Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45278 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Tunisia il 26/09/1982
avverso l’ordinanza del 22/04/2024 del Tribunale di Padova visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato il Tribunale di Padova, in funzione di giudice per il riesame, ha confermato il decreto emesso in data 3 aprile 2024 dal Giudice delle indagini preliminari presso il medesimo Tribunale con cui è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca ai sensi degli artt. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e 240-bis cod. pen. della somma di denaro dell’importo di euro 2.107,50 rinvenuta nella disponibilità del ricorrente, indagato per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 73, comma 1, d. P.R. n. 309/90.
Tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolando un unico motivo di seguito indicato.
2.1. Violazione di legge per motivazione assente ed apparente, in relazione al nesso di pertinenzialità tra il denaro ed il reato contestato.
Dopo aver descritto i fatti posti a fondamento del sequestro, il ricorrente censura la decisione del Tribunale per avere ricollegato la somma di denaro rinvenuta indosso all’imputato, durante l’accesso presso la Casa Circondariale di Padova il 30 marzo 2024, con il contesto in cui è avvenuto il suo arresto in flagranza di reato il giorno 29 marzo 2024 per la cessione di circa g. 8 di eroina in concorso con un connazionale, considerato l’esito negativo della perquisizione personale e domiciliare eseguita nell’immediatezza dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente non contesta neppure il dato emerso dalle indagini e valorizzato in sede di sequestro dell’assenza di redditi leciti che potessero giustificare una diversa provenienza del denaro, in ragione del suo importo elevato e del ravvisato coinvolgimento dell’arrestato in una lucrosa attività di spaccio svolta in concorso con altro coindagato con una vasta clientela.
L’unica censura che viene dedotta dal ricorrente diretta a negare la pertinenzialità del denaro con l’attività di spaccio è incentrata sul mancato rinvenimento della somma di denaro al momento della perquisizione personale eseguita nell’immediatezza e sull’intervallo temporale decorso rispetto al momento in cui la somma è stata rinvenuta alcune ore più tardi, nel pomeriggio del giorno seguente, al momento del suo ingresso in carcere.
Si tratta di profili fattuali che non assumono alcuna rilevanza rispetto al sequestro preventivo disposto in funzione della confisca prevista dall’art. 85 -bis d. P.R. 309/90 che, nel richiamare l’art. 240-bis del codice penale, presuppone unicamente, oltre alla condanna per il reato previsto dall’art. 73 dello stesso testo di legge, che i beni da acquisire si trovino nella disponibilità diretta o indiret dell’interessato, e che detti beni presentino un valore sproporzionato rispetto al reddito da quest’ultimo dichiarato ovvero all’attività economica dal medesimo esercitata (Sez. 1, n. 13242 del 10/11/2020, dep. 2021, Fortuna, Rv. 280986).
Peraltro, anche con riferimento al sequestro in funzione della confisca del denaro quale profitto del reato ex art. 240 cod. pen., il ravvisato coinvolgimento dell’indagato in una attività di spaccio di sostanze stupefacenti, svolta in modo continuativo con plurimi clienti, non oggetto neppure di specifiche censure, è stato considerato in modo non illogico presupposto di fatto da cui desumere la sussistenza del fumus del reato di cui all’art. 73, comma 1, T.U. Stup. e la prova del legame pertinenziale del denaro con l’attività criminosa, così da giustificarne il
sequestro anche quale profitto del reato suscettibile di confisca ex art. 240 cod. pen.
Va osservato, in ogni caso, che il mancato rinvenimento del denaro al momento della prima perquisizione personale eseguita all’atto dell’arresto non contraddice la valutazione operata dal Tribunale, in mancanza dell’allegazione dì fatti sopravvenuti dopo l’arresto e prima del suo ingresso in carcere da cui poter trarre elementi di prova contraria, trattandosi di denaro evidentemente occultato indosso all’imputato e sfuggito al primo controllo eseguito nell’immediatezza.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 29 ottobre 2024
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