Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17707 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17707 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante protempore NOME COGNOME nella qualità di terza interessata avverso l’ordinanza resa il 7/11/2024 dal Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Catanzaro in funzione di giudice del riesame ha respinto l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante NOME COGNOME nella qualità di terza interessata avverso il sequestro preventivo della società stessa avente insegna “RAGIONE_SOCIALE” emesso dal GIP del Tribunale di Catanzaro il 9 ottobre 2024, in quanto ritenuta sede romana degli uffici Hawala eliforganizzazione criminale oggetto di contestazione nel presente procedimento.
Si addebita a NOME COGNOME socio accomandatario e legale rappresentante della odierna società ricorrente, il delitto di riciclaggio per avere, in concorso con al soggetti, attraverso la RAGIONE_SOCIALE, sostituito e trasferito attraverso il sistema Hawala, somme di denaro provento dei reati fine realizzati da un’associazione a delinquere
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finalizzata all’ingresso e al trasporto nel territorio dello stato di cittadini extracomuni privi di permesso di soggiorno; dette somme venivano consegnate e prelevate dal coindagato COGNOME che si recava personalmente nell’agenzia tra maggio e giugno 2023.
2.Avverso detta ordinanza propone ricorso il legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE nella qualità di terza interessata, deducendo:
2.1 violazione degli artt. 321 cod.proc.pen. e 240 bis cod.pen. in quanto la motivazione del provvedimento impugnato appare del tutto assente e sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito dal Tribunale, nonostante le specifiche censure mosse dal ricorrente in ordine al fumus commissi delictí.
Il provvedimento si limita a riportare gli esiti dei servizi di osservazione controllo e della attività intercettiva audio-video effettuata all’interno e all’esterno d negozio milanese, che costituiva la base operativa dell’attività di trasporto denaro attraverso il sistema Hawala, ritenendoli idonei a confermare l’ipotesi investigativa del riciclaggio anche in ordine alla società con sede a Roma, sul presupposto che si tratti di schemi operativi analoghi a quelli realizzati all’interno del locale di Milano dove venivano videoregistrate.
La ricorrente lamenta violazione del principio di proporzionalità mutuato dalla giurisprudenza sovranazionale, sia in ordine alla congruità degli elementi indiziari rispetto all’assunto accusatorio e al sacrificio imposto al privato, sia in relazione a necessario presupposto del periculum in mora, che il Tribunale ha ravvisato, riportandosi alle valutazioni espresse sul punto dal GIP, individuandolo nel pericolo di protrazione del delitto e della commissione di altri reati analoghi, nell’ipotesi di disponibilità de società; osserva al riguardo che non è stato registrato alcun passaggio di denaro all’interno dell’esercizio commerciale, nè risulta alcuna intercettazione a carico del legale rappresentante o di altri soggetti riconducibili alla società ricorrente.
La necessità di anticipazione dell’effetto ablativo non appare ancorata ad elementi indiziari idonei a comprimere l’esercizio della libertà di iniziativa.
Inoltre, il periculum deve ritenersi non più attuale, in ragione dello smantellamento dell’organizzazione dovuta all’applicazione delle misure cautelari personali, che esclude il pericolo di aggravamento del reato o del protrarsi delle condotte criminose nel caso di restituzione dell’attività, non essendovi diretta relazione tra l’attività commerciale e i reati contestati.
La facoltà discrezionale dell’applicazione del sequestro anche nella valutazione dei relativi presupposti non deve comprimere con eccedenza irragionevole una pluralità di interessi di rilievo sociale, riconducibili all’esercizio dell’attività di imp commerciale, in assenza di prova di un arricchimento in relazione all’attività illecita.
2.2 Con nota del 14 marzo 2025 l’avv. NOME COGNOME ha trasmesso motivi nuovi di ricorso lamentando, l’assenza di motivazione in relazione al sequestro della somma
di circa ventimila euro rinvenuta in occasione dell’esecuzione del sequestro del Mini market e in merito alla concreta finalità probatoria perseguita, nonchè la carenza di indizi a sostegno della prospettazione accusatoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi in parte non consentiti e in parte manifestamente infondati.
Occorre premettere che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli erro res in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 2, n. 49739 del 10/10/2023)
Inoltre, va ricordato che per l’emissione di una misura cautelare reale non sono necessari gravi indizi di colpevolezza, ma è sufficiente individuare il fumus del reato ipotizzato e il periculum in mora.
