al solo COGNOME e dagli accrediti in contanti per 162.000 euro sul conto corrente del ricorrente dal 2020 al 2022.
Il Tribunale non ha omesso di motivare sulle censure difensive relative alle assenze per ferie, ma ha ritenuto che le apprensioni dei tabacchi in sequestro fossero complessivamente dimostrate, nei limiti delibatori propri della sede cautelare, dalla ricostruzione dei fatti operata sulla base della chiamata in correità del COGNOME e dei molteplici riscontri evidenziati e che la verifica RAGIONE_SOCIALE appropriazioni effettuate nelle singole date sarà devoluta all’istruttoria propria del giudizio d merito.
Gli altri argomenti asseritamente pretermessi dal Tribunale fondano censure di travisamento per omissione che sono incompatibili con il sindacato di legittimità sui provvedimenti cautelari reali.
È, peraltro, irrilevante il silenzio su una specifica deduzione prospettata con il gravame ove essa sia disattesa dalla motivazione complessivamente considerata, posto che non è necessaria l’esplicita confutazione RAGIONE_SOCIALE specifiche tesi difensive disattese, ma è sufficiente una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione implicita di tale deduzione, senza lasciare spazio a una valida alternativa (Sez. 3, n. 3239 del 04/10/2022, dep. 25/01/2023, Rv. 284061).
Inammissibili, da ultimo, sono le ulteriori censure svolte dal difensore al fine di contestare l’insussistenza del fumus commissi delicti in quanto sono dirette a confutare in fatto i rilievi del Tribunale del riesame, prospettandone una ricostruzione alternativa, non consentita in sede di legittimità.
7.3. Le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza “Ellade”, hanno statuito che il provvedimento di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., finalizzato alla confisca di cui all’art. 240 cod. pen., deve contenere la concisa motivazione anche del periculum in mora, da rapportare alle ragioni che rendono necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, salvo restando che, nelle ipotesi di sequestro RAGIONE_SOCIALE cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisca reato, la motivazione può riguardare la sola appartenenza del bene al novero di quelli confiscabili ex lege (Sez. U, n. 36959 del 24/06/2021, Ellade, Rv. 281848 – 01).
La giurisprudenza di legittimità, in seguito alla sentenza Ellade, ha affermato che l’esistenza del periculum in mora quale presupposto di un sequestro preventivo finalizzato alla confisca ex art. 240 cod. pen. può essere desunta alternativamente tanto da elementi oggettivi, attinenti alla consistenza quantitativa o alla natura e composizione qualitativa dei beni attinti dal vincolo, quanto da elementi soggettivi, relativi al comportamento dell’onerato, che lascino
fondatamente temere il compimento di atti dispositivi comportanti il depauperamento del suo patrimonio (così Sez. 3, n. 44874 del 11/10/2022, Fricano, Rv. 283769).
Il Tribunale, in applicazione di questi principi, ha ritenuto sussistente il periculum in mora, evidenziando la scaltrezza con la quale il COGNOME e il COGNOME hanno nel tempo occultato i proventi delittuosi e ha rilevato che vi era il rischio che il profitto del reato potesse essere sottratto alla confisca mediante condotte analoghe a quelle già perpetrate.
Dalla lettura dell’ordinanza impugnata si evince, pertanto, come sia proprio il rischio di reiterazione di tali comportamenti a generare il pericolo di futura infruttuosità della confisca, e a giustificare la sottoposizione medio tempore dei beni al sequestro.
Il Tribunale ha, pertanto, reso una motivazione che non può considerarsi mancante o meramente apparente e, pertanto, non è censurabile in questa sede.
Con il quarto motivo di ricorso, il difensore deduce l’inosservanza degli artt. 321 cod. proc. pen. e all’art. 545 cod. proc. pen., in quanto il Tribunale del riesame avrebbe illegittimamente rigettato la richiesta di riduzione del sequestro proposta dalla difesa.
9. Il motivo è fondato.
Il Tribunale ha rigettato l’istanza di riduzione del sequestro, rilevando come l’applicazione del principio affermato dalle Sezioni unite Cinaglia «non possa comportare, nel caso di specie, l’effetto del dissequestro tout court RAGIONE_SOCIALE somme impignorabili, allorquando il patrimonio dell’indagato sia comunque capiente, reagendo, piuttosto sul piano esecutivo, ben potendo le ragioni di assicurazione alla confisca del profitto da reato essere utilmente contemperate con la tutela RAGIONE_SOCIALE condizioni minime di vita attraverso la sostituzione dei beni appresi con altri non oggetto del divieto di cui all’art. 545 c.p.c.».
Queste argomentazioni sono, tuttavia, errate, in quanto, pur riconoscendo formalmente il vincolo di impignorabilità sancito dall’art. 545 cod. civ., hanno rimesso la sua verifica e attuazione alla successiva fase esecutiva.
Le Sezioni unite hanno, tuttavia, statuito che i limiti di impignorabilità RAGIONE_SOCIALE somme spettanti a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a titolo di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengano luogo di pensione o di assegno di quiescenza, previsti dall’art. 545 cod. proc. civ., si applicano anche alla confisca per equivalente ed al sequestro ad essa finalizzato (Sez. U, n. 26252 del 24/02/2022, Cinaglia, Rv. 283245 – 01).
Le Sezioni unite hanno sottolineato la necessità che risulti dimostrata la causale dei versamenti e che gli importi da sequestrare siano imputabili con certezza ai titoli considerati dall’art. 545 cod. civ. (Sez. 6, n. 13422 del 13/3/2019, Feriozzi e Sez. 6, n. 8822 del 08/01/2020, COGNOME, Rv.278560) e, quanto all’ampiezza di questo vincolo, hanno richiamato i consolidati approdi della giurisprudenza costituzionale e civile sul punto.
Le Sezioni unite non hanno chiarito le modalità esecutive del predetto vincolo di impignorabilità in sede penale, ma hanno precisato che lo stesso si applica, pur in difetto di espressa previsione da parte del legislatore, in quanto costituisce espressione del canone di proporzionalità della misura cautelare reale e della necessità di garantire il minimo vitale del soggetto attinto dalla misura cautelare reale.
Il canone di proporzionalità sancito, anche in riferimento alle misure cautelari reali, dell’art. 275 cod. proc. pen. (ex plurimis: Sez. 2, n. 29687 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276979; Sez. 3., n. 21271 del 07/05/2014, COGNOME, Rv. 261509 -01) e a livello sovranazionale dal diritto dell’Unione (art. 5, par. 3 e 4, TUE, art. 49, par. 3, e art. 52, par. 1, della Carta dei diritti fondamentali) e dal Convenzione europea dei diritti dell’uomo, così come interpretata dalla Corte Edu, e che assolve «ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, e ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto» (ex plurimis: Sez. 6, n. 34265 del 22/09/2020, COGNOME, Rv. 279949 – 02; Sez. 4, n. 29956 del 14/10/2020, COGNOME, Rv. 279716 – 01; Sez. 6, n. 9776 del 12/02/2020, COGNOME, non massimata).
Le Sezioni Unite della Corte di cassazione, del resto, hanno recentemente affermato che «ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, RAGIONE_SOCIALE)» (così testualmente Sez. U, n. 36072 del 19/04/2018, Botticelli, Rv. 273548, in motivazione).
Il limite di impignorabilità posto dall’art. 545 cod. civ., dunque, in ragione del proprio fondamento costituzionale, opera in ogni fase del procedimento cautelare, anche quella dell’adozione del sequestro preventivo a fine di confisca, e la verifica della sua osservanza non può essere differita alle fasi successive del processo e, tanto meno, alla fase esecutiva.
L’ordinanza impugnata deve, dunque, essere annullato con riferimento alla omessa verifica della violazione del limite di impignorabilità RAGIONE_SOCIALE somme spettanti
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a titolo di stipendio al ricorrente, immediatamente incompatibili con l’applicazione del vincolo reale nella misura stabilita dall’art. 545 cod. civ.
L’eventuale eccedenza dell’ammontare del profitto del reato conseguente al parziale dissequestro potrà eventualmente essere sequestrato su altri beni, in ipotesi disponibili, del patrimonio dell’indagato.
Sul punto il Tribunale di Rovigo dovrà nuovamente motivare, uniformandosi ai principi stabiliti da questa Suprema Corte.
Alla stregua di tali rilievi l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Rovigo, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Rovigo competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 10/09/2024.