È stato infatti affermato che il sequestro preventivo è legittimamente disposto in presenza di un reato che risulti sussistere in concreto, indipendentemente dall’accertamento della presenza dei gravi indizi di colpevolezza o dell’elemento psicologico, atteso che la verifica di tali elementi è estranea all’adozione della misura cautelare reale (Sez. 3, n. 26007 del 5/4/2019, COGNOME, Rv. 276015; Sez. 1, n. 18491 del 30/01/2018, COGNOME, Rv. 273069)
Alla luce dei principi evidenziati, il percorso argomentativo espresso nell’ordinanza impugnata appare immune da censure rilevabili in sede di legittimità, peraltro da parte del terzo interessato, avendo il Tribunale, anche con richiamo alle risultanze investigative della difesa, congruamente indicato le ragioni della ritenuta sussistenza del fumus e dell’inserimento nell’attività criminosa dell’esercizio commerciale, intestato alla societ ed utilizzato come base operativa dell’associazione.
Il ricorso, di contro, avanza censure di merito che tendono ad invocare una diversa valutazione del compendio indiziario, in violazione dei limiti del sindacato di legittimi che in sede di cautela reale può verificare esclusivamente l’assenza e la mera apparenza della motivazione, in quanto integranti violazione di legge.
Dall’esame del provvedimento impugnato, peraltro, non emerge alcuna violazione di legge, sussistendo un’ampia e congrua motivazione sia in merito al fumus del reato contestato, sia in merito alla funzionalità della società all’agevolazione dell’attività illecita: dalle indagini è emerso che i viaggi di immigrati clandestini veniva finanziati attraverso il sistema Hawala e che come ufficio di movimentazione del denaro a Roma era stato individuato l’esercizio commerciale dell’odierna società ricorrente,
valorizzando i movimenti del coindagato COGNOME che era il referente dei trasferimenti di denaro, nonché grazie all’attività intercettiva audio video effettuata all’interno
all’esterno di un negozio milanese in cui RAGIONE_SOCIALE si recava e intratteneva, adottando modalità analoghe a quelle poste in essere a Roma in occasione delle visite al negozio
del COGNOME In particolare, il Tribunale ha valorizzato l’esito dei servizi di osservazione il tenore di alcune conversazioni intercettate, oltre al rinvenimento in occasione
dell’esecuzione del sequestro della società della somma di circa 20.000 euro in contanti nel negozio, per trarne un ulteriore elemento a sostegno del
fumus.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti del sequestro, dopo avere esaminato e respinto le censure formulate dalla difesa, tese genericamente a dimostrare
l’estraneità dell’indagato COGNOME all’attività ipotizzata dalla pubblica accusa, perch fondati su congetture in quanto acquisiti in relazione ad altro esercizio commerciale sito
in Milano.
Il ricorso, inoltre, deduce la violazione del principio di proporzionalità de sequestro rispetto alle esigenze connesse alla continuità dell’attività commerciale della
società, fondandosi su pronunce di legittimità che richiamano tale requisito, ma omette di considerare quanto espresso nel provvedimento, in ordine alla centralità dell’esercizio
commerciale nell’ambito dell’attività criminosa organizzata, in quanto base operativa a Roma, e quindi indispensabile per il suo svolgimento; allo stesso tempo non si segnala nell’impugnazione alcun elemento di fatto, offerto al Tribunale, di cui tale autorità ha ignorato l’esame, al quale ancorare la valutazione di proporzionalità che si assume omessa, posto che quanto offerto, e valutato dal Tribunale, si limita alla documentazione contabile volta a dimostrare la legittima provenienza della somma sottoposta a provvedimento cautelare con differente provvedimento, ma nulla risulta dedotto in modo specifico, quanto all’esistenza di una lecita attività parallela, il cui svolgiment potrebbe essere impedito dal permanere del vincolo sulla società.
2.Per tali ragioni, il ricorso è inammissibile.
L’inammissibilità del ricorso principale comporta l’inammissibilità dei motivi nuovi. Si impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’ammenda che si ritiene congruo liquidare in euro tremila.
P.Q.M.
NOME Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese zo processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Roma 2 aprile 2025
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